Mentre il territorio vive una crisi strutturale, la campagna elettorale rischia di ridursi a uno scontro politico che non affronta i veri nodi, come la sanità e lo spopolamento. Occhiuto ha fretta ma la politica ha il dovere di non trasformare il voto in un passaggio vuoto e superficiale
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La Calabria viene trascinata alle elezioni regionali anticipate in fretta e furia, come se fosse un capriccio di palazzo. Ad agosto, quando il sole batte forte e molti hanno la testa lontana, la Calabria si trova improvvisamente immersa nel caos di una campagna elettorale lampo, compressa e confusa. Un gioco di potere che nulla ha a che vedere con le necessità vere di una terra che soffre.
Va dato atto al presidente Occhiuto di aver intrapreso la guida della giunta regionale con molta passione, e con tanta voglia di dimostrare, dopo una lunga carriera nelle istituzioni, di risolvere i troppi problemi della Calabria. Ma col passare del tempo è emersa la sua propensione a giocare da solo, a provare sempre più fastidio al confronto, tanto da lasciare ai margini i partiti e i consiglieri della sua stessa maggioranza, e praticamente l’intera giunta regionale. Ma tant’è: Occhiuto è uno dei presidenti di regione più amati d’Italia, grazie anche ad una costante e incessante presenza sui social. Ma in passato abbiamo visto diversi presidenti risultare molto amati. Il finale poi è stato tutt’altro.
Le improvvise vicende giudiziarie lo hanno fortemente innervosito, tanto da sospettare di tutto e di tutti, fino a decidere, senza alcuna condivisione, di rassegnare le dimissioni, che nessuno gli aveva chiesto, che hanno inevitabilmente portato allo scioglimento del consiglio regionale con molti mesi di anticipo. Ma perché? Cosa teme davvero il presidente? Se lui dà per certo, e noi glielo auguriamo sinceramente, di uscire indenne dalle inchieste, che si fanno sempre più gravi, per quale ragione ha improvvisamente deciso di mandare tutti a casa e di schiacciare la campagna elettorale fino a ridurla a poche settimane, e per giunta in piena estate? Che razza di democrazia è questa?
E mentre si prepara l’ennesimo duello di slogan, nessuno parla di una Calabria che continua a perdere pezzi, dei giovani che partono, non per avventura ma per necessità, lasciando dietro di sé paesi svuotati e piazze silenziose. Intanto i centri storici si svuotano totalmente, le case restano chiuse come ferite aperte, i servizi essenziali crollano. Nella sanità, i pronto soccorso sono al collasso e si muore aspettando un’ambulanza; le infrastrutture restano ferite da decenni di incuria; nell’economia, il lavoro stabile è un miraggio. E intanto crolla anche il turismo e l’agricoltura viene soffocata dal clima impazzito.
Eppure, chi dovrebbe dare risposte preferisce la via breve dello scontro elettorale. Si preferisce alimentare la rissa politica anziché aprire un confronto vero su come trattenere i nostri ragazzi, su come ripopolare i borghi, su come riportare fiducia in un territorio che merita ben più di essere teatro di campagne elettorali improvvisate.
Questa non è una normale dialettica democratica: è l’ennesima distrazione di massa. E il rischio è chiaro: un voto affrettato, superficiale, che premierà chi promette di più senza spiegare come. Ma alla fine non vincerà nessuno, perderà la sana politica, mentre la maggioranza dei cittadini elettori resteranno a casa.
La Calabria non ha bisogno di chiacchiere urlate e di propaganda in svendita. Alla Calabria per la prossima legislatura urge una strategia concreta per invertire la rotta. Piani credibili per sanità, infrastrutture, occupazione giovanile e sviluppo dei territori. C’è un disperato bisogno di tempi certi e responsabilità chiare. E serve che ogni candidato ci metta la faccia, non solo il sorriso da comizio.
Se anche questa volta tutto si ridurrà a un duello di bandiere, a vincere sarà sempre di più l’astensione, e a perdere sarà la Calabria intera. Ma in queste condizioni, la speranza sarà ancora una volta barattata con il rumore di una campagna elettorale urlata ma vuota.