Quarant’anni di parole che attraversano i confini, si specchiano nei drammi del presente e nei sogni dei popoli. Il Premio Mondiale di Poesia Nosside non è solo un concorso letterario: è un viaggio culturale, linguistico e umano che parte da Reggio Calabria e tocca il mondo. Il professor Pasquale Amato, storico e fondatore del premio, ne è l’anima instancabile.

«Siamo arrivati a 110 Paesi, 170 lingue e dialetti, e cinque vincitori assoluti provenienti da quattro continenti. Un risultato che ha superato le nostre stesse aspettative». Così Amato commenta il successo dell’ultima edizione, che ha visto tra i premiati una poetessa reggina, un autore palestinese, un poeta del Bangladesh e uno spagnolo con un componimento sui femminicidi a Ciudad Juarez.

Il Nosside si conferma specchio del tempo e dei suoi squilibri. Gaza, i diritti negati, la violenza sulle donne, la memoria dei popoli: i versi raccontano l’umanità più di mille editoriali. Eppure, proprio sul fronte europeo, qualcosa si è incrinato: «Per la prima volta il premio speciale Nosside Europa non è stato assegnato. La giuria non ha trovato testi all’altezza, forse perché si è smarrito il senso dell’idea europea».

Amato non si arrende: «La sfida più ardua dell’Europa è unirsi senza annullare le differenze. Ma finché non supereremo il diritto di veto dei singoli Stati, resteremo paralizzati». Parole che pesano, dette da chi continua a lavorare per un premio che mette in dialogo le grandi metropoli e i piccoli borghi, da L’Avana a Londra, da Pisa a Gallicianò.

Ed è proprio qui, nel villaggio grecanico dell’Aspromonte, che si è chiuso per il 40° anno il percorso itinerante del Nosside. «A Gallicianò, 29 anime e una lingua minoritaria viva, abbiamo dimostrato che la poesia non ha bisogno di platee, ma di verità».

Tra le perle di questa edizione anche la poesia sulla "fratellanza delle montagne" scritta da una poetessa cipriota: la Pentadattilo grecanica e quella di Cipro, entrambe abbandonate, si rispecchiano in un destino comune. Oppure la cima africana “Testa del Vecchio”, descritta da una poetessa del Mozambico.

Il Nosside è questo: un laboratorio di umanità dove le parole costruiscono ponti tra le culture. Già si lavora all’41esima edizione, che partirà da Cuba il prossimo 27 febbraio e tornerà a Reggio il 27 novembre. In mezzo, tappe ancora da definire, ma con un principio saldo: «Per noi un poeta di un’isola del Pacifico e uno di Gallicianò valgono allo stesso modo».

Nel tempo delle guerre, delle crisi climatiche, della solitudine digitale, il Premio Nosside resiste e rilancia. «Non è un racconto romantico, è una missione culturale. Finché ci sarà una lingua da salvare, una poesia da scrivere, noi ci saremo».