Domani Salvini firmerà lo sblocco di 13,5 miliardi di fondi pubblici per il Ponte, ma i lavori non iniziano. Calabria e Sicilia restano con strade e ferrovie da terzo mondo, mentre già si promettono penali da 1,5 miliardi alle imprese in caso di stop. Costi di gestione altissimi, biglietti salati, impatto ambientale e rischio sismico fanno del progetto un affare per pochi e un debito certo per tutti.

Il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini ha annunciato “l’inizio storico” dei lavori del Ponte. Ma la realtà è ben diversa: nessuna gru, nessuna trivella, nessuna posa della prima pietra. L’evento servirà a firmare lo sblocco di 13,5 miliardi di euro di fondi pubblici, senza che esista ancora un progetto esecutivo approvato. Il ponte non ha ancora il via della Corte dei conti, né le autorizzazioni ambientali nazionali ed europee. L’iter amministrativo è lontano dall’essere concluso. Nonostante ciò, il governo procede, mentre cresce la lista delle criticità.

Molti studiosi e tecnici definiscono il Ponte un’opera inutile per i reali bisogni del Sud. Calabria e Sicilia soffrono da decenni di ritardi infrastrutturali: strade dissestate, collegamenti ferroviari lenti e obsoleti, trasporti locali inefficienti. Prima di un collegamento faraonico, servirebbero reti viarie e ferroviarie moderne e sicure, capaci di ridurre l’isolamento interno delle due regioni. E solo allora si potrebbe discutere se il ponte ha un senso ed una convenienza.

Secondo il Comitato “Invece del ponte”, l’opera dovrà affrontare un’ondata di ricorsi a livello locale, nazionale ed europeo. Vincoli paesaggistici, prescrizioni ambientali e nodi normativi rischiano di bloccare il progetto per anni. Anche se il Ponte dovesse essere completato, i costi di manutenzione e gestione sarebbero elevatissimi. Le prime proiezioni parlano di pedaggi più alti dell’attuale traghettamento, rendendo l’attraversamento poco accessibile per molti cittadini e poco competitivo per il trasporto merci.

Il progetto si colloca in un’area ad altissimo valore naturalistico e paesaggistico, ma anche in una delle zone a maggiore rischio sismico del Mediterraneo. Gli ambientalisti avvertono che i lavori e la struttura stessa potrebbero alterare l’ecosistema marino, minacciare la fauna e compromettere l’assetto idrogeologico dello Stretto.

Il governo ha promesso alle imprese coinvolte un “paracadute dorato”: se il Ponte non verrà costruito, scatteranno penali da 1,5 miliardi di euro, già garantite. Un assegno pronto a essere staccato anche in caso di stop definitivo, come riportato da la Repubblica.

Che il ponte si faccia o meno, il conto ricadrà sulle spalle dei contribuenti. Sia per finanziare un’opera contestata e ritenuta inutile per le priorità di Calabria e Sicilia, che per coprire penali milionarie. L’evento di domani sarà una vetrina politica perfetta per Salvini, ma ben lontana dall’essere il vero “inizio dei lavori”.