Con chi parlava Domenico Chindamo, cugino dell’imprenditrice Maria Chindamo, meno di 20 giorni dopo la scomparsa della parente avvenuta il sei maggio 2016?
È la domanda che l’avvocato Salvatore Staiano, difensore di Salvatore Ascone (unico imputato per concorso nell’omicidio della donna) rivolge, nel corso del controesame, al maggiore Alessandro Bui ex comandante del Nucleo Investigativo di Vibo Valentia. La conversazione che Domenico Chindamo intrattiene con l’uomo ignoto viene considerata di interesse investigativo perché inquadra il contesto in cui è maturato il delitto.

L’uomo ignoto raccomanda a Chindamo (che non risulta indagato in alcun procedimento) di essere prudente nelle dichiarazioni e gli raccomanda di lasciar lavorare i carabinieri: «Fanno tutto loro, non vorrei che poi ti prendi un colpo di pistola». Il cugino di Maria Chindamo dice che il suo referente è un capitano dei carabinieri ma il problema, afferma, «è che quelli se la sono portata in macchina». Infine lo sconosciuto dice qualcosa di raggelante: «A lei non la troveranno mai, qualche giorno secondo me si trova la macchina con un rumeno dentro bruciato». Tra l’altro nel corso della conversazione si fa riferimento a esponenti della criminalità organizzata: «Io te l'ho detto che il coso era di Ciccio Mancuso, suo nonno vedi che era uno di fiducia di Ciccio, parente dei Bellocco...».

Secondo il capitano Bui l’uomo ignoto «non è stato identificato».
Una affermazioni che scatena la reazione del legale il quale ricorda che il suo cliente Salvatore Ascone ha chiesto «più volte di essere sentito e dice: "Guardate dall'altra parte del cancello, guardate i rumeni"».
A questo punto c’è da fare una precisazione: nel corso della scorsa udienza il pm Annamaria Frustaci ha spiegato che con diverse lettere, sia indirizzate alla Procura che al fratello di Maria Chindamo, Ascone ha chiesto di avere un colloquio con il pm, alla presenza dei propri legali, per fare dei chiarimenti sul processo che lo vede imputato. Una richiesta irrituale che il pm ha respinto ritenendo che la necessità di fare dichiarazioni sul processo «deve avvenire davanti alla Corte. Ascone può fare spontanee dichiarazioni o esser interrogato in udienza».

Tornando all’uomo misterioso col quale parlava Domenico Chindamo, il maggiore precisa, a questo punto, di aver sentito Chindamo l’11 aprile 2018 in Procura a Vibo Valentia insieme al pm Concettina Iannazzo. In quell’occasione Bui spiega che la «scelta investigativa operata all'epoca, ovviamente dal Pubblico Ministero titolare del fascicolo, fu quella se non erro nelle sommarie informazioni a cui ho partecipato anche io di non contestare a Domenico Chindamo i contenuti della conversazione…». Una scelta investigativa, quella di sentire Domenico Chindamo solo a sommarie informazioni, decisa dal pm riguardo a un procedimento aperto contro ignoti.

In seguito al controesame dell’avvocato Staiano, il pm Annamaria Frustaci riprende l’argomento aperto dal legale. Ritornando alla pista straniera, sollecitato dalle domande dell’accusa, il maggiore spiega che, nel corso delle indagini sono stati sentiti Sasho Dimitrov Milov, di nazionalità bulgara, operaio nei terreni di Maria Chindamo che per primo ha trovato l’auto della donna scomparsa. Inoltre sono stati sentiti anche «Giorgit Vasile, un soggetto di nazionalità rumena che aveva trascorso un periodo di codetenzione con Salvatore Ascone» e Nicolae Laurentiu Gheorghe, anche lui rumeno, che inizialmente era stato indagato dalla Procura di Vibo per la scomparsa di Maria Chindamo. Il magistrato lascia intendere che, al di là di quanto a conoscenza del maggiore, di stranieri sentiti «ce ne sono altri», un dato che verrà fuori quando verranno ascoltati altri testi di polizia giudiziaria.