Un dato è certo: anche la Corte di Cassazione ha riconosciuto l’esistenza storica delle cosche di ‘ndrangheta del Vibonese. Al netto dei numerosi annullamenti (con o senza rinvio) il reato di partecipazione a un clan di ‘ndrangheta resta granitico per la maggior parte degli imputati ai quali tale delitto veniva contestato.

Su 64 imputati che hanno scelto il rito abbreviato nel maxi processo Rinascita Scott e che sono approdati davanti alla Suprema Corte, una posizione, quella di Francesco Vardè, è stata stralciata (e verrà discussa il 5 giugno 2025); otto sono le assoluzioni definitive (di queste solo una per associazione mafiosa), una sentenza è stata annullata per morte dell’imputato, per sette persone è stato disposto un nuovo processo, mentre le persone condannate sono 47.

Le 47 condanne

Ora, sulle 47 condanne è doveroso fare un ulteriore distinguo.
Per la condanna di un collaboratore di giustizia, Emanuele Mancuso, è stata confermata la sentenza d’appello ma rideterminata la pena (da tre anni 4 mesi e 4 giorni a due anni 8 mesi e 24 giorni); per nove persone è stata confermata la sentenza d’appello per associazione mafiosa; 28 persone sono state condannate per associazione mafiosa ma toneranno in appello per rideterminare la pena poiché è stata esclusa l’aggravante del reimpiego dei proventi illeciti; otto persone sono state condannate ma anche per loro si tornerà in appello per rideterminare la pena per l’annullamento di alcune aggravanti (per cinque di loro si tratta dell’aggravante mafiosa) o di alcuni capi di imputazione; una persona è stata condannata per altri capi di imputazione ma assolta dall’associazione mafiosa. In estrema sintesi: su 64 imputati, 47 sono stati condannati (dei quali 38 per associazione mafiosa e nove per altri reati), otto sono stati assolti, otto sono in attesa di giudizio e uno è deceduto.

Le assoluzioni

Volendo entrare ancor più nel dettaglio c’è da dire che le otto assoluzioni definitive riguardano cinque posizioni minori con condanne in appello tra quattro anni e 10 mesi (Manuele Baldo, Francesca Mazzotta, Mariangela Mazzotta, Rossana Morgese, Emanuele Costantino Panetta, Giuseppe Antonio Salamò) e poi Salvatore Tulosai (12 anni in appello per associazione mafiosa) e Serafino Alessandria (14 anni, sette mesi e 10 giorni in appello per armi e banconote contraffatte).

Le condanne definitive

Non si torna indietro, e diventano definitive, nove condanne: dichiarati inammissibili i ricorsi di Gianluigi Cavallaro (3 anni e 6 mesi); Michele Galati (4 anni); Gaetano Antonio Cannatà (3 anni e 8 mesi); Bartolomeo Arena (3 anni, 9 mesi e 10 giorni); Emiliano Palamara (6 anni e 8 mesi); Lorenzo Polimeno (8 anni e 8 mesi); Saverio Sacchinelli (13 anni e 4 mesi), Emanuele Mancuso (pena rideterminata da 3 anni 4 mesi e 4 giorni a 2 anni 8 mesi e 24 giorni). Rigettati i ricorsi di Lucio Belvedere (3 anni e 4 mesi) e Orazio Maria Carmelo De Stefano (8 anni e 8 mesi).

Nuovo processo d’appello

Si riparte con un nuovo processo d’appello su tutta la sentenza, ovvero su ogni singola contestazione, per Gregorio Gasparro, alias U Ruzzu o U Gattu, (considerato al vertice della cosca Fiarè-Razione-Gasparro di San Gregorio D’Ippona e condannato in appello a 16 anni); Maria Carmelina Lo Bianco (un anno e 4 mesi nel primo appello); Vincenzo Mantella (12 anni nel primo appello); Giovanni Rizzo (12 anni); Antonio Patania (12 anni, considerato inserito nella cosca Bonavota di Sant’Onofrio); Andrea Prestanicola (12 anni e 4 mesi, considerato uomo di fiducia del boss Saverio Razionale); Giuseppe Scriva, (12 anni, considerato appartenente alla cosca Razionale).

Si torna in appello per riquantificare le pene

Si torna appello per riquantificare le pene nei confronti di coloro che sono stati condannati per associazione mafiosa ma per i quali la Cassazione ha escluso l’aggravante del reimpiego dei proventi illeciti (ossia l’avere investito in attività economiche i soldi provento di reati).
In questo caso l’aggravante è stata esclusa e la pena verrà rideterminata per Raffaele Antonio Giuseppe Barba (12 anni in appello); Paolo Carchedi (12 anni); Carmelo Chiarella (13 anni); Domenico Cracolici (10 anni e 8 mesi); Filippo Di Miceli (14 anni); Michele Dominello (14 anni e 8 mesi); Nazzareno Franzè (12 anni); Francesco Gallone (11 anni e 3 mesi); Sergio Gentile (14 anni); Gregorio Gioffrè (13 anni e 4 mesi); Giuseppe Lopreiato (14 anni e 8 mesi); Domenico Macrì detto Mommo, (19 anni e 10 mesi); Luciano Macrì (20 anni); Domenico Pardea (16 anni); Francesco Antonio Pardea (20 anni); Michele Pugliese Carchedi (14 anni 8 mesi); Salvatore Morgese (10 anni e 8 mesi); Filippo Orecchio (13 anni e 4 mesi), Domenico Camillò (15 anni 4 mesi); Carmelo Salvatore D’Andrea (13 anni e 4 mesi); Giovanni Claudio D’Andrea (12 anni 8 mesi); Nicola Lo Bianco (10 anni 8 mesi); Salvatore Lo Bianco “u Gniccu” (10 anni 8 mesi); Domenico Prestia (10 anni 8 mesi).

Il caso di Pasquale e Cristiano Gallone

Tutte queste condanne andranno ammorbidite. Ma non sono le sole. Anche la condanna a 19 anni e 8 mesi di Pasquale Gallone, braccio destro del boss Luigi Mancuso, andrà ritoccata, sia per quanto riguarda l’esclusione del reimpiego di proventi illeciti che per l’estinzione di un caso di violenza privata che viene meno, per via della legge Cartabia, per mancanza di querela. Una mancanza di querela che fa venire meno il reato anche per Cristiano Gallone (3 anni e 8 mesi) che per questo motivo vedrà rideterminata la pena.

Gregorio Niglia

Viene meno l’aggravante del reimpiego di proventi illeciti anche per Gregorio Niglia, detto Lollo, esponente della ‘ndrina di Briatico (20 anni in appello) per il quale è stata annullata la sentenza riguardo a un caso di traffico di droga e sono state escluse le aggravanti dalle contestazioni di 11 casi di traffico di droga. Anche per lui dovrà essere rideterminata la condanna.

Per Luca Belsito (16 anni in appello) è stata esclusa l’aggravante del reimpiego di proventi illeciti, è estinto per prescrizione il reato di detenzione abusiva di armi, e anche per lui va rideterminata la pena.

Per Michele Manco (12 anni in appello), è stata esclusa l’aggravante del reimpiego di proventi illeciti e annullato un caso di estorsione. Anche la sua pena è da rivedere.

Tornano in appello per l’annullamento di alcune aggravanti o di alcuni capi di imputazione Pasquale Antonio D’Andrea (4 anni e 4 mesi) il quale è stato assolto dall’accusa di svolgere abusivamente attività finanziarie, perché il fatto non sussiste, ed è stata esclusa l’aggravante mafiosa da un caso di usura; per Shkurtaj Lulezim (6 anni in appello) sono da ridiscutere le aggravanti ai reati che gli vengono contestati; anche per Fabio De Gaetano (6 anni) sono da ridiscutere le aggravanti; esclusa l’aggravante mafiosa nei confronti di Nicola De Gaetano (2 anni e 4 mesi) con rinvio per nuovo giudizio sul punto; annullata la sentenza limitatamente a un caso di favoreggiamento personale per Giuseppe De Certo (2 anni in appello) con rinvio per un nuovo giudizio; ritorna in appello per ridiscutere l’aggravante mafiosa Luigi Leonardo Vitrò (3 anni in appello); Ridiscute l’aggravante (non mafiosa) Francesco Iannello (4 anni e 6 mesi).