Gravi ritardi, crescita debole e differenze territoriali continuano a frenare lo sviluppo. I prossimi anni saranno decisivi per capire se saprà finalmente imboccare la strada del rilancio
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Il primo Rapporto del Comitato Nazionale per la Produttività fotografa con chiarezza una realtà che il nostro Paese non può più ignorare: negli ultimi trent’anni l’Italia ha accumulato gravi ritardi, con una crescita debole e differenze territoriali che continuano a frenare lo sviluppo. Dal 1995 al 2024 la produttività italiana è aumentata in media solo dello 0,2% all’anno. Un passo troppo lento se confrontato con Germania (1%), Francia (0,8%) e Unione Europea (1,2%). Solo la Spagna, con lo 0,6%, mostra dati peggiori dei nostri.
L’ultimo anno è andato persino peggio: nel 2024 la produttività per lavoratore è scesa dello 0,9%. In altre parole, nonostante la buona tenuta dell’occupazione e la spinta dell’export, il sistema produttivo rimane fragile e poco efficiente.
Il Rapporto individua alcune cause precise: Pochi investimenti in innovazione: in Italia software, ricerca, digitalizzazione e organizzazione aziendale crescono a un ritmo inferiore al 2,5% l’anno, molto meno rispetto al 4,7% della Francia o ai livelli ancora più alti di Paesi come Svezia e Stati Uniti. Imprese troppo piccole: il 95% delle aziende ha meno di 10 dipendenti. Una frammentazione che limita l’innovazione e la capacità di competere. Le imprese più grandi, digitali e internazionalizzate raggiungono livelli di produttività fino al 70% superiori. Formazione inadeguata: mancano laureati nelle discipline scientifiche e competenze digitali avanzate. Inoltre, le competenze dei lavoratori spesso non corrispondono a ciò che il mercato richiede. Divari territoriali persistenti: nonostante i fondi del PNRR, il Mezzogiorno resta indietro per PIL pro capite, infrastrutture e presenza nei settori tecnologici. Pubblica amministrazione lenta: procedure complesse e tempi troppo lunghi che scoraggiano gli investimenti e ostacolano l’innovazione.
Eppure non mancano note positive. Alcuni comparti manifatturieri mostrano vitalità, l’export continua a sostenere l’economia e le risorse del PNRR stanno iniziando a produrre effetti, soprattutto al Sud. Le imprese che hanno saputo innovare, digitalizzarsi e aprirsi ai mercati globali dimostrano che un percorso di crescita è possibile. Il Rapporto lancia un messaggio netto: la produttività non è un tema per economisti, ma riguarda la vita di tutti. Influisce sui salari, sulla competitività delle imprese e sulle prospettive dei giovani.
Per recuperare il terreno perso serve un approccio integrato: più formazione e competenze, più innovazione, imprese capaci di crescere e una pubblica amministrazione più snella ed efficace. Non esiste una soluzione unica, ma un insieme di azioni che devono procedere di pari passo. Se l’Italia non riuscirà a colmare il divario con gli altri Paesi europei, il rischio è restare intrappolata in una crescita lenta e diseguale. I prossimi anni saranno decisivi per capire se il Paese saprà finalmente imboccare la strada del rilancio.