Avviso 415-bis per quattro indagati: il “Brasiliano” ucciso nel 2001 con una lupara bianca per proteggere il gruppo degli “Zingari” di Cosenza
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La Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari per l’omicidio di Massimo Speranza, detto “il Brasiliano”, scomparso l’11 settembre 2001 a San Demetrio Corone. Si tratta di un delitto aggravato dal metodo mafioso e finalizzato, secondo l’accusa, a tutelare l’operatività dell’associazione ’ndranghetista degli “Zingari” di Cosenza, eliminando un soggetto ritenuto potenziale delatore.
Il provvedimento, emesso ai sensi dell’articolo 415-bis del codice di procedura penale, riguarda Giovanni Abbruzzese, detto “u Cinese”, Armando Abbruzzese, detto “Andrea” o “Siccia Niura”, Rocco Azzaro e Ciro Nigro (collaboratore di giustizia), tutti attualmente detenuti per altra causa. Nel procedimento figurano inoltre due soggetti, entrambi deceduti, indicati come concorrenti nel delitto.
Secondo la ricostruzione della Dda, l’omicidio sarebbe stato deliberato e pianificato nell’ambito di un’azione criminale programmata, con l’obiettivo di mettere a tacere Speranza, accusato di fornire informazioni riservate sull’organizzazione e sulle attività del gruppo degli “Zingari” a soggetti riconducibili al gruppo rivale degli “Italiani”. Una condotta definita, negli atti, come attività di “prendi e porta”.
La vittima, secondo l’impianto accusatorio, sarebbe stata attirata con un pretesto prima in un bar della zona di Lauropoli e successivamente presso un altro esercizio commerciale ad Apollinara. Da lì, con il coinvolgimento diretto degli indagati, sarebbe stata condotta presso un’abitazione nella disponibilità di uno dei due deceduti, a San Demetrio Corone, luogo individuato per l’esecuzione.
All’interno dell’abitazione, Massimo Speranza sarebbe stato ucciso con due colpi di pistola esplosi a bruciapelo alla testa da un altro soggetto deceduto, indicato come esecutore materiale. Subito dopo, il cadavere sarebbe stato occultato mediante seppellimento in una buca precedentemente scavata in un boschetto adiacente all’abitazione, a circa venti metri di distanza, secondo una modalità riconducibile alla cosiddetta “lupara bianca”.
La Dda contesta a vario titolo agli indagati la pianificazione dell’omicidio, l’accompagnamento della vittima, la partecipazione alle fasi esecutive e il concorso nell’occultamento del corpo. A carico di tutti viene contestato il reato di omicidio aggravato dalla premeditazione, dal numero dei concorrenti – superiore a cinque – e dal metodo mafioso, nonché dalla finalità di agevolare l’associazione ’ndranghetista degli “Zingari” di Cosenza.
Dall’inchiesta escono infine Luigi Bevilacqua, detto “Gino” e Fioravante Abbruzzese, alias “Banana”, padre degli imputati coinvolti nel processo Reset. Nel collegio difensivo figurano gli avvocati Giorgia Greco, Antonio Quintieri, Enzo Belvedere, Francesco Oranges, Filippo Cinnante, Cesare Badolato e Vitaliano Leone.

