’Ndrangheta

Bazooka e kalashnikov nel bazar delle armi a Catanzaro: le accuse dei pentiti e i trent’anni di “carriera” del fornitore delle cosche

Risale al 1994 il primo verbale in cui compare il nome di Domenico Rizza: avrebbe fatto da intermediario per una grossa compravendita a Capizzaglie. L’officina-laboratorio per trasformare le pistole e la ricostruzione di Rosario Cappello: dal suo arsenale una 9x21 e una calibro 9 per la faida di Lamezia

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di Pablo Petrasso
22 gennaio 2024
06:15

Lo shopping di armi da guerra, stando alle dichiarazioni dei pentiti, sarebbe andato avanti per anni. Sede dello smercio: Catanzaro, logistica centrata attorno a uno dei colli della città. Il regista sarebbe stato Domenico Rizza, una specie di piazzista alla “Lord of War”, la pellicola in cui Nicolas Cage fa i milioni rifornendo di strumenti di morte i Paesi del Terzo mondo negli anni della Guerra fredda. La citazione cinematografica è un’iperbole; fatto sta che Rizza, uno dei principali indagati dell’inchiesta “Secreta Collis” della Dda di Catanzaro, avrebbe avuto una grossa disponibilità di materia prima.

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I clienti a Lamezia Terme e Isola Capo Rizzuto

Per il collaboratore di giustizia lametino Giuseppe Giampà, sarebbe stato uno dei più grossi trafficanti di armi in Calabria, con un catalogo vasto: non solo pistole calibro 9 e 7,65 ma anche bazooka e kalashnikov. Giuseppe Giampà ha conosciuto Rizza nel carcere di Siano: lì il presunto trafficante gli avrebbe rivelato l’esistenza di almeno venti mitragliatori nascosti in un bidone. Nessuna indicazione precisa riguardo al luogo in cui erano stati seppelliti: anche i trafficanti hanno i loro segreti industriali. Unico dettaglio il valore indicativo della merce: alcune centinaia di migliaia di euro. Un arsenale pronto, a disposizione – lo ha spiegato il procuratore facente funzioni Vincenzo Capomolla – delle cosche di tutta la Calabria. Per Giampà, Rizza avrebbe venduto armi anche a Rosario Cappello e Vincenzo Torcasio per il territorio di Lamezia Terme. E avrebbe avuto rapporti anche con i clan di Isola Capo Rizzuto: gli Arena e i Nicoscia si sarebbero riforniti tra i segreti colli di Catanzaro. Un vero e proprio punto di riferimento considerato affidabile da diversi clan di ’ndrangheta.


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Le armi per l’omicidio di Francesco Torcasio

Sia Giampà che Rosario Cappello raccontano fatti piuttosto datati: segno che il ruolo di Rizza come fornitore si sarebbe consolidato molti anni fa. Cappello si è pentito nel 2011, il suo verbale porta la data del 19 marzo 2012: racconta di aver acquistato da Rizza due armi, una pistola 9x21 e una calibro 9, e di averle cedute a Giuseppe Giampà per l’omicidio di Francesco Torcasio, sanguinoso episodio della faida di Lamezia Terme nato per vendicare un’estorsione compiuta nella parte “sbagliata” della città. Quel delitto è stato consumato nel luglio 2011: se le dichiarazioni di Cappello venissero confermate all’esito processuale, lo shopping di armi a Catanzaro da parte delle ’ndrine sarebbe iniziato almeno 10 anni fa.

La compravendita a Capizzaglie e i contatti con il clan Mancuso

C’è un verbale ancora più vecchio che associa Rizza al commercio di armi, questa volta come intermediario. È Fortunato Santise a raccontarlo agli inquirenti in un interrogatorio del 2 febbraio 1994. Santise rievoca un incontro con un uomo incaricato di fornire armi alle famiglie Mancuso e Lo Bianco; a quell’incontro, avvenuto a Capo Vaticano, avrebbe partecipato anche Rizza. In un’altra circostanza che risale al 1991, una grossa compravendita di armi sarebbe avvenuta a Capizzaglie alla presenza del solito Rizza e di esponenti del clan Torcasio. C’è nuovamente Lamezia al centro dei traffici. Il pentito spiega che anche il clan di Limbadi avrebbe chiesto di rifornirsi dal distributore di Catanzaro: a verbale finisce soltanto la presunta compravendita di una Beretta 7,65.

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L’officina-laboratorio per trasformare pistole a salve in armi vere

Nel 2023 arrivano, invece, le dichiarazioni di Santo Mirarchi a confermare il quadro descritto dagli altri collaboratori di giustizia. Per Mirarchi, Rizza è un affiliato del clan di Gagliano ed è il monopolista del traffico di armi e droga nel capoluogo. Le parole del pentito catanzarese chiudono un cerchio lungo quasi trent’anni. E aggiungono nuovi dettagli: il quartier generale di Rizza avrebbe l’aspetto di un’officina ma sarebbe, in realtà, un laboratorio dotato di strumenti per la trasformazione di pistole a salve in vere pistole. Lì Mirarchi avrebbe acquistato armi corte e visto un piccolo arsenale destinato ai clan rom del quartiere sud della città. Cita anche armi da guerra come kalashnikov e mitragliette Scorpion e parla di appuntamenti nel quartiere Mater Domini per contrattare sui traffici. Fa riferimento anche ai contatti di Rizza con un investigatore che gli avrebbe fornito copertura e notizie. Un altro contatto frutto dello sterminato curriculum: trent’anni di “carriera” non sono pochi.

 

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