Ha chiesto di avere un colloquio con il sostituto della Dda di Catanzaro Annamaria Frustaci per necessità di fare dei chiarimenti, alla presenza anche dei propri difensori, sul processo che lo vede imputato per concorso in omicidio. Il delitto è quello di Maria Chindamo – imprenditrice di Laureana di Borrello sparita nel nulla il sei maggio 2016 – e l’imputato in questione è Salvatore Ascone.
Nel corso dell’udienza di questa mattina il magistrato ha riferito ai giudici della Corte d’Assise di Catanzaro di questa richiesta di colloquio di Ascone il quale ha inviato una lettera anche a Vincenzo Chindamo, fratello di Maria, cercando di perorare la propria causa.
Una richiesta, anche irrituale, che il pm non ha accolto perché la necessità di fare dichiarazioni sul processo – ha spiegato il pm Frustaci – «deve avvenire davanti alla Corte. Ascone può fare spontanee dichiarazioni o esser interrogato in udienza».

Tra le altre cose questa mattina il pm ha anche depositato le annotazioni di un carabiniere su una serie di reperti di natura ematica prelevati sul luogo della scomparsa di Maria Chindamo davanti all’azienda agricola di Limbadi.
Questi reperti sono stati comparati con il sangue dei figli di Maria Chindamo e hanno dato esito positivo.
La Procura ha dato, dunque, risposta ai dubbi sollevati nel corso della precedente udienza da uno dei difensori di Ascone, l’avvocato Salvatore Staiano, il quale aveva chiesto al capitano Alessandro Bui se alcune tracce trovate sul luogo della scomparsa fossero di sangue: «Queste sono macchie di sangue perché lo avete pensato o c'è un'analisi che è stata fatta?… Lei sa se questo è sangue umano?».
Stando alle deposizioni dell’ufficio di Procura, quelle tracce erano di sangue umano, ed era il sangue di Maria Chindamo.

Secondo le indagini dei carabinieri l’imprenditrice è stata «trascinata via» quando era ancora viva.
Del dopo sappiamo ciò che hanno riportato i collaboratori di giustizia: dopo essere stata uccisa l’imprenditrice è stata data in pasto ai maiali. I poveri resti sopravvissuti sono stati mescolati al terreno con la trincia di un trattore.

Tutto questo orrore nascerebbe, ricostruisce la Dda di Catanzaro, per due ragioni: la volontà di vendetta dell’ex suocero di Maria, Vincenzo Punturiero (deceduto), che l’avrebbe ritenuta responsabile del suicidio del figlio, Ferdinando Punturiero, avvenuto l’otto maggio 2015, in seguito alla separazione dalla moglie. Al fatto di sangue, inoltre, avrebbe partecipato Salvatore Ascone, 58 anni, spinto dalla prospettiva di acquisire i terreni di Limbadi della Chindamo, in proprio favore e in favore anche di una costola della famiglia di ‘ndrangheta Mancuso denominata ‘Mbrogghja.