Ci sono autori che la storia letteraria ha relegato in una zona d’ombra. Nicola Misasi è uno di questi. Oggi, a riportarlo al centro del discorso culturale, è una giovane studiosa: Chiara Rocca, dottoressa in Filologia moderna e cultrice della materia in Filologia della Letteratura italiana presso l’Università della Calabria.

Chi era Nicola Misasi

Per capire il valore della sua ricerca, vale la pena ricordare chi fosse Nicola Misasi.

Autodidatta impenitente, lettore vorace, poeta senza fortuna e adolescente ribelle, nacque a Cosenza il 27 maggio 1850. A diciassette anni venne espulso dal liceo dopo una discussione con il preside. Eppure, dopo tanti anni, riuscì a entrare nel mondo della scuola come professore di lettere: prima a Monteleone, poi al Liceo Bernardino Telesio di Cosenza: «Un canto di Dante letto da Misasi era uno spettacolo», ha ricordato qualche suo studente.

Il desiderio di imporsi a livello letterario lo portò a Napoli su invito del giornalista Nicola Cafiero, tra giornali, salotti culturali e discussioni politiche. Lì nacquero amicizie decisive, come quelle con Matilde Serao ed Edoardo Scarfoglio, e anche le pagine che lo resero visibile a livello nazionale: i “Racconti Calabresi” catturarono l’attenzione di Ferdinando Martini e gli aprirono le porte delle grandi testate giornalistiche.

Chiara Rocca, dottoressa in filologia moderna, ha raccontato il suo percorso accademico e la passione che l’ha portata a pubblicare le edizioni moderne di romanzi dimenticati dell’autore cosentino, restituendo voce a una Calabria spesso trascurata dalla storia letteraria

Dentro quei racconti c’erano la nonna, la zia e le loro storie di briganti sussurrate la sera, nonché le prigioni visitate con il padre, guardia prima e soprintendente carcerario poi. C’era, insomma, una Calabria senza filtri. Oggi quella Calabria e quella voce sono il cuore del lavoro di Chiara Rocca. «Ho iniziato a studiare Misasi nel 2020», racconta, «e più procedevo, più mi accorgevo che parlava ancora della nostra società: emigrazione, violenza di genere, disuguaglianze. Temi lontani nel tempo, ma purtroppo non superati».

Insieme al Professore Enrico De Luca, Rocca ha riportato alla luce due romanzi dell’Autore caduti nell’oblio: “Anime Naufraghe” e “Il Dottor Andrea”. Il primo sepolto nelle pagine di un quotidiano napoletano del 1905, il secondo mai più ristampato dal 1921.

Durante l’intervista Rocca mostra i due libri con un sorriso che è già una dichiarazione. Dalle illustrazioni presenti nelle due copertine emerge subito la sensibilità di Misasi verso le figure femminili. L’autore racconta infatti donne diverse, ma unite da un desiderio di libertà che attraversa ferite profonde e difficoltà di ogni tipo. Quella stessa libertà Rocca non si è limitata a studiarla, ma l'ha portata anche in movimento: come responsabile del settore danza del CUS Unical, ha infatti trasformato alcuni testi in una coreografia presentata durante “Unical in Danza”, dando corpo e respiro a quelle parole che, più di un secolo fa, Misasi aveva affidato alla carta.

La riscoperta di Misasi, insomma, non è solo un lavoro accademico: è un atto di restituzione culturale. Un invito a tornare a quelle storie e a quegli autori che hanno raccontato la Calabria con uno sguardo lucido, doloroso, eppure pieno di umanità. E da qui nasce una domanda inevitabile: perché spesso i cittadini non sono pienamente consapevoli della ricchezza culturale che li circonda? Serve più divulgazione? Più scuola? O manca la volontà – individuale e collettiva – di riconoscersi in voci che ci appartengono? I tempi della diretta televisiva impongono risposte rapide, ma fuori dalle telecamere Rocca approfondisce senza semplificazioni: «Non credo che la responsabilità ricada unicamente sui cittadini, ma su un intreccio complesso di fattori sociali e culturali.

Il primo problema è scolastico: il programma nazionale, pur vasto, non lascia spazio ad autori regionali, neppure a quelli che, come Misasi, hanno avuto un peso riconoscibile anche oltre i confini locali. Restano fuori dal canone obbligatorio, e questo li condanna all’oblio». Poi c’è un secondo ostacolo, più concreto e sorprendente: la reperibilità. «Durante la stesura della mia tesi magistrale ho girato diverse città italiane alla ricerca della prima edizione del romanzo che stavo studiando. Paradossalmente, molti scritti di Misasi non sono presenti nei nostri sistemi bibliotecari, o lo sono ma non risultano consultabili. È un autore che ha dato voce alla Calabria come pochi altri, eppure oggi rimane poco noto proprio in quella terra che ha sempre raccontato». Studiare Misasi, spiega Rocca, significa anche guardarsi allo specchio: «Lo scrittore cosentino ha descritto la Calabria vera, dura, spesso ferita, immersa nella Questione Meridionale. Riconoscersi nella sua voce richiede il coraggio di affrontare i lati meno confortevoli della nostra storia».

Per questo, conclude, «sarebbe fondamentale non solo riscoprirlo attraverso un lavoro accademico accurato, ma fare in modo che i cittadini lo percepiscano come patrimonio culturale della propria terra. Una voce preziosa, che non deve andare perduta».