Il 15 settembre di 32 anni fa, la mafia assassinava a Palermo Don Pino Puglisi. Un sacerdote, poi proclamato Beato, che aveva osato dire ai ragazzi di Brancaccio che la vita poteva essere diversa, che la dignità non andava svenduta. Le sue parole, oggi, bruciano ancora: «Combattere la mentalità mafiosa, che è poi qualunque ideologia disposta a svendere la dignità dell’uomo per soldi». I soldi e il potere, ovvero la ragione di vita di tanti esponenti delle istituzioni, senza scrupoli, capaci di tutto.

«Svendere la dignità dell’uomo per soldi» non era solo un monito contro Cosa Nostra, ma un avvertimento per tutti. E guardando l’Italia di oggi, quelle parole di don Puglisi raccontano la politica contemporanea: un sistema sempre più malato, divorato da corruzione, ossessionato dal denaro e dal potere.

Gli scandali degli ultimi mesi lo dimostrano. Dalle inchieste sugli appalti truccati alle tangenti mascherate, dai fondi pubblici usati come bancomat personali ai favori in cambio di voti. Una spirale perversa che sta minando le istituzioni locali fino alle fondamenta. Certa politica si muove tra inganni e tradimenti, bugie sistematiche e campagne di odio studiate a tavolino. Le “macchine del fango” non sono più un’eccezione, ma un’arma quotidiana per distruggere chi osa opporsi.

La corruzione non è mai un atto isolato. È un’incultura corrotta che diventa sistema, un compromesso sporco che trasforma le istituzioni in terreno di scambio. Un cancro che corrode la fiducia dei cittadini e blocca lo sviluppo del Paese. Le conseguenze le viviamo ogni giorno: opere pubbliche mai completate, giovani costretti a fuggire per trovare un futuro, famiglie che sopravvivono a stento mentre fiumi di denaro si disperdono in ramificazioni clientelari. Ma il problema non riguarda solo i corrotti. Riguarda anche noi, se ci rassegniamo, se accettiamo l’idea che “tanto sono tutti uguali”, se chiudiamo un occhio davanti ai ladri in giacca e cravatta. La rassegnazione diventa complicità pericolosa della corruzione e della mentalità mafiosa.

E i numeri lo confermano: secondo uno studio recente, la corruzione costa all’Italia almeno 237 miliardi di euro l’anno, pari a circa il 13% del PIL. Un fiume di denaro sottratto a scuole, sanità, istruzione e infrastrutture. Non a caso, nell’ultimo Indice di Percezione della Corruzione di Transparency International, l’Italia si colloca solo al 52° posto su 180 Paesi, con un punteggio mediocre di 54 su 100. All’interno dell’Unione Europea, siamo al 19° posto su 27.

Don Puglisi lo aveva capito: mafia non è solo chi spara, ma chi calpesta la dignità umana per arricchirsi. La corruzione politica è mafia di Stato. È un crimine morale che ipoteca il futuro delle future generazioni. Oggi, nel giorno dell’anniversario dell’assassinio di don Pugliesi, ricordarlo significa chiamare le cose con il loro nome. La corruzione è il cancro della politica italiana. Finché non verrà estirpata con rigore e determinazione, questo Paese resterà per sempre prigioniero di un sistema di potere corrotto.