C’è un nome che, tra i papabili successori di Francesco, risuona con un calore particolare. È quello del cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, presidente dei vescovi italiani. Un nome che non evoca solo teologia e Curia, ma umanità. Un volto che ha già il cuore di chi, anche da lontano, guarda alla Chiesa con occhi critici ma carichi di speranza.

Zuppi è un pastore che ha sempre scelto gli ultimi. Gli scartati. Gli invisibili. Quelli che vivono ai margini delle nostre città e delle nostre coscienze. E non lo ha fatto da lontano, per principio o per strategia. Lo ha fatto stando con loro, toccando con mano le loro ferite. Quando da arcivescovo avrebbe potuto abitare un palazzo, ha preferito una stanzetta. Quando avrebbe potuto circondarsi di comodità, ha scelto la strada, la gente, la vita vera.

È un uomo che parla agli emarginati, ma anche a chi ha perso la Fede. A chi si sente escluso, tradito, non rappresentato da una Chiesa che, spesso, appare rigida e distante. Zuppi è lì, invece. Con discrezione, con mitezza, con forza. È vicino.

La sua voce sull’accoglienza è chiara, profonda, mai ambigua. Parole vere, che sfidano anche chi non è d’accordo. Perché arrivano dal cuore, non dalla tattica. Perché nascono dalla vita, non dalla dottrina. Perché Zuppi non si gira dall’altra parte quando si parla di diritti, di diversità, di amore.

In lui si intravede il profilo di una Chiesa che non giudica ma ascolta. Che non impone, ma accompagna. Che non si chiude nei dogmi, ma si apre al cammino comune. Una Chiesa che non ha paura di farsi piccola per essere più vicina.

Se il dopo Francesco deve avere un volto, un cuore, un’anima, non possiamo immaginare scelta più coerente. Zuppi è tutto questo. Lo è nella semplicità del suo sguardo, nel suo amore concreto per gli ultimi, nella sua capacità di tenere insieme Vangelo e vita quotidiana.

E se un giorno lo vedremo affacciarsi da quella finestra, vestito di bianco, allora anche un laico, un uomo qualunque, persino uno scettico, potrà emozionarsi. Perché uno come lui non sarebbe solo un Papa. Sarebbe un esempio. E il mondo, oggi più che mai, ha bisogno esattamente di questo.