L’impronta n.33, isolata nel 2007 e poi analizzata dai carabinieri nel 2020, è stato attribuito all’amico di Marco Poggi, fratello della vitta. Per i pm è una prova chiave, insieme al dna sotto le unghie della vittima
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L’impronta insanguinata trovata sulla parete della scala, accanto al corpo di Chiara Poggi, è di Andrea Sempio. A stabilirlo è una perizia ufficiale della procura, che chiude ogni dubbio sulla cosiddetta “impronta numero 33”, isolata dai carabinieri del Nucleo investigativo di Milano e per anni rimasta senza nome. Oggi, a diciassette anni dal delitto di Garlasco, quel frammento riemerge con una forza dirompente: è l’amico di Marco Poggi, fratello della vittima, ad aver lasciato quella traccia.
L’impronta
Secondo gli investigatori, il segno venne lasciato prima che Chiara fosse fatta rotolare sul pianerottolo del seminterrato, dove venne poi ritrovata. L’impronta fu evidenziata nel 2007 con la luce UV, ma solo nel 2020 i carabinieri, su richiesta dell’allora procuratore Mario Venditti, la definirono “logico-fattuale” rispetto alla dinamica dell’aggressione: chi ha lasciato quella traccia era lì al momento dell’omicidio.
All’epoca, l’analisi rientrava in una serie di accertamenti tecnici sollecitati dalla difesa di Alberto Stasi, già condannato in via definitiva a 16 anni. La richiesta era quella di approfondire alcuni elementi rimasti poco esplorati nei processi precedenti. Tra questi, proprio l’impronta 33, che i militari segnalarono come “potenzialmente significativa”. Ma la Procura, nel 2020, scelse di non seguirne le indicazioni.
Il dna sotto le unghie di Chiara Poggi
La svolta arriva però due anni dopo, nel 2022, quando Andrea Sempio – già emerso nelle indagini per la presenza del suo dna sotto due unghie della vittima – viene convocato in caserma per il prelievo coatto del materiale genetico. In quell’occasione, gli vengono acquisite anche le impronte digitali, attraverso uno scanner. Un passaggio che poteva sembrare di prassi, ma che si rivela decisivo.
Il 17 aprile successivo, Sempio viene richiamato per ripetere il prelievo con il metodo tradizionale a inchiostro. Motivo ufficiale: un difetto nei vetrini. Ma in realtà, spiegano oggi fonti investigative, si trattava di ottenere un riscontro più preciso su materiali contaminati da sangue, in modo da confrontare al meglio l’impronta sul muro.
La comparazione, conclusa con una perizia disposta dalla Procura, ha fornito un esito inequivocabile: l’impronta sulla scena del delitto è di Andrea Sempio. Il contatto papillare numero 33 è compatibile con l’anulare destro del giovane, che oggi risulta ufficialmente indagato per l’omicidio.
È questa la prova più solida, assieme al dna già individuato sotto le unghie della ragazza, che colloca Sempio sulla scena del crimine in un momento compatibile con l’aggressione. Secondo gli inquirenti, non si tratta più di una semplice presenza da spiegare, ma di un dato oggettivo: quella traccia è sangue, ed è stata lasciata da chi era a stretto contatto con la vittima mentre moriva.
Sempio non si è presentato in Procura
I pubblici ministeri di Pavia, che hanno formalizzato l’indagine a suo carico, avrebbero voluto contestare direttamente questa prova a Sempio, ma il giovane, finora, non si è presentato in procura. L’ipotesi è che gli investigatori intendano procedere ora con un interrogatorio formale o con ulteriori accertamenti.
Il caso Garlasco torna così al centro dell’attenzione, con un elemento nuovo, concreto e potenzialmente decisivo. Un’impronta che era lì fin dall’inizio, ma che ha atteso quasi vent’anni prima di trovare un nome. E forse, una risposta.