La festa di Fratelli d’Italia raduna governo, opposizioni, giornalisti, sportivi e volti dello spettacolo. Altro che outsider anti-sistema: Atreju diventa il nuovo centro del villaggio politico-mediatico. Tra direttori, vescovi, star televisive e amarcord politici, il festival diventa la nuova vetrina del mainstream italiano
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Vi ricordate Giorgia Meloni l'underdog, quella che saliva sui palchi rivendicando di essere fuori dal sistema, anzi contro? Bene: archiviatela. La versione 2025 ha smesso i panni della sfavorita e si presenta come anfitrione del più vasto salotto politico-mediatico della stagione. Sabato, nei giardini di Castel Sant’Angelo, comincia Atreju, la festa di Fratelli d’Italia che si concluderà domenica 14. Non un appuntamento di partito, ma una sorta di grande condominio nazionale in cui sfilano ministri, opposizioni, giornalisti, sportivi, star tv e reliquie del passato politico. Mattia Feltri lo riassume con chirurgica ironia: «Ci sarà l’intero governo, due terzi dell’opposizione, settantasette giornalisti di cui ventiquattro direttori. Sindaci, presidenti di Regione, campioni dello sport, gente di spettacolo come Mara Venier, Carlo Conti, Raoul Bova». Altro che outsider: questa è la planimetria del potere.
E se qualcuno dubita del clima, basta evocare l’elenco. Sul palco saliranno Andrea Malaguti della Stampa, Luciano Fontana del Corriere, Enrico Mentana, Marco Travaglio, Bruno Vespa. Ci sarà Matteo Zuppi, presidente dei vescovi italiani. Ci sarà perfino il confronto tra Carlo Nordio e Antonio Di Pietro, in una sorta di amarcord giudiziario che profuma di decenni passati. E comparirà Silvia Albano, presidente di Magistratura democratica, una presenza che racconta più di molte analisi sulla metamorfosi del baricentro politico. Ci sarà l’amarcord con Gianfranco Fini e Francesco Rutelli, a certificare che la nostalgia è un collante più potente di qualsiasi ideologia.
A completare il quadro, sportivi e volti dello spettacolo. Mara Venier, Carlo Conti, Raul Bova. Manca solo la sigla di Sanremo per chiudere il cerchio. Michele Serra, con quella sua capacità di sintetizzare la sociologia italiana in una battuta, osserva che Atreju «è il segno più evidente della vocazione consociativa del potere italiano». Una sorta di Meeting di Rimini ma con «un evidente viraggio romano, non in senso littorio, ma in senso viale Mazzini». Il che vuol dire che più che una festa politica sembra uno speciale del sabato sera, con atmosfera da trattoria dei dintorni. Serra aggiunge che non sorprende l’assenza di Fiorello, «troppo scafato per caderci», quasi dovesse garantire che una quota di leggerezza è ancora libera da inviti istituzionali.
Nel frattempo aleggia la domanda che nessuno osa prendere sul serio ma tutti si pongono: come mai non è stato invitato Bocelli a cantare «Vinceròooooooo!»? E dov’erano Totti, Ilary Blasi, Chiara Ferragni e Fedez a discutere delle complesse problematiche della famiglia tradizionale? Sarebbe stata un’agenda perfetta, degna di un festival dove il confine tra talk politico e intrattenimento pop evapora con una naturalezza sorprendente.
Feltri nota che «ricordate l’underdog? Scordatevela». Siamo davanti al nuovo mainstream, alla nuova grande festa nazional popolare e della classe dirigente. Qui bisogna andare se si vuole stare «al centro del villaggio». L’allarme fascismo? «Farlocco», dice l’editorialista, e ora tramonta. Sorge invece una forma diversa di egemonia culturale, quella che mescola sacro, profano, informazione, potere e intrattenimento. Tutti insieme appassionatamente, purché davanti a un palco.
E siccome ogni festival vuole il suo momento di suspense, giovedì 11 dicembre ci sarà «l’imperdibile» dibattito tra Arianna Meloni e Raoul Bova, reduce dalla separazione da Rocío Muñoz Morales e dalla liaison con Martina Ceretti, con tanto di audio privati diffusi ovunque. Ad Atreju discuteranno di deep fake, web reputation e odio social. Una cornice perfetta, visto che l’attore è stato avvistato più volte nei ristoranti romani con la giovane compagna Beatrice Arnera. L’unica suspense, a questo punto, è se riuscirà a stregare la “Sorella d’Italia” fra un panel sulla disinformazione e un selfie collettivo.
È questo che resta, nell’immensa folla che si accalca tra politica, televisione e spettacolo. Una grande ammucchiata pacifica, anzi paciosa. Un bene, forse, perché la convivenza civile è sempre meglio delle barricate. O un male, perché i famosi «no che aiutano a crescere», quelli della pedagogia meno rammollita, cedono il passo ai «sì che aiutano a campare». E se il potere italiano ha una vocazione consociativa, Atreju ne è oggi la festa di incoronazione.
In fin dei conti, lo ricorda Feltri, si chiamano Fratelli d’Italia e Forza Italia i due terzi del potere nazionale. Il terzo terzo, la Lega, è comunque in programma, insieme a porzioni notevoli dell’opposizione. Il risultato è semplice: l’ex underdog governa la festa, il palcoscenico, il racconto. Tutto il resto si adegua.

