La Corte d’Assise di Catanzaro ha condannato all’ergastolo Rocco Azzaro e Giuseppe Nicastri, riconosciuti colpevoli dell’omicidio di Salvatore Di Cicco, uno dei più noti casi di lupara bianca nella Sibaritide. La sentenza arriva al termine di un lungo processo istruito dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, che aveva contestato ai due imputati la partecipazione al delitto di ‘ndrangheta consumato nel settembre del 2001 a Crucoli, nel Crotonese.

Il caso, rimasto per anni avvolto nel silenzio, ricostruisce un episodio emblematico della violenza mafiosa nei primi anni Duemila tra i locali di Cirò, Cassano e Corigliano Calabro. In primo grado erano già stati condannati i collaboratori di giustizia Nicola Acri e Ciro Nigro, considerati tra i promotori dell’azione di fuoco. A trent’anni di reclusione, in rito abbreviato, era invece stato condannato Giuseppe Spagnolo, noto come Peppe u bandito, ritenuto l’esecutore materiale del delitto.

Secondo la ricostruzione della pubblica accusa, Di Cicco sarebbe stato attirato in trappola da Ciro Nigro con il pretesto di un presunto affare riguardante l’acquisto e il trasporto di armi. I due si erano allontanati in auto da Corigliano alla volta di Cirò, con la vittima alla guida. Una volta giunti sul lungomare di Torretta di Crucoli, Nigro - già istruito dai mandanti, tra i quali lo stesso boss di Rossano Nicola Acri - avrebbe lasciato l’uomo nelle mani del gruppo di fuoco.

Salvatore Di Cicco sarebbe stato quindi bloccato e freddato con un colpo di pistola calibro 38, esploso da Spagnolo. Il corpo, secondo quanto emerso dalle indagini, fu successivamente interrato con l’ausilio di un escavatore meccanico in una zona isolata del territorio di Crucoli.

Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, riscontri tecnici e testimonianze raccolte nel corso degli anni hanno permesso di ricostruire il contesto mafioso in cui maturò l’omicidio e di attribuire ai due imputati un ruolo determinante nella pianificazione e nell’esecuzione del delitto.