In Italia un’impresa su 5 è in rosa. Aumenta la partecipazione femminile al mercato del lavoro: le aziende guidate da donne sono un milione e 300mila, sono di piccole dimensioni, il 60% sono ditte individuali, e danno lavoro a 7 milioni di persone. Sono più presenti nelle regioni del Centro e del Sud ed operano soprattutto nei settori dei servizi e del commercio. La quota di imprese con titolarità straniera ha superato il 15%.

La provincia con il maggior numero è Roma con 96mila imprese iscritte nei registri delle camere di commercio. Lo dice Unioncamere nel report realizzato con il supporto del Centro studi Tagliacarne e Sicamera. L’analisi è parte del Piano nazionale dell’imprenditoria femminile, gestito da Invitalia in collaborazione con Unioncamere per conto del ministero delle Imprese e finanziato dai fondi europei del Next Generation EU.

Le imprese femminili in Calabria

In Calabria le imprese femminili sono poco più di 38mila, rappresentano il 23,6% del totale delle aziende attive, e danno lavoro a più di 130mila persone. Poche le cooperative. Le ditte individuali sono oltre il 40%. Nel restante 60% la maggior parte non supera i 9 dipendenti. Nelle microimprese il fatturato per addetto non supera i 20mila euro, tra i 40mila e i 60mila nelle aziende di dimensioni più grandi. La Calabria è una delle regioni in cui la produzione di valore risente maggiormente dei limiti di mercato.

La provincia con il maggior numero di imprese femminili è Cosenza, seguita da Reggio Calabria, Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia. Servizi alla persona, tessile e abbigliamento, sanità e assistenza sociale, istruzione e commercio al dettaglio sono nell’ordine i settori entro i quali operano. Le imprese femminili sono una presenza importante nei contesti periferici e nei paesi a rischio spopolamento assicurando servizi di utilità sociale.

In Calabria le ditte individuali sono oltre il 40%. Nel restante 60% la maggior parte non supera i 9 dipendenti

La produttività e gli incentivi statali

Numeri in crescita ma non mancano i problemi. Le imprese femminili sono meno produttive, più piccole di dimensione rispetto alle aziende non femminili e utilizzano molto il capitale familiare per l’avvio dell’attività, cosa che limita la propensione ad investire e innovare. La ricerca dice che il 96% delle imprese femminili ha meno di 10 addetti e ha un livello di produttività inferiore del 60% rispetto a quello delle imprese non femminili. Il 37% fa ricorso al credito bancario ed il 27% ha utilizzato strumenti di sostegno alla attività aziendale facendo ricorso ad incentivi e credito di imposta. Il 15% ha utilizzato incentivi gestiti da Invitalia.

Tra Nord e Sud il divario di fatturato prodotto per addetto è molto alto. In Calabria e in Sicilia fino a tre volte più basso rispetto alla media nazionale. «È una imprenditoria matura, istruita, motivata, con una leadership consapevole quella espressa dalle donne in Italia - ha sottolineato il presidente di Unioncamere, Andrea Prete - una impresa diffusa, che alimenta anche le economie dei territori più fragili e soggetti a spopolamento. È una risorsa preziosa che va accompagnata e seguita perché continui a rafforzarsi. Le imprenditrici sono anche molto attente alle opportunità offerte dagli incentivi del sistema pubblico ma, al tempo stesso, chiedono maggiore semplificazione nell’accesso agli stessi. In tal senso, continua ad essere fondamentale la presenza di strumenti e strutture di accompagnamento oltre che di fondi».