Ma in tutto ciò l’Europa? È questa la domanda che in molti si pongono a 48h dall’attacco americano che ha aperto nuovamente scenari imprevedibili in un mondo in continua evoluzione.
Sembra ormai un dato certo, quasi inconfutabile, che l’Europa dà a tutti l’impressione di rimane a guardare senza un’idea di come muoversi ed in quale direzione. Eppure è un dato di fatto che senza una chiara visione ed una reazione fulminea diventeremo sempre più marginali in uno scenario così incerto.

Draghi aveva avvisato tutti, e senza aver avuto mai dubbi possiamo dire che aveva ragione lui quando pochi mesi fa consigliò al parlamento europeo di agire come un unico Stato. In effetti, il tempo sembra non essere più dalla parte dell’Europa e la sua economia che “ristagna”, mentre
gran parte del mondo cresce e si definisce.

L’unica strada che rimane è avviare al più presto un processo di unione economico-bancaria che porti agli Stati Uniti d’Europa, in grado poi di difendersi da un’inflazione che continuerà a soffocare famiglie e imprese. Bisogna agire su quelle misure che servono all’Ue per colmare il divario competitivo su tecnologia, Ai, energia, commercio, ambiente, difesa, altri ambiti strategici e fonti di energia alternative in grado di renderci un minimo autonomi.

Ma le idee dove sono? Da chi provengono? C’è un silenzio imbarazzante persino per Ursula von der Leyen che finora ha saputo mantenere un equilibrio in grado di non far percepire mai così tanto immobilismo.

Mentre la politica italiana è in mano ai social media manager, che fanno sembrare tutto perfetto ad ogni livello, è in corso la fuga dei migliori manager, dottori, tecnici e professionisti alla volta di quello che sarà forse il nuovo Occidente. Si, perché la fuoriuscita delle nostre menti non si riversa più verso gli stati membri dell’unione europea ma verso il potere economico del mondo arabo che compra ormai ogni cosa.

Oggi, con l’entrata in guerra dell’America contro l’Iran quale sarà la strategia europea qualora accada ciò che gli esperti temono, cioè la chiusura dello Stretto di Hormuz? Avrebbe conseguenze importanti sul commercio di energia, da lì transita circa il 30% del petrolio mondiale.

Un eventuale blocco del commercio marittimo provocherebbe un aumento importante dei prezzi energetici, con una ricaduta negativa per l’Europa e per il nostro Paese. Tutti i dati statistici ormai narrano come la stabilità del Golfo Persico sia cruciale per l’export italiano, soprattutto in settori come il lusso e i beni di consumo.
L’intera area è diventata un mercato importante per i prodotti made in Italy, soprattutto quelli enogastronomici che vedono il Sud Italia protagonista, e qualsiasi instabilità potrebbe avere un impatto negativo sull’economia italiana. A questo punto non ci resta che aspettare una ripresa delle riflessioni tecniche e politiche del vecchio continente. Ma nel frattempo, con tempi di azione così lunghi dovuti a regolamenti ormai superati, le famiglie e le imprese reggeranno un altro violento attacco alla propria stabilità economica?