Le zie di Andrea Sempio avrebbero versato 43 mila euro al padre del ragazzo prima delle archiviazioni firmate dal pm Venditti, oggi indagato per corruzione. Il nuovo esame del Dna trovato sotto le unghie di Chiara potrebbe cambiare tutto.
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Diciassette anni dopo il delitto di Chiara Poggi, la storia di Garlasco torna a ribollire. I carabinieri e la Guardia di Finanza hanno perquisito case, conti e telefoni della famiglia Sempio, riaccendendo i riflettori su Andrea, l’amico di Marco Poggi che per due volte era stato prosciolto da ogni sospetto. Oggi è di nuovo l’unico indagato per l’omicidio.
Il giorno dopo le perquisizioni, i Sempio si sono chiusi nella villetta di una delle zie, ai margini di Garlasco. Un pranzo di famiglia dal sapore amaro, dopo che il loro nome è finito dentro due inchieste intrecciate: quella di Pavia, che riapre il fascicolo sull’omicidio, e quella di Brescia, che indaga sull’ex procuratore aggiunto Mario Venditti, l’uomo che nel 2017 firmò la prima archiviazione di Andrea Sempio.
È proprio intorno a quelle archiviazioni che ruota il sospetto di corruzione. Gli investigatori della Guardia di Finanza hanno ricostruito una serie di versamenti sospetti: tra il 2016 e il 2017, due zie di Andrea avrebbero trasferito al fratello Giuseppe – il padre del ragazzo – circa 43 mila euro. Soldi che, secondo l’accusa, sarebbero poi finiti in parte nelle mani del magistrato.
Il quadro tracciato dagli inquirenti è quello di una rete familiare compatta, che avrebbe fatto fronte comune per “aiutare” il giovane. Ma la famiglia respinge ogni accusa. «Quelle somme servivano solo a pagare gli avvocati», ha spiegato Giuseppe Sempio, aggiungendo di aver sempre annotato le spese su foglietti e agende. Tra questi c’era anche il famoso bigliettino sequestrato dai carabinieri durante una precedente perquisizione, con scritto: “Venditti gip archivia X 20.30 €”.
Per la difesa, si tratta di un semplice appunto. «Quei 20,30 euro – chiarisce l’avvocata Angela Taccia – erano il costo delle marche da bollo per ottenere copie degli atti». Ma per gli investigatori il dubbio resta, perché i versamenti delle zie furono immediatamente prelevati in contanti, in più tranche ravvicinate.
Gli accertamenti della Procura di Brescia non si fermano ai conti bancari. Nei fascicoli sono finiti anche gli ex carabinieri che nel 2017 seguirono le indagini a Pavia: a loro vengono contestate omissioni e “contatti non giustificati” con la famiglia dell’indagato. In un verbale si parla addirittura di un incontro durato oltre un’ora per la semplice notifica di un atto.
In questo contesto, il nome di Mario Venditti è tornato centrale. È lui che, otto anni fa, scriveva: «Non si riesce a individuare alcun movente a carico di Sempio». Ora però, quel giudizio potrebbe essere stato condizionato da qualcosa di più di una valutazione processuale.
A rimescolare le carte è arrivata anche la scienza. La Procura di Pavia ha deciso di sottoporre a un nuovo esame il frammento di Dna trovato sotto le unghie di Chiara Poggi, un reperto rimasto per anni senza attribuzione certa. Il genetista Marzio Capra, consulente della famiglia Poggi, ha confermato che il campione è “integro e analizzabile”. Sarà la biologa forense Denise Albani a condurre l’esame comparativo, che metterà a confronto quel profilo con quello di Andrea Sempio.
Per la famiglia della vittima è un passaggio decisivo. «Ci sono dati probatori concreti, non supposizioni», ha commentato l’avvocato Francesco Compagna, legale di Marco Poggi. «Sembra che la scienza forense in Italia non conti più nulla, ma i fatti restano nei laboratori».
Intanto, i Sempio continuano a difendersi pubblicamente. Daniela Ferrari, la madre di Andrea, ha parlato a Quarto Grado: «Mi fa schifo che vengano rese pubbliche intercettazioni di una famiglia normale. Noi non abbiamo mai pagato nessuno». Il marito Giuseppe ha aggiunto: «Non siamo corrotti. Tutto quello che abbiamo fatto è stato per difendere nostro figlio».
Ma la realtà giudiziaria è più complessa. Le indagini bresciane dovranno chiarire se le archiviazioni firmate da Venditti furono legittime o frutto di pressioni e favori. Quelle pavesi, invece, cercheranno di stabilire se il Dna trovato sotto le unghie di Chiara corrisponde davvero a quello di Andrea Sempio.
A distanza di diciassette anni, la verità sull’omicidio di Chiara Poggi non è ancora scritta. Ma qualcosa si è rotto: la certezza, un tempo granitica, che Andrea fosse stato escluso da ogni sospetto. Ora quell’assoluzione informale vacilla, e il caso di Garlasco si prepara a un nuovo capitolo, forse il più inquietante di tutti.