La decisione

Narcotraffico, via libera della Cassazione all’utilizzabilità delle chat criptate per colpire Cosa nostra, camorra e ‘ndrangheta

VIDEO | Le Sezioni Unite non hanno rilevato alcuna violazione del diritto di difesa nelle inchieste in cui sono presenti i cosiddetti “criptonini”. In Calabria garantita la prosecuzione dei procedimenti penali “Crypto”, “Gentlemen 2” ed “Eureka”

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di Antonio Alizzi
1 marzo 2024
08:25

Le indagini contro il narcotraffico sono salve. Le Sezioni Unite della Cassazione si sono espresse sull’utilizzabilità delle chat criptate Sky-Ecc nei procedimenti penali che coinvolgono praticamente tutte le mafie:  Cosa nostra, camorra e ‘ndrangheta. Tre associazioni criminali che gestiscono il traffico di droga grazie ai rapporti creati negli anni con i vari broker presenti in tutte le parti del mondo, in particolare in Sud America, come hanno accertato le decine di indagini coordinate nel corso dell’ultimo periodo dalle procure distrettuali di Reggio Calabria, Catanzaro e Milano.

La pronuncia della Cassazione è importante perché permette agli inquirenti di consolidare il quadro indiziario e di proseguire le altre indagini che si caratterizzano per l’uso dei cosiddetti “criptofonini”, già presenti in varie indagini come “Crypto”, “Gentlemen 2”, “Eureka”, e quella da cui è nato il ricorso presentato dalle difese per conto delle posizioni di Bartolo Bruzzaniti e Bruno Iaria.


Quello che riguarda da vicino la nostra regione sono senza dubbio, però, le investigazioni portate avanti dalle procure di Reggio Calabria e Catanzaro contro i sodalizi criminali composti, secondo gli inquirenti, dai Certo-Pronestì-Cacciola di Rosarno, Suriano e Porcaro tra Amantea e Cosenza, dagli Abbruzzese e Forastefano nella Sibaritide e da tanti altri implicati in indagini tuttora in corso o che hanno superato la fase preliminare.

Utilizzabilità delle chat Sky-Ecc, cosa scrivono le Sezioni Unite

Per i giudici, «l'acquisizione, mediante ordine europeo di indagine, dei risultati di intercettazioni disposte dall'Autorità giudiziaria estera su una piattaforma informatica criptata integra l'ipotesi disciplinata nell'ordinamento interno dall'art. 270 del codice penale» sull'utilizzabilità delle intercettazioni in altri procedimenti. Inoltre ai fini dell'emissione dell'ordine europeo di indagine per l'acquisizione non occorre la preventiva autorizzazione del giudice.

Per le Sezioni Unite della Cassazione, «l'autorità giurisdizionale dello Stato di emissione dell'ordine europeo di indagine deve verificare il rispetto dei diritti fondamentali, comprensivi del diritto di difesa e della garanzia di un equo processo». La procura generale presso la Corte di Cassazione, nella memoria depositata in vista dell'udienza che si è tenuta ieri mattina, con l'avvocato generale Pietro Gaeta e il sostituto procuratore generale della Cassazione Luigi Giordano, aveva sottolineato che «l'acquisizione delle chat per mezzo di ordine europeo di indagine, ad avviso di questo Ufficio, non ha determinato alcuna violazione della libertà e della segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, né, più in generale, del diritto alla riservatezza ed alla vita privata dei cittadini, né, ancora, della direttiva relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche».

«Giova rilevare che, come è stato rilevato in una delle decisioni della Corte di Cassazione che si è occupata delle questioni, anche altre Autorità giudiziarie dell'Unione Europea hanno esaminato li tema relativo alle modalità di acquisizione e ai limiti di utilizzabilità delle comunicazioni ottenute 'violando' le piattaforme di comunicazioni criptate (come Encrochat e Sky-Ecc), successivamente trasferite in altri Stati membri mediante ordine europeo di indagine. Le soluzioni accolte sono tutte favorevoli - evidenziano dalla procura generale della Cassazione - all'utilizzo processuale delle prove acquisite secondo le modalità illustrate».

E ancora: «Risulterebbe davvero singolare che, mentre i più alti consessi giurisdizionali del Paesi dell'Unione riconoscono la piena legittimità dello strumento di collaborazione investigativo, si prospettasse un'inspiegabile enclave di eccezione da parte dello Stato italiano, in nulla giustificata. L'effetto, in punto di affidabilità del principio di collaborazione giudiziaria tra gli Stati, risulterebbe disastroso ed assai marginalizzante, in futuro, per il nostro Paese - si legge nella memoria- soprattutto, se privo di qualsivoglia effettiva giustificazione e, dunque, incomprensibile a livello unionale». Per una maggiore comprensione del testo si attende la pubblicazione integrale della sentenza.

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