«Stiamo subendo un’operazione di forza», riferiscono dai ponti. La nave madre Alma risulta offline, i canali di comunicazione disturbati. In volo anche caccia inglesi da Cipro per monitorare la scena.
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«Sono a bordo, sono a bordo». La voce che filtra via radio dalla Alma, la nave madre della missione, è rotta dall’interferenza e dall’urgenza. Poi il silenzio. L’ora è precisa: 20.25 locali, 19.25 in Italia. È il momento in cui la Marina israeliana ha dato lo stop definitivo alle barche della Flotilla che da giorni puntavano verso Gaza. In quell’istante le luci delle motovedette hanno acceso la notte nera del Mediterraneo, e decine di gommoni hanno preso a stringere le imbarcazioni in un cerchio soffocante.
Gli attivisti raccontano di aver indossato i giubbotti di salvataggio e di essere saliti sui ponti in attesa. Stato di emergenza dichiarato, comunicazioni disturbate, trasmissioni a singhiozzo. Paolo Romano, consigliere regionale lombardo del Partito Democratico e a bordo della spedizione, riferisce all’Adnkronos: «Abbiamo visto le luci, almeno venti unità navali, più cinque gommoni veloci. Ci hanno appena avvertiti che l’Alma è andata offline. È chiaro che siamo in fase di abbordaggio».
L’atmosfera, spiegano i testimoni diretti, è quella di un vero e proprio accerchiamento: manovre serrate, sirene, altoparlanti. Una presenza di forza sproporzionata, sottolineano, per una missione che dichiara di trasportare unicamente aiuti umanitari. «È pirateria – insiste Romano –. Il blocco navale è illegale, e così anche l’intercettazione delle nostre barche. Noi siamo nel pieno diritto delle leggi internazionali e dal lato giusto dell’umanità».
Dai social degli attivisti continuano ad arrivare messaggi frammentari. “Ci stanno puntando”, scrive un volontario da bordo della Karma, una delle barche minori della spedizione. “Abbiamo ricevuto l’ordine di fermarci. Tutti in coperta. Non sappiamo cosa succederà nei prossimi minuti”. La tensione, dicono, è altissima.
Alcuni canali internazionali hanno rilanciato la notizia della presenza di caccia britannici decollati da Cipro per monitorare la situazione dall’alto. Una mossa che segnala la delicatezza diplomatica del momento: sebbene Londra non abbia commentato ufficialmente, la presenza di velivoli in volo viene interpretata come un messaggio di attenzione e deterrenza.
Gli scenari che si aprono ora sono molteplici. Israele ha già in passato fermato con la forza le navi che tentavano di avvicinarsi alla Striscia, ma la dinamica di stasera colpisce per la rapidità e la simultaneità dell’intervento: «Ci hanno circondato in pochi minuti – racconta un attivista scampato al black out –. Prima le motovedette, poi i gommoni. Hanno acceso i fari, si sentono comandi gridati in ebraico. Tutti sono saliti sui ponti, le mani in vista. Ci aspettavamo un contatto, ma non così massiccio».
Intanto la Alma, il cuore operativo della missione, non risponde più. La nave è andata offline poco dopo l’inizio delle manovre di avvicinamento. Non è chiaro se sia stata oscurata, bloccata nelle comunicazioni, o se ci siano stati problemi a bordo. Da altre barche riferiscono che gli ultimi messaggi trasmessi parlavano di “decine di uomini pronti a salire”.
In questo clima, le ore notturne si sono trasformate in un conto alla rovescia. Ogni rumore metallico, ogni vibrazione sulle lamiere delle imbarcazioni viene interpretata come l’inizio dell’abbordaggio vero e proprio. «È una situazione irreale – dice ancora Romano –. Siamo civili, ci muoviamo in acque internazionali, eppure veniamo trattati come una minaccia militare. Non ci arrendiamo, continuiamo a denunciare».
Le immagini che filtrano – pochi secondi di video, foto scattate in fretta e diffuse prima del silenzio radio – mostrano uomini e donne con i giubbotti di salvataggio, alcuni seduti a terra sui ponti, altri in piedi, a braccia conserte. L’atmosfera è quella di un’attesa tesa, quasi sospesa. In sottofondo, il buio del mare spezzato dalle luci dei motori e dai fasci luminosi delle unità israeliane.
È il punto più delicato della missione: la notte in cui la Flotilla, diretta verso Gaza con aiuti dichiarati di natura umanitaria, si trova di fronte la forza di uno Stato deciso a impedire qualsiasi varco verso la Striscia. L’abbordaggio è iniziato, e le voci che ancora arrivano parlano di resistenza passiva, di mani alzate, di telecamere accese finché possibile.
Il Mediterraneo, stanotte, è teatro di un confronto che si gioca tra pochi metri di distanza e milioni di occhi puntati da tutto il mondo. A bordo delle imbarcazioni, tra paura e determinazione, resta solo una certezza: la cronaca in diretta di chi sussurra via radio “sono a bordo” è già diventata il simbolo di una notte di mare che rischia di cambiare il corso di una missione e, forse, molto di più.