«Allora, io posso dire che se mi trovo in quest’aula è perché io ho rifiutato di nominare un soggetto che era in odore di mafia». L’aula è quella del Tribunale di Vibo Valentia, dove si sta celebrando il processo Maestrale, e il testimone sentito nei giorni scorsi è Francesco Talarico, ex direttore generale dell’Asp di Vibo Valentia, considerato vittima di minacce aggravate dal metodo mafioso da parte di Cesare Pasqua, ex capo del dipartimento di prevenzione dell’Asp di Vibo, imputato nel processo “Maestrale” anche con le accuse di concorso esterno in associazione mafiosa (con le cosche Mancuso e Fiarè), corruzione e abuso d’ufficio.

Pasqua candidato a sostegno Loiero e l’intercettazione compromettente

Talarico, parte civile nel processo difeso dall’avvocato Michele Gigliotti, racconta di essere stato nominato dg dell’Asp di Vibo nel 2005. Allora governatore era Agazio Loiero il quale, dice Talarico, «inizialmente mi dice: “Si dovrebbe presentare Pasqua, Cesare Pasqua per una nomina, dovresti in qualche modo accontentarlo, perché è stato utile in campagna elettorale”. Pasqua si era candidato con Loiero nella lista Progetto Calabria, aveva portato circa tremilacinquecento voti a Loiero. A distanza di qualche giorno Loiero mi richiama allarmato e mi chiede di passare da casa sua che doveva dirmi determinate cose, e mi dice: “Guarda, lascia perdere quello che ti ho detto su Pasqua, perché è venuta fuori un’intercettazione da cui si desume che il clan Mancuso ha votato per lui alle regionali, quindi a questo punto praticamente non è nominabile. Comunque non mettere di mezzo me, assumiti tu la responsabilità di una mancata nomina”. E così è stato…».

Dunque, racconta il teste rispondendo alle domande del pm Andrea Buzzelli, in un momento in cui si attendevano le nomine del direttore sanitario e del direttore amministrativo, Pasqua non riceverà nessun incarico. Cesare Pasqua non la prende bene e si reca da Talarico per «lamentarsi di questa mancata nomina, dicendo che secondo lui Loiero non era stato di parola, eccetera…».

Il caso Federica Monteleone e le accuse di Pasqua

In quel periodo a capo del dipartimento di Prevenzione c’era Francesco Massara che nel processo Maestrale appare sia come parte offesa delle presunte minacce di Pasqua, sia come imputato con l’accusa di tentata violenza privata aggravata. Secondo Talarico, Pasqua aspirava a quel posto ma Massara stava facendo un buon lavoro e non c’era motivo per revocare l’incarico. Il punto è che Cesare Pasqua, secondo il racconto di Francesco Talarico, si era scagliato contro il dg ignorando il fatto che dietro la decisione di non nominarlo c’era anche la volontà dell’allora governatore Loiero venuto a conoscenza di una intercettazione compromettente.

Nell’agosto 2007 Talarico riceve una seconda nomina su Catanzaro e va via da Vibo. Precedentemente, a gennaio 2007, era accaduta una disgrazia: una ragazza, Federica Monteleone, era deceduta in seguito a un problema in sala operatoria nel corso di un’appendicectomia. Una vicenda per la quale, anni dopo, Francesco Talarico, in qualità di direttore generale dell’Asp di Vibo, verrà condannato a due anni e quattro mesi per omicidio colposo e tentata concussione.
La tentata concussione nasce proprio da una denuncia effettuata da Pasqua ad aprile 2008, nella quale asserisce che Talarico lo avrebbe «avvicinato per chiedergli il parere preventivo sulla sala operatoria, parere che lui non era disposto a darmi, e che praticamente… io avrei, diciamo, a fronte di questo suo rifiuto, lo avrei minacciato che lui con me non sarebbe mai diventato direttore del dipartimento di Prevenzione».

La cambiale elettorale non pagata

Talarico racconta che il portavoce di Loiero a raccontargli «che c’era stato questo patto con Pasqua: Pasqua aveva portato tutti questi voti, e c’era praticamente in ipotesi di dargli una nomina di direzione generale, una nomina, diciamo così, di alto livello, di direzione generale, per esempio, di un’Azienda sanitaria, e lui stesso concordava con il fatto che in effetti Pasqua era rimasto deluso, che era rimasto deluso perché praticamente questa nomina a direttore generale non c’era stata, non c’era stata neanche la nomina a direttore sanitario, non c’era stata neanche la nomina a direttore del dipartimento, quindi questa cambiale elettorale non era stata pagata sostanzialmente».

Quando Talarico va via da Vibo arriva un nuovo direttore generale, Stalteri, il quale «non aveva conoscenza o confidenza con Loiero, non si conoscevano, quindi Loiero non aveva la confidenza per dire guarda che c’è questa intercettazione che lo riguarda». In più Stalteri, per le nomine fa un bando interno, «Pasqua presenta i titoli, risulta il più titolato e viene nominato direttore sanitario».
Pochi giorni dopo la nomina Pasqua «si presenta in Procura a denunciarmi», dice Talarico.

Non solo. Un anno dopo, siamo nel 2014, Pasqua affronta Massara «agitando la mia vicenda come fosse uno scalpo. Lui praticamente gli dice: “Stai attento che ti faccio fare la fine di Talarico, ti farò perdere il pane come ho fatto con Talarico”. E quando praticamente Massara risponde: “Ma tu non hai niente contro di me”, lui reagisce: “Non ha importanza, troverò i modi e le pedine per rovinarti”».
Talarico racconta che le minacce ricevute da Pasqua tramite Massara sarebbero avvenute nel 2014 e nel 2020 quando, dalle carte della maxi operazione Rinascita Scott, viene fuori il nome di Pasqua legato a una vicenda che associava il nome di Cesare Pasqua a quello del boss Luigi Mancuso.

La notizia esce su un giornale al quale Pasqua risponde smentendo tutto. Poi, dopo qualche giorno, affronta Massara sul corso di Vibo e, mentre questi era intento a guardare una vetrina, «lo affianca, apre praticamente la giacca e gli fa vedere una pistola che era nascosta all’interno della giacca, e si limita a dire: “A te ed a Talarico vi distruggo”, e va via».

Il «duplice potere» di Cesare Pasqua

Francesco Talarico, rispondendo alle domande dell’avvocato difensore Vincenzo Pasqua, sostiene di «essere stato vittima di un complotto» riguardo alla sua condanna per tentata concussione nei confronti di Cesare Pasqua. Più volte, nel corso dell’udienza, il teste riferisce di aver parlato con diverse persone appartenenti all’Asp di Vibo per chiedere informazioni in merito a Pasqua e di averle registrate. Da questi racconti dice di aver appreso di comportamenti illeciti dell’imputato, del fatto che «Pasqua era legato ai Mancuso» all’interesse a diventare direttore del dipartimento di Prevenzione perché è un organismo che ha «branche specialistiche dalle quali dipende l’autorizzazione di ogni pubblico esercizio, sia esso un bar, sia esso un ristorante, sia esso un asilo, sia esso una scuola, un ospedale, un’azienda, sono tutti soggetti ad autorizzazione da parte praticamente dei settori del dipartimento di Prevenzione…».

Questo avrebbe conferito a Pasqua «un duplice potere», grazie a uno «stuolo di fedelissimi», ovvero «le cariche istituzionali esercitate, che gli danno il potere di intervenire in ogni pubblico esercizio, e la vicinanza ai clan, che viene utilizzata a scopo intimidatorio».

I canili gestiti dal clan Fiarè

Tra le altre cose Talarico racconta di aver appreso che le oasi canine a Vibo Valentia erano gestite dal clan Fiarè e avrebbero goduto della protezione del dipartimento di Prevenzione diretto da Pasqua. Qui avveniva che «i cani non muoiono mai. Siccome i canili vengono pagati a quota capitaria, per ogni cane viene corrisposta una somma, se i cani non muoiono, o meglio, muoiono e non vengono dichiarati, o vengono sostituiti, il canile continua a percepire praticamente questa somma indebitamente».

Alla domanda del difensore di Pasqua sul perché l’imputato avrebbe continuato a minacciare Talarico anche dopo aver ottenuto la sua condanna in via definitiva, il teste asserisce che «evidentemente Cesare Pasqua insieme a Massara mi considerava colui che gli aveva impedito di raggiungere queste posizioni di potere e utilizzava la mia vicenda a scopo strumentale per intimidire lo stesso Massara…».