Il triplice omicidio mafioso del 2003 e le risultanze dell’inchiesta della Dda sui Maiolo di Acquaro spiegate in aula dal maggiore Alessandro Bui
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Nuova udienza in Corte d’Assise a Catanzaro nel processo che mira a far luce sulla “strage di Ariola”, avvenuta il 25 ottobre 2003 nella frazione di Gerocarne e costata la vita a Francesco Gallace, Giovanni Gallace e Stefano Barilaro. Una quarta persona è rimasta invece ferita. Un triplice omicidio plurimo con l’aggravante mafiosa contestato dalla Dda di Catanzaro nell’ambito dell’operazione antimafia denominata Habanero che ha colpito il clan Maiolo di Acquaro. Gli imputati per la strage sono: Angelo Maiolo, 41 anni, di Acquaro (difeso dagli avvocati Sandro D’Agostino e Sergio Rotundo); Francesco Maiolo, 46 anni, di Acquaro (avvocati D’Agostino e Lopresti); Francesco Maiolo, 42 anni, di Acquaro, residente a Brandizzo (difeso dagli avvocati D’Agostino e Lucio Canzonieri). Parti civili nel processo si sono costituiti i familiari di Stefano Barilaro, assistiti dall’avvocato Michele Gigliotti, il Ministero dell’Interno e diversi Comuni delle Preserre vibonesi come Acquaro, Arena, Dasà, Gerocarne, Sorianello e Vazzano.
E’ toccato al maggiore dei carabinieri, Alessandro Bui, già alla guida del Nucleo Investigativo dei carabinieri di Vibo, rispondere alle domande del pm della Dda, Andrea Buzzelli, ed illustrare così alla Corte le risultanze investigative confluite in un’apposita informativa dell’Arma che mira a provare la penale responsabilità degli imputati. Dopo una ricognizione generale degli assetti mafiosi nelle Preserre vibonesi – Gerocarne, Sorianello, Ariola, Soriano Calabro, Vazzano, Acquaro, Dasà e Arena – il teste della pubblica accusa si è soffermato sull’evoluzione dei clan e sui nuovi equilibri criminali nati dal feroce scontro prima tra i Loielo di Ariola e i Maiolo di Acquaro e poi tra tale ultimo clan e i Gallace stanziati tra Ariola e Arena.
La scia di sangue – come ricostruito anche dal teste in aula – è iniziata con il desiderio da parte del clan Maiolo di vendicare le scomparse (lupare bianche) avvenute negli anni ’90 di Rocco e Antonio Maiolo, genitori dei Maiolo ora imputati, uccisi in uno scontro tra cosche per il predominio mafioso della zona.
A sostegno dell’impianto accusatorio, l’attività di indagine dei carabinieri e anche diverse intercettazioni telefoniche illustrate in aula dal teste Bui. Quindi l’esame in ordine ai riscontri rispetto alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (Francesco Loielo, Enzo Taverniti, Michele Ganino, Daniele Bono, Diego Zappia, Rocco Oppedisano, Antonio Forastefano e Raffaele Moscato) ascoltati dalla Dda nel corso delle indagini e che saranno chiamati a deporre nel processo.
La strage e le indagini
Sono le ore 12:10 del 25 ottobre 2003 e il maggiore Bui ha ricordato che carabinieri di Vibo Valentia venivano avvertiti telefonicamente da Ilario Antonio Chiera che, poco prima, in località ‘Ponte dei Cavalli’ di Ariola, ignoti avevano esploso numerosi colpi di arma da fuoco all’indirizzo suo e di altre tre persone che si trovavano con lui a bordo di un’auto. Due persone erano già decedute, mentre lo stesso Chiera ed un altro soggetto erano gravemente feriti. I militari dell’Arma accorrevano sul posto e si trovavano dinanzi ad un fuoristrada Mitsubishi Pajero di colore bianco colpito da numerosi colpi di arma da fuoco. Nell’auto vi erano i cadaveri di Francesco Gallace e Giovanni Gallace seduti, rispettivamente, nel lato guida e nel lato passeggero. Sul posto anche un’ambulanza del servizio 118 che aveva prestato le prime cure ad un giovane sdraiato sul ciglio della strada (identificato per Stefano Barilaro), il quale era rimasto gravemente ferito alla testa ed è poi deceduto nella stessa giornata nell’ospedale di Catanzaro dove era stato nel frattempo portato.
Ilario Antonio Chiera, che aveva allertato i carabinieri, risultava invece ferito in modo meno grave. Sono stati i carabinieri a stabilire che all’indirizzo dell’autovettura (in uso a Francesco Gallace) erano stati esplosi quattordici colpi di fucile calibro 12 caricato a pallettoni.
Il maggiore Bui si è quindi soffermato sui risultati scientifici che hanno evidenziato come a sparare siano stati almeno tre soggetti armati di due fucili semiautomatici da caccia calibro 12 e di un fucile da caccia del medesimo calibro. Un’altra persona aveva poi provveduto al recupero dei sicari dopo l’agguato.
Il 4 febbraio 2004 gli investigatori dell’Arma hanno quindi rinvenuto in una fitta zona boschiva, sita in località ‘Prasto’ della frazione Ariola di Gerocarne, poco distante dal luogo dell’agguato, i mezzi utilizzati dai killer (due auto e un ciclomotore) occultati tra la vegetazione nel fondo di un dirupo. “Il sopravvissuto Ilario Antonio Chiera aveva riferito che, mentre si trovava a bordo del fuoristrada seduto nella parte posteriore, aveva udito dei colpi di arma da fuoco e che era riuscito ad abbandonare l’auto grazie alla rottura di un finestrino posteriore da parte del Barilaro che era seduto vicino a lui. Lo stesso Chiera, raggiunto da alcuni proiettili, aveva raccontato che uno dei sicari era vestito con abiti militari e con un passamontagna e sebbene si fosse accorto che egli era ancora vivo “non aveva inteso finirlo”.
La conquista del "locale” di ‘ndrangheta
Tale circostanza ha fatto ritenere agli investigatori dell’Arma che l’obiettivo dell’agguato “erano unicamente i due Gallace e la strage andava quindi inquadrata nella lotta per il controllo del ‘locale di ‘ndrangheta di Ariola’ tra le vittime e la famiglia Maiolo, nonché per la volontà dei fratelli Angelo e Francesco (classe ’79) Maiolo e del loro cugino Francesco Maiolo (’83) di vendicare l’uccisione dei propri genitori (Rocco ed Antonio Maiolo) avvenuta negli anni ’80 “per mano proprio dei Gallace”.
La strage di Ariola era infatti avvenuta pochi giorni dopo il tentato omicidio ai danni di Enzo Taverniti (cugino dei Maiolo, ma al tempo stesso cognato di Vincenzo Loielo e, quindi, soggetto vicino ai Gallace, poi divenuto collaboratore di giustizia) il quale, preoccupato per la propria vita, subito dopo il triplice omicidio per la strage di Ariola aveva cercato di contattare lo zio Bruno Maiolo per risolvere la vicenda con i cugini Maiolo. Il controesame del maggiore Alessandro Bui da parte dei difensori degli imputati è stato fissato dalla Corte d’Assise di Catanzaro per il 20 gennaio prossimo.
I fratelli Angelo e Francesco Maiolo si trovano attualmente detenuti in regime di carcere duro per decisione del Ministero della Giustizia.