Il giovane, detenuto da uomo libero in attesa dell’ingresso in una Rems, aveva lasciato la cella del carcere di Arghillà dopo numerosi appelli. Ma due notti fa, in preda all’ennesima crisi psicotica, ha aggredito il personale della struttura di San Sosti e domani mattina dovrà andare via
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Tina Avolio e Francesco Spanò ripiombano nell'angoscia. Le condizioni del figlio, Mattia Spanò, 33enne di Cetraro affetto da gravi disturbi psichici, continuano a preoccupare. Il caso del giovane era scoppiato quando il giudice aveva deciso la scarcerazione dopo quattro anni di detenzione, ma era rimasto nella cella del carcere di Arghillà, da cittadino libero, perché in Calabria non ci sono posti nelle uniche due Rems della regione, le strutture adatte ad accogliere gli autori di reato con gravi problemi. Ora Mattia è stato scarcerato e grazie al lavoro degli avvocati, Marco Bianco e Angela Cannizzaro, è stato trasferito temporaneamente in una casa-famiglia di San Sosti, ma due notti fa, il ragazzo ha dato in escandescenze aggredendo alcuni operatori sanitari e lunedì mattina dovrà rifare le valigie. Sulle sue sorti non c'è alcuna rassicurazione.
Situazione drammatica
Mattia Spanò era finito in carcere nel settembre del 2021 perché al culmine di una grave crisi psicotica, aggravata dall'assunzione di sostanze stupefacenti, aveva accoltellato la madre, costringendola al ricovero nel reparto di terapia intensiva. In carcere ci è rimasto per quattro anni, dimorando in quattro diversi penitenziari. Secondo i genitori, però, la detenzione carceraria avrebbe aggravato le gravi patologie da cui è affetto, soprattutto per la mancanza di cure adeguate, e ora le sue condizioni di salute sarebbero critiche. Arrivato nella struttura di San Sosti, che aveva accolto l'appello disperato dei legali, si è reso protagonista di una notte di follia, che ha messo a repentaglio la sua incolumità, quella degli altri ospiti della struttura e degli operatori che vi lavorano. Ragion per cui, i responsabili della casa famiglia hanno stabilito che Mattia non può più restare in quelle stanze e lunedì mattina dovrà andare via. Ma per andare dove? Mattia potrebbe tornare in carcere o tornare nella sua abitazione a Cetraro, con il rischio che possa avere ulteriori crisi e farsi del male o farne a qualcun altro.
L'ultima speranza
Ora, l'avvocato Angela Cannizzaro sta provando l'ultima carta: trovare un posto in una Rems del nord Italia, ma è una corsa contro il tempo. «Io non so che fine farà mio figlio - dice il padre Francesco -. Ho paura che si uccida in carcere o nel posto in cui lo manderanno, come ripete spesso ultimamente». Mattia però ha bisogno di cure immediate. «Lo affiderò al dottor Falcone di Reggio Calabria, psichiatra di fama internazionale. Io mio figlio non lo abbandonerà mai. Me l'hanno rovinato. Mattia è un ragazzo fragile, maledetto il giorno che l'hanno arrestato. Lo Stato avrebbe dovuto mandarlo da subito in una struttura psichiatrica, non in carcere».
La scarcerazione
Dopo una battaglia mediatica e il lavoro serrato dei legali, Mattia aveva finalmente lasciato il carcere quattro giorni fa, da uomo libero. Il suo arrivo nella struttura di San Sosti, nonostante la situazione, è stato emozionante. «Quando mi ha visto mi ha abbracciato e io l'ho abbracciato», ha dichiarato la madre, che ha anche detto di averlo perdonato per il drammatico episodio delle coltellate, di cui porta ancora i segni sul viso. «Quel giorno non era lui. Mio figlio mi vuole bene ed è molto affezionato sia a me che al padre».
La condanna a quattro anni di carcere
Mattia era già in cura per problemi psichici da tempo, ma prima di quella mattina non aveva mai aggredito i suoi genitori. Secondo loro, quella reazione fu scaturita da un mix di farmaci e sostanze stupefacenti che qualcuno diede al figlio in quelle ore, approfittando dello stato di fragilità. Il giovane finì in manette e fu trasferito in carcere, con l'accusa di sequestro di persona e tentato omicidio. I giudici tennero conto della sua parziale capacità di intendere e di volere, ma inflissero comunque una pena di quattro anni di carcere.
La permanenza in carcere
In cella, Mattia ha continuato a prendere le medicine, ma con tutti i limiti del caso, specie quando, a causa dei problemi di salute mentale, ha rifiutato le cure per giorni.
Nel maggio scorso, a poco più di due mesi dalla sua scarcerazione, il giudice ha deciso per un altro trasferimento, questa volta nel carcere reggino di Arghillà, in attesa del trasferimento in una Rems. A Ferragosto la pena è stata dichiarata estinta, ma Mattia ha continuato a stare in cella, perché le uniche due strutture Rems calabresi hanno liste di attesa infinite. Ma lui, che già immaginava la sua vita fuori da quelle mura alte e grigie, non l'ha presa bene. «Papà, io mi ammazzo», avrebbe detto più volte al genitore, durante i colloqui.
Gli appelli
Così, è cominciato il tam tam degli appelli per trovare immediatamente una soluzione. L'unica ad aver risposto, era stata la casa-famiglia di San Sosti, non proprio adatta a gestire i casi come quello di Mattia Spanò, ma che comunque per il giovane rappresentava il ritorno a una parvenza di normalità.
Di nuovo il buio
Una volta libero, Mattia ha ricevuto un cellulare, con il quale videochiama la sua mamma anche trenta volte al giorno, a volte anche solo per dedicarle canzoni d'amore, e porta a spasso una nonnina, che tratta con i guanti bianchi e che è la sua nuova compagnia “d'avventura”. Dice di stare bene e di voler tornare a casa tra le sue cose, tra i suoi affetti. Poi, però, a volte, il suo cervello si spegne, va in black out. Tutto intorno diventa buio. Come due notti fa, quando ha cercato di aggredire un'infermiera, ripreso dalle telecamere di video sorveglianza, e lanciato in aria qualsiasi cosa gli si trovasse davanti. I sanitari del 118, giunti sul posto, avrebbero dovuto eseguire un tso, ma Mattia, in preda all’ennesima crisi psicotica, ha rifiutato di salire in ambulanza e persino una puntura di calmanti. Da due notti, accanto a lui, dorme uno dei suoi due fratelli, chiamato a gestire altre eventuali crisi, ma la struttura non può più accoglierlo. Domani mattina, Mattia dovrà andare via, di nuovo, verso un destino che, salvo interventi urgenti delle istituzioni, sembra già scritto.