Nel giorno dell’anniversario della morte del magistrato, la cerimonia a Villa San Giovanni con protagonista l’imbarcazione un tempo usata per il traffico di migranti e che ora verrà impiegata per attività solidali
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È un tramonto da sogno, come sempre, in riva allo Stretto. Un tramonto dalle tinte tra il dorato ed il viola, che però – il 9 agosto – si mescola alla nostalgia ed al dolore del ricordo del giudice Antonino Scopelliti, ucciso nel 1991 da un agguato mafioso. Un dolore che, 34 anni dopo, si fa speranza. Lì dove inizia la Costa Viola, in piazza delle Repubbliche Marinare, il brusio della folla si placa davanti alla sagoma della 27° “Barca della Legalità” della Lega Navale Italiana, ormeggiata e pronta a dispiegare la vela con il nome di Antonino Scopelliti, a cui la stessa è dedicata nel tracciare una rotta di memoria e rinascita.
Un tempo strumento di traffico di migranti, sequestrata nel 2019 ed assegnata dall’Agenzia dei Beni Confiscati alla Lega Navale, oggi quell’imbarcazione diventa un presidio galleggiante di inclusione, pronta a portare in mare valori, storie e speranze. Le vele spiegate, illuminate dalle luci del vascello, sembrano raccogliere il vento come promessa di un futuro diverso.
Una giornata iniziata con la Santa Messa in suffragio del magistrato, proseguendo poi verso la stele di Piale, luogo del vile attentato mafioso del 9 agosto 1991. Qui, le celebrazioni del 34° anniversario della sua uccisione e la deposizione delle corone di alloro hanno rinnovato un rito che, anno dopo anno, unisce istituzioni e cittadini in un unico gesto di omaggio. Ma il ricordo – ed è questo il bello del lascito del Giudice Scopelliti alle nuove generazioni – si trasforma in azione concreta, in visione verso il futuro, in solidarietà e vicinanza nei confronti dei più fragili, con progetti rivolti al terzo settore che la figlia Rosanna ha saputo mettere in essere con la fondazione intitolata al padre, grazie ad una rete importante di realtà sociali, imprenditoriali, economiche ed istituzionali.
Una rete che vede protagonista il Network LaC, che da ormai lungo tempo segue passo dopo passo le attività della Fondazione rendendola protagonista di un racconto giornalistico attento e puntuale, che narra il cambiamento e la legalità del fare. Una scelta editoriale di campo che vuole cristallizzare l’impegno di una informazione sana al servizio della lotta contro la criminalità organizzata, contro gli abusi e le ingiustizie, amplificando e supportando a 360° il lavoro della Fondazione Scopelliti nel territorio reggino.
Autorità civili e militari, sindaci e amministratori provenienti da diversi comuni hanno riempito la piazza, insieme alla sindaca di Villa Giusy Caminiti e al sindaco Metropolitano di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà. Tra i presenti, insieme alle tante istituzioni, anche il Prefetto Clara Vaccaro, i rappresentanti della Lega Navale e delle associazioni Ponti Pialesi e Libera, a testimonianza di un impegno condiviso.
Tra i racconti che hanno accompagnato la cerimonia condotta da Elisa Barresi, vicedirettrice de ilReggino.it e giornalista del Network LaC, Giuseppe Vetere, istruttore di vela solidale, ha raccontato il legame con lo Stretto partendo dai ricordi d’infanzia a Punta Pezzo: «Siamo avvantaggiati perché, nascendo qui, abbiamo da piccoli sposato questa danza idraulica. Ci buttavamo da bambini come in un acquapark e dai grandi abbiamo imparato come bisognava rispettare questo luogo».
Poi lo sguardo è andato alla barca che oggi porta il nome di Antonino Scopelliti: «Una barca a vela che era stata usata, abusata, che ha visto la sofferenza di migranti in fuga da una tragedia. Trasformare una tragedia in speranza è quello che la vela magicamente regala, perché andare assieme al vento significa non avere prepotenza, ma ascoltare». Un passaggio, sottolinea, che restituisce vita a ciò che era stato violato, facendo di uno strumento segnato dal dolore un approdo di legalità e di inclusione.
La vela della barca, distesa davanti alla folla, è stata benedetta dal parroco, suggellando il passaggio da un passato di illegalità a un futuro di speranza.
A rendere ancora più intensa l’atmosfera, il quartetto “Sax in Love”, prodotto da Publidema di Demetrio Mannino e composto da Benedetta Marcianò, Fabio Moragas, Mimì De Leo e Gino Mattiani, ha accompagnato la serata con brani che hanno avvolto l’evento in un abbraccio musicale.
Dopo l’attenzione rivolta al mare e alle sue lezioni, la piazza ha ascoltato parole che hanno spostato lo sguardo verso la rotta della solidarietà. Rosanna Scopelliti, presidente della Fondazione dedicata al padre, ha voluto sottolineare il passaggio dal raccoglimento al progetto concreto. «È una giornata che è iniziata con il ricordo, con il voler parlare di Antonino Scopelliti alla stele, un momento di raccoglimento. Ma questo è il momento della rinascita e del riscatto».
La barca sarà il cuore di nuove iniziative: «Persone fragili, ragazzi con disabilità, ragazzi con autismo: cercheremo di fornire un servizio importante, in linea con i progetti che la Fondazione sta portando avanti». Per lei la legalità è fatta anche di gesti quotidiani: «Vivere nelle regole, fornire servizi e supporto a chi non avrebbe alternative. La Fondazione deve essere un punto di riferimento accogliente, avvolgente, capace di dare conforto». Un’idea che si lega perfettamente alla scelta di affidare a questa barca un compito di accoglienza e inclusione.
Concetto ripreso anche dall’amministrazione comunale, che ha voluto dare alla cerimonia un significato corale. Ada Pavone, vicesindaco con delega alla legalità di Villa San Giovanni, ha ricordato come la data del 9 agosto sia diventata un momento identitario per la città. «Abbiamo tenuto particolarmente a questa intitolazione, creando una sinergia con la Lega Navale per regalare un momento che difficilmente la città potrà dimenticare».
Il ringraziamento si allarga a chi lavora tutto l’anno per mantenere viva la rete: «Libera e Ponti Pianesi, insieme a tante altre associazioni, sono presenti sul territorio tutto l’anno e arrivano dove, purtroppo, a volte le istituzioni non riescono. Fare rete è fondamentale per non lasciare che solo questa data sia dedicata alla memoria». Parole che hanno intrecciato istituzioni e associazioni in un’unica rotta, perché il ricordo diventi impegno costante.
Il filo della serata si è poi allargato fino a toccare l’orizzonte nazionale, con il richiamo a un progetto che attraversa l’Italia. Sandro Dattilo, delegato regionale della Lega Navale per la Calabria meridionale, ha inserito l’intitolazione della “Antonino Scopelliti” nel solco delle “Barche della Legalità”, oltre venti imbarcazioni già dedicate a figure simbolo della lotta alla criminalità. «Abbiamo avuto l’unanimità sulla proposta di intitolarla al giudice Scopelliti. Ricordo ancora il momento in cui, da ragazzo, seppi della sua morte mentre ero in mare», ha confidato. Un ricordo personale che si lega a una galleria di nomi illustri: «Mattarella, Chinnici, Falcone e Borsellino, il comandante Natale De Grazia… tutti uomini che hanno incarnato il sacrificio nella lotta alla malavita». Un elenco che non è un rito formale, ma la testimonianza di come la memoria possa imprimersi negli strumenti che si usano ogni giorno.
Su questa stessa rotta si è inserito l’intervento del Prefetto Clara Vaccaro, che ha scelto di parlare di simboli e di scelte. «Il mare che unisce, la vela che porta una memoria scorrendo sulle onde. Una barca confiscata alla criminalità e utilizzata per far rinascere il sogno di tanti ragazzi. Bisogna scegliere nella vita se usare una cosa a fin di bene o a fin di male», ha detto, sottolineando come la decisione appartenga a ciascuno di noi.
Poi l’invito a non sentirsi mai isolati: «Spesso i cittadini ci dicono che si sentono soli e a volte anche le istituzioni si sentono sole. Credo che il messaggio di questa sera sia fondamentale: scegliere e poi chiedere aiuto, per non sentirsi soli». Un richiamo diretto alla responsabilità condivisa, che ha dato alla piazza un ultimo segnale forte prima che il vento della sera si impadronisse delle vele.
Lo Stretto, avvolto dalla luce calda dei lampioni e dal respiro costante delle onde, ha custodito fino all’ultimo il senso di una serata che ha unito memoria e impegno. La “Antonino Scopelliti”, con le vele benedette e pronte a catturare il vento, non è rimasta solo un simbolo ancorato alla banchina: è diventata il segno tangibile di una comunità che ha scelto da che parte stare.
Ogni sguardo rivolto allo scafo portava con sé la consapevolezza che la legalità è una rotta da percorrere insieme, passo dopo passo, onda dopo onda. Quando le note finali del quartetto hanno accompagnato il silenzio della piazza, la barca era già un ponte tra il passato ferito di questa terra e un futuro che vuole continuare a navigare, libero, nella direzione giusta.