Nel 2024 sanità, politiche sociali, previdenza e istruzione hanno assorbito 669,2 miliardi di euro, oltre il 60% della spesa pubblica ma sul welfare pesano evidenti «diseguaglianze» tra le regioni. Al Nord crescono i servizi mentre il Sud arranca con prestazioni molto al di sotto della media nazionale ed europea. Trento e Bolzano sono in testa, la Calabria è ultima.

Lo dicono i dati del Rapporto 2025 del Think Tank “Welfare, Italia” promosso da Unipol in collaborazione con Teha Group, presentato a Roma nel corso del forum dal titolo “Capitale Umano: la nuova leva della competitività nazionale”. Crescono spesa ed investimenti per le politiche sociali (+35,2%), la sanità (+24,8%), l’istruzione (+21,1%) e la previdenza (+25,3%), ma si allarga il divario tra Nord e Sud del Paese. Welfare Italia ha messo a punto uno strumento che monitora la spesa nel contesto regionale di riferimento. L’analisi dice che la Provincia di Trento ha le migliori performance, mentre la Calabria è la regione in maggiore difficoltà.

I servizi e il Pil regionale 

Dai Lea agli asili, passando per la crisi demografica ed il calo del Pil regionale e pro capite, il rapporto sulle politiche sociali fornisce un lungo elenco di voci caratterizzate dal segno meno. La debolezza strutturale della regione si aggrava di anno in anno accentuata dal crollo delle nascite e dall’aumento dell’età media della popolazione in un rapporto di squilibrio tra forza lavoro e pensionati. Meno occupati portano al calo del Prodotto interno lordo e del suo valore aggiunto rendendo difficile attuare politiche di welfare in linea con il resto del Paese. 

I settori in crisi

La sanità è uno dei punti dolenti. Sui Lea i conti non tornano e anche sul fronte della prevenzione i ritardi sono evidenti. In Calabria aumenta la spesa per l’accesso alla sanità privata: nel 2023 è stata pari a 475 euro pro capite. La regione, insieme a Campania e Sicilia, è tra le ultime per numero di asili nido pubblici con una quota percentuale inferiore sia alla media nazionale sia alla media europea. Manca il lavoro e la quota di persone a rischio povertà ed esclusione sociale, la più alta d’Europa, è al 48,8% contro l’8,8% del Trentino Alto Adige.

La crisi delle nascite, il Pil, le pensioni

Sul fronte della crisi demografica secondo lo studio Campania e Calabria registrano «valori particolarmente critici». Le cinque province che da qui al 2025 segneranno la maggiore diminuzione delle nascite saranno Catanzaro (-19,6%), Reggio Calabria (-19,5%), Vibo Valentia (-18,5%), Potenza (-17,3%) e Cosenza (-17,0%). Sul fronte delle dinamiche migratorie in ingresso, secondo il rapporto, ci sarà una diminuzione rilevante nelle province di Ragusa (-19,8%), Matera (-18,1%), Reggio Calabria (-18,1%), Campobasso (-18,1%) e Cosenza (-17,9%). La Calabria nei prossimi 30 anni vedrà ulteriormente calare il Pil regionale, ma il contesto non potrà reggersi solo grazie alle pensioni.   

Le previsioni per il futuro

Il capitale umano, che è il tema dello studio, cercherà altre vie per mettersi in gioco e trovare un contesto socio economico adeguato alle proprie ambizioni. La fuga dei cervelli proseguirà anche dalla Calabria. Competenze portate altrove che faranno arricchire e potenzieranno aziende operanti in altri contesti territoriali. La riduzione del numero di abitanti, l’innalzamento dell’età dei residenti e l’aumento delle pensioni porterà alla ulteriore riduzione del Pil regionale. La Calabria oggi è in testa seguita dalla Sicilia. Le province in cui il Prodotto interno lordo cresce di meno sono Caltanissetta, Pescara, Benevento, Catanzaro e Fermo.