Il presidente Roberto Le Pera, riconfermato alla guida dell'associazione dei penalisti cosentini, parla di riforme e media. Senza tralasciare il tema dell'intelligenza artificiale
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Nel cuore della giustizia calabrese, tra criticità strutturali, processi mediatici e riforme radicali, la Camera Penale di Cosenza continua a essere un presidio attento e propositivo. Ne è convinto l’avvocato Roberto Le Pera, da poco riconfermato alla presidenza dell’organismo forense, affiancato dagli avvocati Angelo Nicotera (vicepresidente), Francesco Santelli (segretario) e Guido Siciliano (tesoriere).
«Ripartiamo con entusiasmo, ma anche con la consapevolezza di dover affrontare problemi vecchi e nuovi», afferma Le Pera, che non nasconde l’amarezza per la mancata istituzione della Giornata degli errori giudiziari: «Non approvarla significa evitare di turbare la magistratura, ma anche ignorare migliaia di persone che sono state, di fatto, sequestrate dallo Stato».
Tra le priorità della Camera Penale cosentina figura la questione carceraria. Lepera annuncia una nuova richiesta di accesso alla casa circondariale di Cosenza per verificare la perdurante presenza dei plexiglass installati sulle sbarre. «Una misura che viola l’articolo 27 della Costituzione – spiega – e rende inaccettabile la condizione detentiva, soprattutto con il caldo estivo».
Il "processo del popolo italiano"
Il dibattito si sposta poi sul terreno della comunicazione e sul cosiddetto “processo del popolo italiano”. Il riferimento è all’impatto mediatico di casi come l’omicidio di Chiara Poggi, tornato d’attualità con la nuova iscrizione nel registro degli indagati di Andrea Sempio. «Non è questione di chi va troppo in televisione – commenta Lepera – ma di una giustizia parallela che si alimenta di semplificazioni. La vera giurisdizione si esercita nei tribunali, non nei talk show. I magistrati dovrebbero rifuggire dal protagonismo mediatico, così come anche gli avvocati, che a volte cadono nella tentazione della pubblicità personale mascherata da comunicazione difensiva».
In questo contesto, la riforma sulla separazione delle carriere – appena approvata in Senato – è senza dubbio un passaggio cruciale. «Non ci interessa che il pubblico ministero ragioni come il giudice – precisa il presidente – ci interessa che il giudice non pensi come il pubblico ministero. È un fatto di terzietà, che oggi non è garantita». Le Pera respinge l’idea che la riforma possa trasformare il Pm in un “avvocato della polizia giudiziaria”: «È una bugia culturale. La separazione è un debito che la magistratura ha nei confronti della collettività per le migliaia di errori giudiziari compiuti».
Sul futuro dell’avvocatura, Le Pera è netto: «Non esiste l’avvocato del futuro, esiste l’avvocato con vocazione, decoro, autonomia, indipendenza. Anche di fronte all’avanzata dell’intelligenza artificiale, resta centrale il valore umano della professione: il diritto si esercita con la coscienza, non con gli algoritmi. L’avvocato è artigiano e artista, non un esecutore automatico».
"Recovery" a Cosenza? Scelta di buonsenso
Infine, una riflessione sul territorio e sulla battaglia vinta per celebrare il maxiprocesso “Recovery” a Cosenza, anziché a Catanzaro o Lamezia Terme. «È stata una vittoria del buonsenso – ricorda Le Pera – ottenuta grazie all’impegno congiunto di tutte le associazioni forensi, del COA, del Comune e della magistratura. Ma è triste dover mobilitare un intero territorio per ottenere ciò che dovrebbe essere la normalità: celebrare un processo nel luogo naturale dove i fatti vengono ipotizzati».
Un pensiero conclusivo va al senso più profondo della professione: «L’avvocatura non è solo una professione, è una vocazione. Ed è questa la sfida più importante: ritornare a essere, prima ancora che apparire».