Anche il consigliere Neri (secondo Creazzo) vendeva sentenze in cambio di voti

Lui si è definito un «bersaglio inerme di una campagna elettorale scellerata». Ma secondo Nino Creazzo, intercettato con l’amico di sempre Domenico Alvaro anche il neoconsigliere regionale di Fdi avrebbe ottenuto l’appoggio dei clan promettendo di addomesticare i tribunali

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di Alessia Candito
28 febbraio 2020
15:24
Giuseppe Neri
Giuseppe Neri

Nel mercato del voto, c’è una valuta assai apprezzata. Non dovrebbe essere moneta corrente, tanto meno nella disponibilità di chi la traffica, ma – svela l’inchiesta Eyphemos – più di un aspirante candidato l’avrebbe spesa per accreditarsi. Si tratta delle sentenze, messe in vendita nelle chiacchierate con più o meno noti esponenti dei clan da candidati e mandatari elettorali.

Alla fiera delle (promesse) sentenze

La cosa non si limita ai servigi offerti da Nino Creazzo, finito in manette come uomo dei clan di Sant’Eufemia ai quali ha promesso – fra le altre cose – anche di aggiustare processi e sentenze alla bisogna, in cambio di voti per il fratello, il neoconsigliere regionale di Fdi, Domenico Creazzo, finito ai domiciliari per corruzione elettorale. L’abitudine a promettere di addomesticare il volere dei tribunali lo aveva anche – racconta, quasi indignato – proprio Nino Creazzo, lo aveva anche il principale competitor del fratello, Peppe Neri (non indagato), come lui improvvisamente passato dal centrosinistra ai meloniani.


Competitor nelle urne e fra i clan

«Bersaglio inerme di una campagna elettorale condotta in maniera scellerata» ha detto di sè il neoconsigliere Neri, diventato primo degli eletti dopo la slavina giudiziaria che ha travolto Creazzo.

«La cultura della legalità – ha sottolineato – ha sempre ispirato le mie campagne elettorali prima, e la mia attività politica e istituzionale dopo». A detta di Nino Creazzo, ascoltato e registrato nel corso di lunghe chiacchierate con l’amico di sempre Domenico Alvaro, espressione dell’omonimo clan – le cose non starebbero proprio così. Perché anche Neri sarebbe stato appoggiato dai clan e come il neoconsigliere regionale arrestato, o chi per lui, avrebbe promesso in cambio di addomesticare il volere dei giudici. E per giunta – dice quasi indignato Creazzo – non sarebbe stato neanche in grado di assicurare il servizio offerto.

Le inefficienze di Neri

«A Bagnara – racconta Creazzo a Domenico Alvaro, espressione del noto clan e amico storico con cui non aveva ragione di millantare alcunché - gli hanno promesso, a questo qua, quella volta, a Laurendi che non so cosa gli avrebbero fatto! Ha preso duecento voti e non gli hanno fatto un cazzo che l'hanno arrestato!». Stesso trattamento avrebbero avuto «a Sinopoli, a questi dei Violi, che quella volta hanno preso a coltellate a quello a Bagnara». E – per inciso – l’hanno ammazzato. I “questi” sono Rocco Violi, Nicola Alvaro e Claudio Umberto Maisano, “quello” Paolo Bangato, ucciso a coltellate nel giugno del 2003. «Gli ha promesso che gli buttava a terra in Cassazione il processo ed ha preso l'ergastolo! No, venti anni!».

La delusione degli Zorro

Dopo gli omissis rendono la conversazione trascritta poco chiara. Però di certo emerge che la situazione che proprio a causa di quelle promesse non mantenute «e non lo possono schierare manco! A omissis». Uno – dice intercettato Creazzo che «andava, gli faceva la strada, poi andava Peppe! Hai capito?».

Anche a Seminara, aggiunge poi, si sarebbe riprodotto lo stesso schema. «A Seminara ... ha preso cento voti, che l'hanno votato i Piccolo», nel mondo dei clan conosciuti come «”Zorro” » indica – competente – Creazzo. « L'hanno votato questi qua degli "Zorro", ha preso cento voti ... e a questo giro, l'altra volta, mi hanno detto che votano per uno di Palmi, che è un cugino loro che ... hanno detto: “Ci ha promesso qua ... ci ha promesso la ... e non ci ha fatto niente!”».

Catanzaro indaga

Ma dalla chiacchierata intercettata sembra venir fuori anche il canale attraverso cui Neri avrebbe avuto accesso alle stanze dei giudici. Si tratta di un avvocato, con una serie di rapporti coperti da troppi omissis per comprendere se quelle di Creazzo siano tracce da seguire o millanterie. Ad appurarlo però potrebbero essere i magistrati di Catanzaro, che nel corso dell’inchiesta Eyphemos da Reggio hanno ricevuto più di un faldone di atti su colleghi da esaminare.

Giornalista
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