Il maxiprocesso alla ’ndrangheta

Rinascita Scott, lo scontro Bellocco-Mancuso e i reciproci piani di morte nelle rivelazioni del pentito Albanese

Il collaboratore di giustizia di Rosarno svela le intenzioni di “Assu i Mazzi” di eliminare il boss di Limbadi, mentre quest’ultimo anni prima avrebbe avuto intenzione di far fuori l'esponente della ‘ndrangheta reggina in accordo con i Piromalli ed i Pesce

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di G. B.
8 giugno 2022
15:15
Nei riquadri: a sinistra Luigi Mancuso, a destra Umberto Bellocco
Nei riquadri: a sinistra Luigi Mancuso, a destra Umberto Bellocco

Piromalli ed i Molè di Gioia Tauro, unitamente ai Mancuso di Limbadi ed ai Pesce di Rosarno avrebbero voluto eliminare il boss Umberto Bellocco, 85 anni, alias “Assu i Mazzi”, fra i principali esponenti della ‘ndrangheta e fondatore negli anni ’80 della Sacra Corona Unita pugliese.

L’episodio risalirebbe agli anni ’80, mentre in tempi più recenti Umberto Bellocco avrebbe avuto intenzione di uccidere il boss Luigi Mancuso (cl.’54). Che storicamente i rapporti fra i Bellocco ed i Mancuso non fossero buoni l’avevano riferito diversi collaboratori di giustizia (Gerardo D’Urzo di Sant’Onofrio, Annunziato Raso di Gioia Tauro, Pino Morano di Laureana di Borrello e Gaetano Albanese di Candidoni su tutti), ma è il collaboratore Vincenzo Albanese (cl. ’77) di Rosarno – sposato con una figlia di Rocco Bellocco – a svelare diversi retroscena in ordine ad alleanze, vendette ed affari. I suoi verbali sono stati versati dalla Dda di Catanzaro agli atti del maxiprocesso Rinascita Scott che si sta celebrando nell’aula bunker di Lamezia Terme dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia.


«Ho iniziato il mio percorso di collaborazione con la giustizia in data 17 dicembre 2015. Conoscevo esponenti della cosca Bellocco – dichiara Albanese – fin  da quando ero piccolo, dal 1995 sono stato fidanzato con la figlia di Rocco Bellocco, Maria Rosa Bellocco che poi ho sposato nell’anno 1998. E’ stato mio suocero ad introdurmi negli ambienti criminali rosarnesi e a farmi conoscere gli elementi di vertice delle famiglie della ‘ndrangheta calabrese. Ricordo che lo accompagnavo, per esempio, a Cosenza, dove mi parlava di Sena e me lo presentava, a Cetraro dove mi parlava di Muto e me lo presentava, a Sant’Onofrio dove mi parlava dei Bonavota e me li presentava, nelle Serre dove di faceva conoscere Vallelunga Damiano e così via.

«Dopo che Giuseppe Bellocco era stato condannato all’ergastolo per omicidio, ho avuto modo di incontrarlo unitamente a mio suocero Rocco Bellocco. In tale circostanza mio suocero disse a suo fratello che sulla mia persona garantiva lui. Da quel momento ho avuto accesso ad una serie di situazioni ed ho operato stabilmente per la cosca Bellocco. Unitamente a mio cognato ho commesso diversi reati per la cosca Bellocco: ho costruito bunker, mi sono occupato della gestione dei latitanti della cosca, ho trafficato droga. Non sono mai stato formalmente affiliato alla ‘ndrangheta – dal momento che venivo presentato come uomo della cosca direttamente da mio suocero di cui ero espressione, per cui non c’era necessità di riconoscermi un “fiore” – fino all’anno 2010, periodo in cui mentre ero recluso nel carcere di Cosenza unitamente a mio cugino Pietro Bellocco».

«Per evitare disagio agli altri ‘ndranghetisti detenuti e rispettare le regole d’onore anche all’interno dell’istituto – ha spiegato Albanese – mi hanno concesso le doti di picciotto e camorrista. Una volta uscito dal carcere di Cosenza, mio zio Umberto Bellocco – a sua volta scarcerato nel 2014 – mi ha dato direttamente la carica di “Padrino”. Tale carica mi venne data per l’impegno criminale profuso in favore della cosca Bellocco».

Lo scontro Bellocco-Mancuso

«Mio zio Umberto Bellocco era considerato uno dei massimi esponenti della ‘ndrangheta e solo lui poteva concedere direttamente la carica di “Padrino” saltando le altre doti di ‘ndrangheta. Quando mio zio Umberto Bellocco venne scarcerato nell’anno 2014, voleva accentrare nuovamente a se tutto il potere criminale e per tale motivo si scontrò con gli altri esponenti della ‘ndrangheta tra i quali Luigi Mancuso, in particolare per la compravendita di droga attraverso il Porto di Gioia Tauro. Si scontrò pure con i Pesce».

Umberto Bellocco, secondo il racconto di Vincenzo Albanese, avrebbe quindi mandato un’imbasciata a Luigi Mancuso attraverso «uno della zona di Santa Maria dove ha guardianie Bellocco Umberto, il quale voleva parlare con Luigi Mancuso. Era un vecchietto vicino a Luigi Mancuso che poi è stato arrestato». Luigi Mancuso non si sarebbe presentato all’appuntamento, mentre tempo dopo – luglio 2014 – è stato arrestato lo stesso Umberto Bellocco, la cui politica criminale di scontro con le altre storiche famiglie della ‘ndrangheta della Piana non sarebbe stata condivisa neanche dai fratelli e dai cugini.

«Non ho mai avuto rapporti con i Piromalli. Mio zio Umberto Bellocco aveva antipatia per i Piromalli e i Molè, perché una volta – ha raccontato il collaboratore Albanese – circa 30 anni fa i Piromalli avevano fissato un appuntamento a mio zio per ucciderlod’accordo con i Mancuso e probabilmente anche con Nino Pesce, detto Testuni. Mio zio non andò però all’appuntamento perché Trunfio, quello ucciso sull’ autostrada, l’aveva avvisato. I Mancuso, i Piromalli, i Molè avevano un accordo fra loto e sotto-sotto anche con Nino Pesce a Rosarno. Per questo Umberto Bellocco non li ha mai digeriti».

Secondo il collaboratore di giustizia, lo zio «Umberto Bellocco picchiava anche le donne, non guardava in faccia nessuno. Umberto Bellocco aveva legato anche con i Brandimarte di Gioia Tauro, che avevano i loro problemi. Umberto Bellocco aveva dato un ultimatum dicendoci che chi non era d’accordo con lui sarebbe stato spogliato delle cariche di ‘ndrangheta attraverso un preciso rito». Alla fine il capoclan Umberto Bellocco è stato arrestato.

Giornalista
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