Il To ddomadi greko di Bova Marina, l’annuale appuntamento di formazione linguistica in grecanico per giovani e adulti, ha visto quest’anno anche la presenza di un giovane ricercatore che, dopo una prima laurea in Lettere Classiche a Bologna, ne sta conseguendo una seconda in Linguistica Teorica e Applicata all’Ateneo di Pavia.

Luigi Medaglia è protagonista di una storia di partenze, scoperte, ritorni e riscoperte. Sono giorni di caldo afoso, ma devo recarmi a Roccaforte del Greco per effettuare delle riprese. La mia idea è portarlo con me nel cuore dell’Aspromonte greco per un’intervista immersiva, a contatto con i luoghi della lingua che studia. Accetta di buon grado e il percorso in auto si trasforma in un viaggio di scambio e confronto che parte dalla linguistica e arriva all’antropologia.

«In realtà sono originario di Acri, ma da anni vivo al Nord per studio e formazione. Sto terminando il mio percorso di studio a Pavia e presenterò una tesi che indaga il rapporto tra il greco di Calabria e la sua comunità. Il mio lavoro è quindi legato a quella che in gergo chiamiamo sociolinguistica delle minoranze, approfondendo il tema della percezione di chi è parte di una minoranza linguistica e parla una lingua minoritaria. Ho indagato il cosiddetto sentiment per comprendere, dal punto di vista emotivo e intellettuale, due atteggiamenti: la postura dei parlanti nei confronti del dibattito linguistico di cui sono spesso protagoniste persone esterne e il rapporto sentimentale che essi hanno con la lingua. Rispetto al primo punto, mi interessava comprendere le posizioni dei greco-calabri rispetto all’applicazione della legge 482 che tutela le minoranze linguistiche, alle politiche scolastiche per il greko e alla denominazione stessa della lingua. Riguardo il secondo punto, cosa significasse per loro essere greco-calabri e come si ponessero di fronte a processi che a volte sfociano in una vera e propria folklorizzazione», spiega il giovane ricercatore.

Una comunità frammentata

Una indagine che restituisce un quadro composito e punti di vista molto diversi circa lo stato della lingua, l’impatto che la sua valorizzazione può avere per l’area Grecanica e una querelle più dottrinale che concerne sia lo stato di conservazione del patrimonio linguistico, sia il punto di caduta del tentativo di rivitalizzazione del greko.

«Credo che il maggiore problema che affligge la comunità sia la divisione interna. I risultati delle interviste sono stati molto eterogenei. Da una parte abbiamo, ad esempio, chi ritiene che il rinnovato interesse verso il greko stimoli il turismo visto come estrema àncora di sopravvivenza economica per tutta l’area. Poi c’è chi si rende conto di quanto il tentativo di rivitalizzazione del grecanico non sia esattamente riuscito; chi sostiene forme di purismo linguistico che rigettano gli inserimenti del neogreco e chi è fautore di una linea più morbida improntata a una maggiore permeabilità della lingua. Non esiste un orizzonte comune. Quello che invece è emerso in modo positivo è la connessione tra il parlante e la sua lingua. Nonostante si dica che il greko sia in via di estinzione, rimane ancora nel cuore di chi lo ha parlato o ha sentito i propri cari parlarlo. Conservo delle interviste in cui anche parlanti senza competenza attiva elevata utilizzano termini o espressioni idiomatiche che rimandano ai temi della nostalgia e del ricordo e alla connessione con al propria famiglia e la propria terra. Ad esempio l’uso del greko per trasmettere sensazioni di intimità familiare e di dolcezza. O l’utilizzo spontaneo e immediato per esprimere sensazioni di rabbia», prosegue Luigi Medaglia.

Le parole scivolano mentre, giunti a Melito da Bova Marina, deviamo verso l’interno per risalire i fianchi della montagna. Superiamo Bagaladi e ci tuffiamo nel ventre dell’Aspromonte. Mi colpisce il dato anagrafico degli intervistati, tutti tra i 45 e i 64 anni, tra cui sono in tanti a non avere una competenza attiva, quindi capaci di dire qualche parola o frase o di comprendere, ma non di parlare. A dimostrazione sia di quanto il panorama sia stato intaccato, sia del fatto che l’intera generazione dei 20-40enni sia fondamentalmente assente perché emigrata.

L’approccio sentimentale al greko

«È il mio terzo anno nella Bovesia, ma è come se fosse un nuovo inizio perché quest’anno frequento per la prima volta il corso di greko per principianti. È un ritorno a quelle che considero essere anche le mie radici perché tutta la nostra cultura emerge dalla grecità. Oggi ho un approccio più maturo e certamente più sentimentale. Apprendere il greko in prima persona è stata l’evoluzione naturale di un percorso che mi ha condotto da un’osservazione partecipante ad un ‘immersione totale in questa lingua: il primo verso passo per valorizzarla e poter programmare ulteriori ricerche future. Il fatto che il To ddomadi greko sia costruito come una settimana intensiva di formazione la rende un momento si di acquisizione linguistica, ma soprattutto di condivisione di una grecità che permane nel nostro DNA», chiarisce Luigi.

Arrivati a Monte Scafi, la vista si amplia verso la vallata. Oltre appare Roccaforte e il confronto che volge verso una valutazione di un ipotetico futuro per il greko entra nel vivo. Luigi ha infatti espresso uno degli assunti chiave su cui aveva lavorato il Prof. Salvino Nucera e cioè che il grecanico, e più in generale la Grecia, fossero parte integrante del nostro DNA. E che da questo si dovesse ripartire per guardare al futuro ed elaborare una forma di valorizzazione della lingua greco-calabra come ponte di unione tra Oriente e Occidente. Una lingua che doveva essere trattata come un’eredità culturale e antropologica capace di configurare la fratellanza di due popoli.

Quale futuro per il greko?

«Il fatto stesso che questa voce provenisse dall’unico studioso che in epoca contemporanea abbia elaborato e pubblicato dei testi in grecanico gli conferiva un’autorevolezza riconosciuta da tutti. Le opere che ci ha lasciato rappresentano il grande salto nel presente della lingua minoritaria e aprono le porte a un filone di ricerca filologica innovativo che diventa oggetto di studio fino al 2024. Proprio perché nella sua produzione, come accade per tutte le altre lingue, anche il greco di Calabria, si è evoluto arricchendosi con interferenze provenienti dal contesto pluricodico della Bovesia; i dialetti romanzi, l’italiano e persino il neogreco. Se è vero che il grecanico odierno è diverso da quello degli anni Novanta, annoverando parole legate alla modernità, all’astrazione e a un contesto differente da quello nativo, legato all'ambito agro-pastorale, è ulteriormente vero il fatto che attraverso l’esempio del greko sia possibile teorizzare un modello evolutivo delle lingue minoritarie applicabile ad altri contesti di contatto linguistico. Facendo sintesi, una lingua si evolve in maniera naturale. La domanda che pongo è: un anziano che dovesse esprimere un concetto per il quale manca una parola, da dove la mutuerebbe? Probabilmente da altre lingue che già conosce. In questo caso il dialetto o l’italiano, piuttosto che il neogreco. Che comunque può andare bene a patto che l’acquisizione sia condivisa e accettata dal tutta la comunità parlante», chiosa da addetto ai lavori.

Raggiungiamo Roccaforte che la chiacchierata è terminata. Resta solo da formalizzare l’intervista, girandola a video. Luigi ed io ci guardiamo, saliamo fino ad un affaccio mozzafiato sul vallone dell’Amendolea che risplende scintillando lampi d’argento sotto la luce del sole di agosto. Mentre monto cavalletto, telecamera e microfono, Luigi aggiunge: «Qui lascio parte del lavoro fatto fin’ora, assieme alla voglia di ritornare. Confrontandomi durante i miei viaggi di studio all’estero, quasi nessuno conosceva il greco di Calabria. Approfondire le mie ricerche e arrivare a diffondere ed esportare il greko è tra i miei obiettivi. Voglio tornare per acquisire una sempre maggiore competenza linguistica e ripagare quanto mi è stato dato. Ho conosciuto una comunità bellissima che mi ha accolto e mi ha aiutato. Presto arriverà il momento di restituire».

Ciak, si gira.