L’arte della seta rivive in Calabria e strega anche Gucci, la sfida vinta di tre giovani imprenditori

Domenico, Giovanna e Miriam hanno deciso di investire su filiere produttive del tutto abbandonate. Nasce così la cooperativa agricola Nido di seta che oggi è un'eccellenza: «Questa regione è una miniera d'oro ancora poco valorizzata»

di Franco Laratta
14 gennaio 2023
17:28

Si chiama Nido di seta, ha sede a San Floro, nasce da un’idea di tre giovani: Domenico, Miriam e Giovanna. Di loro hanno parlato un po’ tutti, anche i grandi giornali nazionali, come “Il Corriere della Sera” che recentemente ha dedicato molto spazio al Nido di seta. Questi ragazzi hanno investito il loro tempo e le loro risorse su alcune filiere produttive del tutto dimenticate, anzi andate perdute, come la filiera del cotone e la filiera della seta.

E c’è anche una gran bella notizia, ultima solo in ordine di tempo: la cooperativa Nido di seta diventa fornitore di materia prima per le produzioni Gucci, con l’obiettivo di arrivare a produrre "il primo foulard di seta da filiera al 100% Made In Italy”. E la cosa non è di poco conto.


Grazie a Domenico, Miriam e Giovanna è stato possibile riscoprire le antiche tradizioni artigianali. Questo è accaduto perché i tre amici e soci hanno vinto la sfida di ritornare in Calabria, e soprattutto di rimanere nella nostra terra investendo sulle nostre risorse naturali, sfruttandole al meglio. Come dire: anche in Calabria si può. E si deve.

"Nido di Seta" nasce in un piccolo comune di 600 abitanti, San Floro, a 20 km da Catanzaro. I ragazzi sono partiti da un terreno di 5 ettari con 3000 piante di gelso. Hanno così riportato in vita la memoria di Catanzaro capitale della seta, così com’era alcuni secoli fa. È nata una filiera di gelso-bachicoltura, partendo dalla coltivazione per arrivare alla lavorazione e quindi alla manifattura del prodotto finito.

Grazie a Nido di Seta si produce la materia prima, ma si realizzano anche capi da mettere in vendita. E c’è dall’altro: questa attività ha prodotto turismo. Infatti sono centinaia i ragazzi e gli studenti che vengono a visitare l'azienda, che ha organizzato corsi di tecniche di allevamento del baco, per poi passare alle tecniche di lavorazione e tessitura. La curiosità è molta, l’interesse è crescente verso quella che era un’attività completamente dimenticata, cancellata, ma che ora può portare ad un futuro importante in termini di produzione, di attività lavorativa, occupazionale e quindi turistica. Nido di Seta insegna ai giovani a recuperare le nostre migliori tradizioni, per poter progettare un futuro per i tanti che decidono di rimanere in Calabria.

Domenico Vivino, Miriam Pugliese e Giovanna Bagnato hanno realizzato il loro sogno, hanno già raggiunto obiettivi importanti, come il recupero dell' antico gelseto di 3000 piante, allo scopo di riportare in vita una nuova “via della seta”. 

Forse non tutti sanno che dal XIV al XVIII secolo, Catanzaro era addirittura la capitale europea della seta, una tradizione antica, molto sentita. Giovanna, Miriam e Domenico avevano lasciato già da alcuni anni la Calabria in cerca di lavoro nel Nord Italia, e poi anche all’estero. Ma il richiamo della terra si è fatto sempre più forte. Così decidono di ritornare, avendo già in testa un progetto da realizzare. Un’idea che sembrava piuttosto un sogno, un’illusione. Qualcosa di irrealizzabile. Ma loro, invece, erano decisamente convinti di farcela. Così i tre giovani proposero al piccolo comune di San Floro di poter recuperare e utilizzare quel terreno abbandonato con oltre 3.000 gelsi ormai perduti. Passato un po’ di tempo tra un’autorizzazione e l’altra, nel 2014 hanno fondato la cooperativa Nido di Seta. I ragazzi ci sono divisi compiti: Miriam al processo artigianale della seta e delle tinture naturali, ai servizi turistici e all’amministrazione, Domenico all’ambito agricolo e dell’agriristorazione, Giovanna alla creazione di monili in seta e a dipingere i tessuti.

Dice Miriam, «questo progetto era quello che meglio coniugava i nostri ideali. È stata una scelta di cuore. Vendiamo i tessuti ad alcuni atelier importanti, ma manteniamo anche una nostra linea verso la clientela diretta».

A San Floro c’è un museo della seta, nel Castello Caracciolo, con cimeli unici. C’è anche un percorso naturalistico nel cuore di una pineta. Gli ospiti possono anche degustare i prodotti biologici del territorio. I dati sono stati subito interessanti. Nel 2019 sono stati ospitati 6.500 turisti, provenienti da tutto il mondo. Poi purtroppo è arrivato il Covid-19 e tutto è stato rallentato. Ma i nostri ragazzi sono andati avanti, Nido di Seta ha organizzato una serie di corsi tematici sulla lavorazione e la tessitura, e anche sull’allevamento del baco da seta, richiamando notevole interesse dagli Stati Uniti, dall’Argentina e da diversi paesi europei.

I tre ragazzi della cooperativa sono convinti che «oltre a ricordare l’importanza della tutela del territorio, per noi il messaggio più importante da trasmettere è che dalla nostra cultura e dal nostro passato si possono porre le basi per il futuro: noi siamo seduti su una miniera d’oro, che è la nostra terra, ma che purtroppo non è abbastanza valorizzata». 

Per i tre giovani imprenditori è importante tenere fede ai loro principi, andando avanti con determinazione. La loro impresa è nata non da finanziamenti pubblici o da capitali privati. Tutto si deve alla testardaggine e alla determinazione dei ragazzi, sempre più convinti di utilizzare al meglio le risorse che già esistono, per poter crescere e sviluppare idee innovative: «Non è vero che qui non cambierà mai nulla, va eliminata questa mentalità, perché siamo noi il cambiamento».

Così, di recente è stata lanciata l’iniziativa ‘Pianta un gelso’. L’idea è nata non solo per ampliare la loro produzione, ma soprattutto per dare a tutti la possibilità di essere parte integrante del cambiamento, grazie al progetto di agricoltura condivisa.

Leggi anche

Per Giovanna, Miriam e Domenico si tratta di un progetto importante, perché il gelso ha una crescita veloce, tanto da essere utilizzato nei progetti di agroforestazione; non necessita di particolari tecniche di coltivazione e si adatta benissimo a qualsiasi tipo di terreno. E poi c’è un aspetto di particolare importanza: il gelso contribuisce a frenare il dissesto idrogeologico, grazie al loro particolare apparato radicale e ad un maggiore assorbimento di Co2. Un’ulteriore dimostrazione che con impegno e passione si possono raggiungere traguardi inimmaginabili.

GUARDA I NOSTRI LIVE STREAM
Guarda lo streaming live del nostro canale all news Guarda lo streaming di LaC Tv Ascola LaC Radio
top