Da sabato 20 dicembre a martedì 6 gennaio gli alunni italiani vivranno la pausa natalizia più lunga degli ultimi anni. Ma a parte questo regalo, i ponti saranno ridotti al minimo: solo Immacolata, Primo Maggio e 2 giugno
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Tre mesi pieni di vacanze estive e una lunga pausa a Natale. È questa la formula che da decenni regola il calendario scolastico italiano, uno dei più “spezzati” d’Europa: 13 settimane di stop tra giugno e settembre, una pausa natalizia robusta, qualche giorno a Pasqua e poi un anno quasi senza interruzioni. Una scelta che divide esperti e famiglie: per qualcuno è un modello da difendere perché concede tempo libero, per altri è una zavorra che interrompe la continuità didattica e costringe a ricominciare da zero ogni settembre.
Quest’anno, però, gli studenti avranno di che sorridere almeno sul fronte natalizio. La combinazione dei giorni di calendario e la scelta autonoma di molti istituti regaleranno una vacanza lunga ben 18 giorni consecutivi. La campanella suonerà per l’ultima volta sabato 20 dicembre e tornerà a farsi sentire solo mercoledì 7 gennaio, dopo l’Epifania. Una pausa che ha pochi precedenti e che in molte scuole è stata decisa anche per motivi pratici: un giorno in meno di apertura significa un risparmio su riscaldamento e servizi, un dettaglio non secondario per istituti che spesso devono fare i conti con bilanci ridotti all’osso.
Per contro, il calendario 2025/26 sarà molto meno generoso in materia di ponti. Niente sconti a Ognissanti, che cade di sabato, e nessuna fortuna nemmeno per il 25 aprile 2026, che cadrà anch’esso nel weekend. Si potrà contare solo sul ponte dell’Immacolata, che regalerà tre giorni pieni grazie all’8 dicembre di lunedì. Più avanti, un altro weekend lungo con il Primo Maggio (venerdì) e una chiusura garantita anche per il 2 giugno, che cadrà di martedì. Sul fronte religioso, Pasqua arriverà il 5 aprile e quasi tutte le regioni hanno fissato lo stop da giovedì 2 a martedì 7, con l’eccezione di Trento, che prolungherà fino a mercoledì 8.
Come sempre, però, la vera variabile è la geografia. In Italia il ritorno in aula è a macchia di leopardo. La provincia autonoma di Bolzano inaugurerà l’anno lunedì 8 settembre, mentre le ultime a rientrare saranno Calabria e Puglia, martedì 16. Nel mezzo, il 10 settembre toccherà a Veneto, Piemonte, Trentino e Valle d’Aosta; l’11 al Friuli-Venezia Giulia; il 12 alla Lombardia, che da anni ha fissato questa data. La maggior parte delle regioni – Abruzzo, Basilicata, Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Marche, Molise, Sardegna, Sicilia, Toscana e Umbria – riprenderanno lunedì 15. La chiusura finale oscillerà invece fra il 6 e l’11 giugno, con la Lombardia che terminerà l’8.
Unico vincolo nazionale: il calendario deve garantire almeno 200 giorni di lezione effettiva. Dentro questo perimetro, i dirigenti scolastici possono modulare eventuali aggiustamenti, tenendo conto di esigenze locali, festività patronali o questioni logistiche.
Sul modello italiano, comunque, la discussione resta aperta. Molti pedagogisti sostengono che tre mesi di vacanza estiva siano troppi e provocano un vero “vuoto didattico”, con studenti che a settembre devono riprendere contenuti dimenticati. C’è chi propone di distribuire meglio le pause durante l’anno, seguendo l’esempio di altri Paesi europei che preferiscono vacanze più brevi ma frequenti. Per ora, però, la tradizione resiste.
Il conto alla rovescia è già iniziato. Le spiagge si svuotano, i libri di testo tornano in cartella e milioni di studenti si preparano a rientrare in classe. Quest’anno con la prospettiva di affrontare un autunno senza sconti, ma con la certezza di un Natale lungo quasi quanto un piccolo trimestre. Un’anticipazione di vacanze che, per molti, varrà più di qualsiasi ponte perduto.