Nella sua ingenuità melodica racchiudeva un intero immaginario: quello di un Paese che ballava il twist, sorrideva davanti alla tv in bianco e nero e si stringeva in spiaggia per il primo bacio
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Nell’Italia che si scopriva moderna e spensierata, tra un Carosello in televisione e una Cinquecento Giannini parcheggiata in riva al mare, ci fu una canzone che, con la sua leggerezza tutta giocosa, si fece simbolo di un’epoca: “Patatina” di Wilma De Angelis. Tormentone estivo degli anni '60 per eccellenza, ma non per questo canzone “minore". Nella sua ingenuità melodica, nella sua allegria sbarazzina, racchiudeva un intero immaginario: quello dell’Italia che ballava il twist, sorrideva davanti alla tv in bianco e nero, e si stringeva in spiaggia per il primo bacio dell’estate.
Wilma De Angelis non è stata solo l’interprete di “Patatina”, ma una delle voci più versatili della nostra canzone leggera. Milanese, classe 1931, divenne un volto noto già a fine anni ’50, portando al Festival di Sanremo brani che rimasero impressi nella memoria collettiva. “Nessuno”, nel 1959, fu uno di questi: brano eseguito in coppia con Betty Curtis, e che sarebbe poi stato reso immortale da una Mina ancora acerba, ma già capace di urlare con ironia e sensualità. Ma la prima, Wilma, lo aveva cantato con uno stile più classico, sobrio, quasi elegante nella sua semplicità, confermando una duttilità rara, capace di passare dai registri sentimentali al gioco spensierato.
E che dire di “Casetta in Canadà”, cantato dalla De Angelis, ma originariamente interpretato da Gloria Christian, con quell’immaginario esotico e ingenuo che sembrava fatto apposta per l’Italia del boom economico, dove si sognava una vita lontana, magari tra betulle e caribù, ma senza mai perdere la nostalgia delle cose semplici.
E poi, per Wilma De Angelis, arrivò “Patatina”. Canzone apparentemente leggera come un soffio, uscita nel 1961: “Bambina piccolina, patatina, col naso piccolino patatino..." così cominciava e ben si adattava alle radio che suonavano nelle spiagge affollate, tra ombrelloni, secchielli, e sabbia rovente. “Patatina” è uno specchio, quasi una fotografia musicale, della società italiana di quegli anni: un’Italia che si apriva all’ottimismo, che aveva scoperto la televisione, entrata nelle case e nei bar, e che stava cambiando le abitudini degli italiani, sotto l’effetto di una crescita tecnologica e industriale senza precedenti.
“Patatina” non è solo una canzone, ma un piccolo teatro della società del tempo. C’è dentro un modo di amare ancora casto, tenero.
Ascoltarla oggi significa entrare, per un attimo, in quella stagione della vita collettiva in cui bastava una radiolina e un po’ di sole per sentirsi felici. “Patatina” fu uno di quei brani che accompagnarono le estati degli italiani degli anni ’60, quando le vacanze non erano ancora globalizzate, ma avevano il sapore di casa: Rimini, Viareggio, la Riviera ligure o quella adriatica; la Calabria, la Puglia, la Campania, la Sicilia, con le famiglie nelle utilitarie Fiat, i gelati semisciolti, e gli sguardi furtivi tra ragazzi sotto gli ombrelloni. Un’epoca in cui l’amore si scambiava con baci teneri, adolescenti o maturi, senza clamore, e dove le parole “ti amo” si sussurravano nel frastuono delle risate.
“Patatina” si affianca ad altri tormentoni che hanno fatto la storia di quegli anni. Impossibile non ricordare “Le mille bolle blu” di Mina, 1961 (stesso anno del brano della De Angelis): una voce che sapeva essere ironica e teatrale, capace di trasformare le bollicine in metafora di sogni, illusioni, frivolezze e abbandoni. O ancora “Tintarella di luna”, sempre di Mina, 1959, dove la spiaggia e l’abbronzatura diventano simboli di emancipazione e giovinezza.
Altri brani, come “Quando quando quando” di Tony Renis, portavano la seduzione su un piano più diretto, mentre “Legata a un granello di sabbia” di Nico Fidenco giocava con la malinconia estiva, quella che prende alla fine di agosto, quando le giornate si accorciano e gli amori sono destinati a svanire con le onde.
“Patatina”, ascoltata oggi, fa sorridere. Ma in quel sorriso c’è una nostalgia autentica, non stucchevole: è il ricordo di un tempo in cui la leggerezza non era superficialità, ma gioia di vivere. Le canzoni avevano uno sviluppo armonico semplice perché la vita si voleva semplice, e nella loro semplicità custodivano una forma di verità.
Wilma De Angelis, con la sua voce classica, impostata e onesta, ha dimostrato duttilità: da Patatina a Nessuno, passando per interpretazioni sentimentali e drammatiche delle canzoni della musica italiana. Ha contribuito a dar forma a quella verità. Oggi la ricordiamo per “Patatina”, certo, ma la sua carriera, proseguita anche in tv come pioniera della cucina in televisione, è testimone di un'artista completa, di un’Italia che, tra un piatto di pasta e un disco di vinile, imparava a sognare e a ridere.
Perché l’estate degli anni ’60 era così: spensierata, solare, fatta di sogni piccoli ma intensi, proprio come una canzone che non si dimentica.