Il 2025 non ha cambiato radicalmente la regione, ma ha rivelato problemi strutturali e segnali incoraggianti. Tra politica (quasi) immobile, sanità in crisi e giovani senza prospettive, cresce una società civile più consapevole e determinata a non rassegnarsi
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Il 2025 in Calabria non è stato un anno da celebrare, ma nemmeno da archiviare come tempo perso. È stato, piuttosto, un anno rivelatore: ha mostrato con crudezza ciò che non funziona e, allo stesso tempo, ha fatto emergere segnali che sarebbe un errore ignorare.
La politica: immobilismo e propaganda
Sul piano politico il giudizio resta severo. Le grandi promesse di cambiamento continuano a scontrarsi con una gestione ordinaria che spesso si limita alla sopravvivenza. La Regione ha dato l’impressione di inseguire le emergenze più che governarle, mentre i territori restano spettatori di decisioni prese altrove.
La sanità, ancora una volta, è stata il termometro del fallimento: chiusure di reparti, carenze croniche di personale, mobilità passiva che continua a svuotare le tasche dei calabresi e la dignità dei pazienti. Qui il tempo non passa mai: si ripete.
L’economia: fragile, ma non ferma
Eppure, sul fronte economico, il quadro non è solo buio. Il turismo ha retto, in alcuni casi ha persino superato le aspettative, dimostrando che la Calabria ha una forza attrattiva reale quando viene messa nelle condizioni di esprimersi. L’agroalimentare di qualità continua a crescere, spesso grazie all’iniziativa privata più che al supporto istituzionale.
Il problema resta strutturale: infrastrutture inadeguate, trasporti lenti, una burocrazia che scoraggia chi vorrebbe investire. Qui non mancano le risorse, manca la capacità di trasformarle in sviluppo stabile.
Giovani e lavoro: la ferita aperta
Il dato più amaro riguarda i giovani. Molti continuano ad andare via, non per mancanza di talento, ma per assenza di prospettive. Chi resta lo fa spesso per scelta affettiva, non per opportunità concrete. È una Calabria che forma competenze per regalarle ad altri territori. Un paradosso che dura da decenni e che quest’anno non ha trovato risposte credibili.
La società: più consapevole, meno rassegnata
C’è però un cambiamento sottile, ma importante. Cresce una società civile più vigile, meno disposta ad accettare il silenzio. Le proteste sulla sanità, sull’ambiente, sui servizi essenziali non sono più episodi isolati. Non sempre producono risultati immediati, ma segnano un punto: la rassegnazione non è più totale.
Legalità e criminalità: equilibrio instabile
La presenza dello Stato contro la criminalità organizzata resta forte sul piano repressivo, ma debole su quello sociale. I colpi alle cosche non bastano se non sono accompagnati da alternative economiche e culturali. In molte aree la legalità è ancora percepita come un concetto astratto, non come una convenienza concreta.
Il bilancio finale
Questo è stato un anno che non ha cambiato la Calabria, ma ha chiarito una verità semplice: senza scelte nette, senza coraggio politico e senza una visione che superi l’emergenza quotidiana, nulla cambierà davvero.
Eppure, sotto la superficie, la Calabria continua a dimostrare una resilienza che non è rassegnazione. È una terra che resiste non grazie alle istituzioni, ma nonostante esse.
Il 2025 lascia una domanda aperta: quanto ancora si può resistere senza trasformare questa resistenza in progetto?
La risposta non è scritta. Dipende, ancora una volta, da chi governa. Ma anche da chi decide di non tacere più.

