Mattia Spanò, un detenuto di Cetraro con problemi di salute mentale, ha finito di scontare la sua condanna ma non può lasciare il carcere.

Mattia Spanò, classe 1993, ha finito di scontare la sua condanna in carcere lo scorso 15 agosto, ma non potrà uscire né sottoporsi alle cure psichiatriche di cui ha bisogno, perché nelle Rems calabresi, le Residenze per l'Emissione delle Misure di Sicurezza, non ci sono posti disponibili. Ora i suoi genitori, preoccupati per le sue sorti, hanno deciso di rendere pubblica la sua storia.

La vicenda

Mattia Spanò è un ragazzo di Cetraro che ha gravi problemi psichici certificati dalla commissione Inps, che gli ha riconosciuto l'invalidità civile, e da una serie di perizie redatte dagli esperti. La sua condizione è aggravata dall'uso di stupefacenti. Il 29 settembre del 2019 ha una crisi fortissima e aggredisce la madre, Tina Avolio, con un coltello. «Quella mattina - dice la donna - lo avevo portato a fare delle commissioni in paese, io l'ho atteso in auto. Poi ha fatto un giro nei vicoli e quando è tornato non era più la stessa persona». La donna voleva solo somministrargli i medicinali prescritti dal medico, ma nasce una lite che degenera e spedisce Tina in Terapia Intensiva. Mattia finisce in carcere con l'accusa di tentato omicidio.

La permanenza in carcere

Le condizioni di Mattia sembrano non essere compatibili con il regime carcerario e il tribunale ne ordina il trasferimento in una struttura protetta appena qualche settimana dopo la convalida dell’arresto. Ma lì, Mattia ha un'altra crisi psichica e il giudice decide di riportarlo in carcere. Il detenuto fa il giro dei penitenziari della Calabria, San Lucido, Catanzaro, Vibo Valentia ed infine Arghillà, a Reggio Calabria, ma le sue condizioni di salute mentale continuano a peggiorare e lui compie «plurimi illeciti disciplinari». Oltretutto, diverse volte prova a togliersi la vita.

Un giorno beve candeggina e viene salvato per un soffio, grazie all'allarme tempestivo lanciato da un compagno di cella. Il suo legale, l'avvocato Marco Bianco, prova a chiedere la misura alternativa dell'inserimento in una Rems, una tipologia di struttura sanitaria destinata ad accogliere autori di reato affetti da disturbi mentali, ma la richiesta non viene accolta perché le liste d'attesa sono infinite a fronte di soli venti posti disponibili in tutta la Calabria.

La fine della pena

Il 13 giugno del 2025 è lo stesso Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro, basandosi su una serie di perizie redatte da uno psichiatra, a ordinare per Mattia un «trattamento terapeutico in ambiente protetto» e l'inserimento in una Rems, ritenendolo un soggetto socialmente pericoloso. Il detenuto, tramite il suo legale, presenta un reclamo chiedendo la sospensione dell'ordinanza; la sua condanna sta per estinguersi e vuole tornare a casa. Il collegio del tribunale respinge la richiesta e resta fermo sulla sua decisione, ma nonostante la gravità della situazione, non succede nulla, nemmeno il 15 agosto, quando il giovane è ufficialmente un uomo libero perché ha finito di pagare i suoi conti con la giustizia. Mattia Spanò continua a essere detenuto in una cella del carcere di Arghillà.

L'intervento del Garante

Mattia è provato, dicono i suoi cari, e in una delle ultime telefonate dal carcere al padre avrebbe nuovamente confessato l'intenzione di togliersi la vita. «Perdonami, papà - avrebbe detto al genitore - ma non ce la faccio più». La sua famiglia, disperata, si è rivolta anche all’avvocato Giuseppe Aloisio, neo Garante dei diritti delle persone private della libertà personale della città di Reggio Calabria. Aloisio, avrebbe già incontrato Mattia in un paio di occasioni durante le ispezioni in carcere, mentre domani, 1° settembre 2025, incontrerà i famigliari per comprendere il da farsi, il prima possibile. La vita di Mattia è appena a un filo e non c'è tempo da perdere.