Tra il 2010 e il 2024, in Calabria sono 39 i clan censiti che hanno operato in attività di business sia illegali che legali, con “affari” anche in Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Lazio. Il report di Libera
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Nel 2024 gli italiani hanno speso oltre 157 miliardi di euro nel gioco d’azzardo, con almeno 18 milioni di persone che hanno tentato la fortuna tra videopoker, slot-machine, gratta e vinci e sale bingo. Tra loro, 1,5 milioni soffrono di dipendenza patologica (3% della popolazione adulta) e 1,4 milioni sono a rischio moderato (2,8%), per un totale di 2,9 milioni di persone coinvolte. E quando il gioco diventa un problema serio, le mafie entrano in scena e iniziano a vincere.
Analizzando le relazioni della Direzione Nazionale Antimafia e della Direzione Investigativa Antimafia, pubblicate tra il 2010 e il 2024, risultano 147 clan censiti che hanno operato in attività di business sia illegali che legali, con il coinvolgimento di 25 Procure antimafia. La fotografia che emerge mostra come gli interessi della criminalità organizzata riguarda in modo diffuso l’intero territorio nazionale.
Sono infatti 16 le regioni coinvolte da inchieste sull’azzardo che hanno visto la presenza di clan mafiosi. Azzardomafie, il dossier di Libera, curato da Toni Mira, Maria Josè Fava, Gianpiero Cioffredi e Peppe Ruggiero, mostra una fotografia con numeri, storie e affari del Paese tra gioco legale e gioco criminale.
La situazione in Calabria
In Calabria nel 2024 si è giocato più di 5 miliardi e 768 milioni di euro (tra giocato fisico e giocato telematico). In media in Calabria si spende 3.148 euro all’anno per abitante, bambini compresi (va ricordato che l’azzardo è vietato fino ai 18 anni). Reggio Calabria è il capoluogo di provincia dove si gioca di più con 641.471.615,17 di euro, segue Catanzaro con 304.584.430,95 euro di giocato. Vibo Valentia è capoluogo dove si spende di meno con 135.928.479,52.
Ad Azzardomafie i clan fanno il loro gioco. Sale Bingo, scommesse clandestine, videopoker, slot machine. Il mondo del gioco d’azzardo non attira solo l’interesse della criminalità organizzata: è un vero e proprio affare. Una delle voci più remunerative del bilancio mafioso. Una “grande roulette” dove si ricicla denaro derivante da altri traffici; si impongono beni e servizi (per esempio le slot machine) agli esercenti dei locali; si estorce denaro ai giocatori fortunati o lo si presta a usura a quelli sfortunati; si truffa lo Stato manomettendo gli apparecchi di gioco o semplicemente si investe con società formalmente legali. E la ndrangheta la fa da padrone.
Sono ben 39 i clan censiti che hanno operato in attività di business sia illegali che legali. Al “tavolo verde” giocano e vincono i soliti “noti”: dagli Alvaro ai Macrì, dai Molè ai Pelle, dagli Arena ai Cordello, dai Piromalli ai Bellocco. “Affari” che travalicano i confini calabresi e si sono espansi in questi anni nel Piemonte, Lombardia, Lazio, Emilia-Romagna, Liguria. Del resto con l’azzardo si guadagna tanto e si rischia poco. La conferma arriva dai dati forniti dal Generale della Guardia di Finanza, Nicola Altiero, vicedirettore operativo della Dia: «Un euro investito dalle mafie nel narcotraffico produce profitti per 6-7 euro, uno investito nell’azzardo 8-9, con molti meno rischi».
Complessivamente, al 2024, secondo i dati dell’Agenzia Nazionale dei beni sequestrati e confiscati (ANBSC), tra le 125 aziende confiscate alle mafie appartenenti al settore “Attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento”, più della metà – 70 – riguardano sale gioco e scommesse. In Calabria sono 7 le sale gioco e scommesse confiscate. A proposito di confische, una delle più grandi nel nostro Paese legata agli affari illegali sull’azzardo gestiti dalle mafie ha riguardato l’imprenditore reggino Gioacchino Campolo, il “re dei videopoker”. Un impero da 330 milioni di euro di beni immobili di pregio, tra palazzi storici e quadri di pregio, una delle più importanti collezioni private italiane, ora divenuti patrimonio dello Stato e restituiti alla collettività.
«Il dossier - commenta Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera- ci restituisce l’immagine di un Paese in bilico: da un lato, la voglia di riscatto sociale e di un benessere per molti irraggiungibile; dall’altro, un meccanismo che, legale o illegale che sia, continua a speculare sulla vita delle persone. Si dimentica che dietro ogni slot, dietro ogni casella argentata del gratta-e-vinci o piattaforma online, ci sono esseri umani in difficoltà. Ci sono adolescenti che scommettono di nascosto, anziani che si giocano la pensione, famiglie che si sfaldano nel silenzio. Dobbiamo smascherare l’inganno. Perché in fondo il gioco d’azzardo — qualunque forma assuma — rischia di essere sempre e comunque un grande imbroglio ai danni dei cittadini. La politica parla di regolamentazione, ma troppo spesso resta prigioniera della logica del profitto».
Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, almeno 18 milioni di italiani nell’ultimo anno hanno “tentato la fortuna” nell’azzardo, anche solo con un “Gratta e Vinci”, mentre 5,5 milioni risultano giocatori abituali. I giocatori patologici sono 1 milione e 500 mila (3% della popolazione maggiorenne), quelli a rischio moderato 1 milione e 400 mila (2,8%). In tutto, quindi, 2 milioni e 900 mila persone. Ma per ogni giocatore, altre sette persone sono coinvolte: i suoi familiari, che in totale ammontano a 20 milioni e 400 mila (40% della popolazione). Dunque, prendendo in prestito i concetti dai danni del fumo, in Italia 4 cittadini su 10 sono vittime di “azzardo passivo”. Il risultato è una perdita stimata di 7,6 punti percentuali di qualità della vita, sia per il giocatore che per i familiari. E le conseguenze non sono solo economiche: ci sono isolamento sociale, incapacità a gestire la quotidianità, malessere, ansia. Dietro spesso ci sono fragilità, e laddove la vita soffre, l’azzardo investe. A preoccupare è anche l’aumento dei gioca tori d’azzardo problematici minorenni. Malgrado per loro l’azzardo sia vietato, entrano facilmente, senza controlli, nelle sale gioco e accedono a tutte le forme di scommesse.
«Eppure, lo Stato- considera Luigi Ciotti- sembra guardare altrove: ai proventi che incassa grazie alle tasse sul gioco. Soldi che solo in minima parte vengono reinvestiti in percorsi di prevenzione, terapia e reinserimento per le vittime di questa dipendenza silenziosa e sottovalutata. C’è una grave contraddizione etica in tutto questo. Occorrono politiche che mettano al centro la salute della gente, non il guadagno delle aziende o dell’erario! Chiunque tragga profitto dall’azzardo, sia gli attori privati che il settore pubblico, ha una responsabilità morale nel limitarne gli effetti nocivi. Serve più prevenzione nelle scuole, servono spazi di sostegno psicologico nei territori, formazione per gli operatori. Serve soprattutto un cambio di sguardo: considerare il giocatore non come un colpevole, ma come la vittima di un sistema che alimenta certe fragilità per ricavarne un tornaconto economico».
«Dati allarmanti che devono fortemente preoccupare – conclude Giuseppe Borrello, referente regionale di Libera - in un contesto regionale dalle tante difficoltà economiche e con un’elevata densità criminale. Un fenomeno che deve mettere in apprensione non solo per gli interessi della criminalità organizzata, ma anche per le conseguenze dalla dipendenza del gioco d’azzardo che compromette la salute psichica e fisica delle persone colpite, che in alcuni casi può determinare l’impoverimento dei malati patologici e delle loro famiglie con il rischio di divenire vittime di usura ed estorsioni. Un auspicio, quindi, che la nuova giunta regionale, al di là di ogni retorica, possa intervenire con misure più stringenti e restrittive dando un segnale forte nel contrasto al gioco d’azzardo e ai profitti che la criminalità organizzata trae da esso».
Le proposte di Libera
Secondo Libera «per stabilire un nuovo equilibrio serve un intervento articolato che consenta di mantenere uno spazio di autonomia degli Enti locali, per regolamentare in modo più restrittivo l’azzardo, sulla base di esigenze ed emergenze territoriali; Impedire realmente ogni tipo di pubblicità del gioco d’azzardo; evitare la compartecipazione alle Regioni e agli Enti locali del 5% del gettito delle slot e delle videolottery; ricostituire l’Osservatorio per il contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo e al fenomeno della dipendenza grave presso il Ministero della Salute; non aumentare l’offerta di giochi da parte dello Stato, neanche giustificandola con il bisogno di raccogliere fondi per emergenze o calamità naturali; aumentare la rete di controlli tra concessionari, gestori, produttori ed esercenti; non prorogare le concessioni e rimetterle, seppur con estremo ritardo, nuovamente a bando».



