Mentre i missili russi continuano a devastare l’Ucraina, l’Unione Europea affronta una duplice pressione: quella militare sul campo e quella politica, diplomatica e mediatica proveniente dall’esterno e dall’interno dei suoi stessi confini. La Casa Bianca, venerdì scorso, ha lanciato una bordata senza precedenti attraverso il documento di “strategia nazionale” firmato dall’amministrazione Trump, con toni apertamente antieuropei e persino previsioni di «erosione di civiltà» per il Vecchio Continente.

La risposta ufficiale europea, però, appare debole e frammentata. Non emergono dichiarazioni nette da Ursula von der Leyen, né dal cancelliere tedesco o dal presidente francese: a parlare è soltanto un portavoce della Commissione, che ricorda genericamente l’importanza del partenariato transatlantico. Sul fronte italiano, la premier Giorgia Meloni minimizza, assicurando l’assenza di fratture con Washington e ribadendo la necessità di un’Europa capace di difendersi autonomamente. Il ministro della Difesa Crosetto conferma l’orientamento italiano: «Finiti i regali dagli Usa, alla difesa dovremo pensarci noi».

La debolezza percepita dell’Europa si riflette anche nella gestione dei dissidi interni. Viktor Orban, premier filorusso dell’Ungheria, accusa i leader europei di preparare una guerra, suggerendo che l’Unione voglia essere pronta allo scontro «entro il 2030» e lasciando intravedere la possibilità, per governi nazionali come il suo, di restarne fuori. La narrativa di autodistruzione interna si sovrappone a quella esterna, rafforzando l’immagine di un’Europa che sembra dividersi e indebolirsi di fronte alle minacce.

Nel frattempo, la critica all’Unione proviene anche dal settore privato. Elon Musk, infuriato per una sanzione da 120 milioni di euro per violazioni delle norme sui servizi digitali, ha dichiarato che l’UE «dovrebbe essere abolita» e la sovranità restituita agli Stati, ricevendo immediato appoggio dai vertici russi. Questi episodi rafforzano la percezione di un continente sotto assedio, non solo sul piano militare, ma anche su quello politico, economico e simbolico.

Sul fronte ucraino, la guerra continua senza sosta: missili e droni colpiscono obiettivi strategici, provocando black-out e danni materiali significativi. La centrale nucleare di Chernobyl, per esempio, resta parzialmente compromessa a seguito dei danni provocati da un drone russo a febbraio, mettendo a rischio la sicurezza dell’intera regione. Parallelamente, i negoziati per l’Ucraina procedono su binari paralleli, con Zelensky che dialoga con Jared Kushner e delegazioni statunitensi a Miami e prepara incontri a Londra con leader europei e britannici. L’obiettivo è contenere l’escalation e definire accordi che riducano la minaccia di nuove invasioni russe su vasta scala.

L’Europa appare così sospesa tra aggressioni esterne e conflitti interni, tra pressioni diplomatiche e sfide militari, in un contesto che richiama con forza la necessità di unità, resilienza e capacità di autodifesa. La fragilità dell’Unione è sotto gli occhi di tutti, ma l’urgenza di coordinamento e risposta collettiva sembra ancora lontana, mentre il continente osserva missili cadere e tensioni crescere.