Può dirsi tutt’altro che chiuso l’iter che ha portato due anni fa alla soppressione degli undici consorzi di bonifica e alla nascita del consorzio di bonifica della Calabria. La più che contestata riforma che ha condotto nel dicembre 2023 alla messa in liquidazione degli ormai ex enti consortili è finita in un ricorso promosso al Tar dall’ex presidente del consorzio di bonifica integrale dei bacini dello ionio cosentino, Marsio Blaiotta, con cui si contesta l’eccessiva “unilateralità” e si paventano profili di illegittimità costituzionale della legge approvata in Consiglio regionale, ma con l’apposizione della questione di fiducia.

Eccessiva unilateralità

Facente capo alla Regione il gruppo di lavoro che ha miracolosamente convertito i crediti dei consorzi in debiti. Di nomina regionale i commissari straordinari che hanno preso atto dell’ingiunzione di pagamento milionaria notificata dalla Cittadella e rinunciato a tutti i contenziosi pendenti in Tribunale contro la Regione. E ancora di nomina regionale i commissari liquidatori ancora all’opera negli ex undici consorzi.

Procedura aggravata 

E, in particolare, nel mirino del ricorso è finita la delibera dello scorso luglio con cui la giunta regionale ha posto in liquidazione coatta amministrativa il consorzio di bonifica integrale dei bacini dello ionio cosentino e, con questa, anche tutti gli atti antecedenti. Quindi, il decreto dirigenziale del dipartimento Agricoltura di accertamento del debito e la successiva ingiunzione di pagamento, la delibera del commissario straordinario di rinuncia ai contenziosi pendenti, il decreto del presidente della Regione di nomina del commissario liquidatore e la delibera di giunta di soppressione e messa in liquidazione dei consorzi.

Liquidazione coatta amministrativa

Insomma, ad un anno e mezzo dalla messa in liquidazione degli enti consortili, la Regione pigia ancora sul pedale dell’acceleratore e aggrava la procedura: da volontaria a coatta amministrativa, assottigliando le possibilità – a parere di Blaiotta – di veder riconosciuti i propri crediti (77mila euro, tra compensi da presidente non corrisposti e tfr) a causa dell’eccessiva massa passiva e dell’avvio del procedimento concorsuale.

La regia della Regione

Da qui il deposito del ricorso al Tar che, al netto della singola posizione in causa, ritira in ballo l’intera procedura di soppressione e messa in liquidazione degli enti consortili, avvenuta sotto la completa regia della Regione. In primo luogo, la “trasformazione” dei crediti in debiti. Tre i contenziosi pendenti in Tribunale per il recupero di somme che il consorzio di bonifica integrale dei bacini dello ionio cosentino vantava nei confronti della Regione per le attività di forestazione.

La rinuncia ai contenziosi

La rinuncia operata dal commissario straordinario, di nomina regionale, ha «comportato il depauperamento, in modo grave e irrimediabile del patrimonio del consorzio pregiudicando direttamente la garanzia patrimoniale generica su cui il ricorrente e l’intero ceto creditorio faceva affidamento per il soddisfacimento delle proprie ragioni».

La miracolosa conversione

Da quasi 13 milioni di crediti (12.972.675, per l’esattezza), l’ente consortile si è quindi trovato zavorrato da 7 milioni e mezzo di debiti notificati con ingiunzione di pagamento dalla Cittadella. Una procedura che nel suo complesso, secondo quanto si legge nel ricorso, getta ombre di incostituzionalità sulla legge di riforma regionale (39/2023). Già la Consulta ha confermato come «la disciplina della liquidazione degli enti, e in particolare gli aspetti che incidono sul regime della responsabilità patrimoniale e sulla tutela dei creditori, rientrano nella materia “ordinamento civile”, riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato».

Il caso Basilicata

In più, la Corte si è espressa su un caso simile, ovvero dichiarando l’incostituzionalità della legge della Regione Basilicata che analogamente alla Calabria ha soppresso i consorzi a vantaggio di un unico ente. Ebbene, nella sentenza la Consulta censura il meccanismo che «sottraendo beni alla garanzia patrimoniale generica dei creditori, viola la competenza esclusiva statale in materia di proprietà». In particolare, poiché «realizza una sostanziale spoliazione del patrimonio degli enti in liquidazione a favore del nuovo soggetto unico, con conseguente, drastica riduzione della garanzia patrimoniale per i creditori».

La questione di legittimità costituzionale

Nel ricorso, dunque, oltre all’esame degli aspetti squisitamente amministrativi si chiede al Tar di trasmettere gli atti Consulta investendola della questione di legittimità costituzionale, sulla scorta della precedente pronuncia in Basilicata. «Il procedimento seguito dalla Regione Calabria è identico» si legge nell’atto. «Si spogliano gli enti esistenti del loro patrimonio e delle loro fonti di reddito, si trasferisce l'attivo a un nuovo soggetto "esente" e si utilizza la procedura di liquidazione coatta amministrativa non per gestire una crisi, ma come strumento per annullare i debiti pregressi a danno dei creditori».