L’udienza

‘Ndrangheta stragista, in aula l’intercettazione che fatto riaprire il processo: «Fotografa l’accordo tra calabresi e Cosa nostra»

Oggi in corte d’assise d’appello a Reggio Calabria è stato sentito il tenente colonnello Massimiliano Galasso firmatario dell’informativa Hybris. L’indagine ha permesso la riapertura del dibattimento del procedimento sul periodo delle stragi degli anno '90

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di Elisa Barresi
15 marzo 2023
15:38
Il colonnello Galasso
Il colonnello Galasso

Si torna in aula dopo la riapertura della fase istruttoria del processo ‘Ndrangheta stragista. Oggi in corte d’appello a Reggio Calabria è stato sentito il Tenente colonnello Massimiliano Galasso sulla nota con cui è stata trasmessa alla procura l’intercettazione di Adornato emersa nell’informativa dell’inchiesta Hybris redatta dai carabinieri di Gioia Tauro.

L’indagine, che ha colpito nuovamente le cosche di Gioia Tauro Piromalli e Molè, ha riaperto la fase istruttoria di un processo che vuole ricostruire il periodo delle stragi degli anni ‘90 e vede alla sbarra Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone accusati di essere i mandanti degli agguati ai carabinieri Fava e Garofalo.


È stato il procuratore generale Giuseppe Lombardo ad incalzare il colonnello proprio su quei fatti storici che hanno riaperto un capitolo importante sulla presunta partecipazione della ‘ndrangheta alla strategia del terrore messa in atto da Cosa Nostra.

Indagine Hybris

L’indagine Hybris si sviluppa dal 2020 al 2021 e, ha confermato Galasso, si è posta l’obiettivo di mappare la cosca Piromalli sul territorio della piana di Gioia Tauro. Ad essere esaminata è l’intercettazione del 17 gennaio 2021 tra Giuseppe Ferraro, «luogotenente della cosca Piromalli» e Francesco Adornato.

«Il luogo in cui si è incontrato con Adornato è stato messo a disposizione per incontri decisivi dei Piromalli - ha chiarito Galasso incalzato da Lombardo - Un oleificio in una contrada di Rizziconi videosorvegliata. Luogo frequentato in momenti riservati solo alla famiglia di ‘ndrangheta, ad appannaggio della cosca Piromalli. Locali gestiti direttamente da Ferraro».

Chi erano Ferraro e Adornato

Francesco Ferraro è tra i tre indagati principali e «faceva parte del nucleo ristretto decisionale della cosca». Ad emergere, durante l’interrogatorio, è stata anche la tempistica in cui si è svolta la conversazione intercettata.

«Un momento particolare perché si stavano preparando all’uscita dal carcere del boss Pino Piromalli detto “Facciazza”». La conversazione nasce dalla necessità di «ripristinare le dinamiche che appartenevano alla cosca dagli inizi degli anni 80. Presenza soffocante sul territorio che riportasse alle regole ortodosse della ‘ndrangheta».

Francesco Adornato, ha spiegato il colonnello, è coetaneo di Pino Piromalli ed è «uno dei protagonisti della fase di imposizione egemonica dei Piromalli su Gioia Tauro. Condannato in via definitiva nell’87 per associazione per delinquere. Era autista e uomo a disposizione del boss».

Nel descrivere il ruolo che i due uomini hanno all’interno della cosca, Galasso ha individuato Adornato come «un vecchio uomo di ‘ndrangheta che può fornire, in una fase di riorganizzazione, le vecchie regole di ‘ndrangheta ai nuovi operativi. L’obiettivo era la restaurazione dell’egemonia dei Piromalli. Il fatto di essere stato un uomo di fiducia, lo dice lui stesso “però mi consideravano”».

Fornisce una chiave di lettura dell’intera conversazione il militare confermando come «per noi è una lezione di ‘ndrangheta quella di Adornato nei confronti di Ferraro. Un vecchio ‘ndranghetista che rivela ai nuovi operativi quali furono i metodi espansivi della cosca Piromalli in funzione anche di un’interazione con altre mafie negli anni 90».

L’intercettazione che ha fatto riaprire il processo

Adornato, si legge nelle carte esaminate in aula durante l’esame del teste, «rimprovera le nuove leve dicendo che lui faceva una vita normale senza sfarzi senza dare nell’occhio non come le nuove leva (murruna)».

«È uno spaccato – ha aggiunto Galasso - che ha fornito molti spunti. Una conversazione ricca di richiami storici. Adornato sosteneva che la scarcerazione di Piromalli tardasse a giungere in quanto lo Stato e la magistratura la osteggiavano. Questo a fronte del ruolo di assoluto rilievo assunto nel panorama della criminalità organizzata da parte dello stesso. In particolare riferiva che Pino Piromalli aveva composto la “commissione” costituitasi per decidere se la ‘ndrangheta calabrese avrebbe dovuto partecipare o meno alle stragi di Stato, in quel momento storico, dalla mafia siciliana».

Si è parlato, dunque, «dell’appartenenza di Piromalli alla commissione delle stragi di Stato - ha chiarito Galasso - E fa riferimento alle dichiarazioni del pentito Franco Pino fatte nel 2018».

Ed è nel fornire la chiave di lettura degli investigatori che Galasso spiega i passaggi della conversazione. «Adornato lo dice “io che ero l’autista”, quindi genuino. “Lo Stato lo tiene in detenzione in quanto apparteneva a quella commissione che decise le stragi”». E subito dopo i riferimenti al 41bis “l’articolo maledetto”». E i due parlano delle condizioni carceraria del boss: «Lui ha un’attenuante – sembra dire Adornato a Ferraro - perché lui non c’era a quella commissione…Non lo so perché non esce…penso che vogliono tirare la corda... l’inghippo… questo è da 8 anni che doveva essere fuori….questo è già dal 90 che covava…». Il colonnello partendo da queste parole ha chiarito il riferimento a «un rapporto preso in regime di 41bis perché rispose a una guardia “io non piego e non mi spezzo”».

Il pentito che parlò della commissione calabrese

Ma la necessità di fare luce su questa intercettazione è anche in riferimento alla testimonianza fatta, sempre nel corso della prima fase di questo processo, dal pentito Franco Pino. E Lombardo ha insistito affinché si comprendesse se le due versioni fossero sovrapponibili. Se, come già portato in aula dalla difesa, i due potessero essere stai influenzati dalla lettura di quella testimonianza o se il loro racconto è da considerare «genuino».

E l’investigatore ha chiarito come «Giuseppe Ferraro non avrebbe mai creduto a un pentito (Franco Pino) ma la parola di Adornato è quella che conta». E Lombardo ha fatto esplicito riferimento a un passaggio dell’intercettazione in esame «l’uccisione di un ministro non riportata esplicitamente da Pino» che, invece, «parlò genericamente di istituzioni». La parola passa adesso alla difesa che esaminerà Galasso in attesa della perizia dell’intercettazione.

 

 

 

Giornalista
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