La rinascita del vecchio borgo abbandonato ha un nome e un volto, quelli del presidente della Pro Loco Carmine Verduci che con i suoi ragazzi da anni lavora per la valorizzazione del territorio a cui è legato anche il brand Valle degli armeni
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Arrivo al Parco archeologico urbano di Brancaleone Vetus in quella che si può ben definire l’ora d’oro. Sono le 19 di una calda giornata di agosto e il sole che si abbassa colpisce obliquo le pareti di roccia sedimentaria giallo ocra, facendole brillare. Sembra di vedere risplendere lingue d’oro che percuotono le marine e le campagne addossate al torrente Torno, la fiumara di Bruzzano.
Il mio appuntamento è con Carmine Verduci, presidente della Pro Loco di Brancaleone, instancabile animatore e costruttore di comunità che, attraverso il suo impegno, ha rimesso in piedi il Parco archeologico urbano, generando un modello che si è affermato e che costituisce una buona pratica per tutti i paesi limitrofi.
«Il progetto di riqualificazione e rigenerazione di Brancaleone Vetus parte nel 2013, appena due anni dopo la nascita della nostra Pro Loco. All’epoca il luogo dove stiamo camminando era letteralmente coperto di sterpaglie alte due metri in un sito che era già stato oggetto di intervento sia da parte della Sovrintendenza per i Beni Culturali di Reggio Calabria, sia da parte della Regione, grazie a finanziamenti POR. I soldi erano stati spesi, ma il sito era poi stato abbandonato. Sicché abbiamo preso scope, attrezzi e tanta buona volontà e ci siamo messi a ripulire, riportando a uno stato di normalità e percorribilità tutti i sentieri turistici che arrivavano o partivano dal parco», racconta Verduci.
E in effetti di lavoro ne è stato fatto parecchio. Oggi Brancaleone Vetus, l’antica Sperlinga fondata tra il VI e il VII secolo d.C. e abitata da monaci eremiti provenienti da Siria, Cappadocia, Grecia, è meta di turismo archeologico, escursionismo e campo di volontariato per giovani. Sospeso tra la collina e il mare e modellato tra gli strati di arenaria e peliti che corrono orizzontali, il Parco archeologico urbano, domina la media valle guardando il mare e vi si respira un’atmosfera rarefatta che evoca meditazione e ascetismo.
«In questo pezzo di Calabria greca è presente un’importante testimonianza armena. Gli armeni che fuggivano dalla persecuzioni ottomane si insediarono tra Brancaleone e Ferruzzano intorno al XVII secolo, lasciando tracce indelebili che ritroviamo nei ruderi, nelle grotte, nelle cisterne e nei luoghi dedicati alla meditazione e al culto ancor perfettamente riconoscibili. Riscoprire un passato ricco di incroci culturali ci ha spinto a realizzare il progetto Renaissance Brancaleone Vetus che promuove un nuovo rinascimento culturale. Abbiamo progettato e realizzato diversi itinerari turistico-esperienziali che ruotano attorno al brand – se vogliamo chiamarlo in questo modo – Valle degli Armeni attorno a cui stanno nascendo tante iniziative. Ne è venuto fuori un modello a cui guardano le associazioni dei paesi limitrofi che da anni si occupano dei loro borghi attraverso azioni di rigenerazione urbana», continua.
Quello di parla Carmine può essere sintetizzato così: approccio multilivello e multistakeholder, stipula di partenariati istituzionali, attività di volontariato con l’obiettivo di accrescere il sentiment positivo della comunità, promuovere la partecipazione, rafforzare la partecipazione nella valorizzazione di beni e luoghi che appartengono a tutti.
«Abbiamo voluto dimostrare come in Calabria si possa valorizzare semplicemente con il volontariato puro. Siamo partiti da una programmazione triennale delle attività progettuali. Abbiamo promosso e adottato protocolli di intesa con gli enti come quello stipulato con il Comune di Brancaleone e con la Soprintendenza di Reggio con cui sono in cantiere tante cose di cui parlerò a tempo debito. Non è mancato il coinvolgimento di EPLI nazionale per la strutturazione di percorsi di servizio civile universale, né la collaborazione con le scuole attraverso l’offerta di percorsi di educazione al benessere e al bene comune. Oggi possiamo dire che inseme si può», prosegue.
Come pochi altri che io abbia conosciuto, la fama di Carmine lo precede: lui è l’uomo che sa fare comunità, che sa coinvolgere e che sa trasmettere quanto sia importante lavorare per un bene collettivo. «Una volta costituita la Pro Loco mi sono semplicemente ad applicare il suo statuto che prevede la valorizzazione dei beni culturali e la difesa dell’ambiente, cercando al chiave giusta per per entrare nel tessuto sociale e umano di Brancaleone, rilevando esigenze e stimolando la partecipazione pubblica di tutta la cittadinanza. La Pro Loco è formata da un gruppo di 27 persone, ma, quando c’è da lavorare e collaborare, non guardiamo di certo le tessere. Questo senso di trasparenza e lealtà verso la mia comunità ha portato i suoi frutti. Sono arrivati tanti contributi e la nostra visione si è ampliata. È così che con Sebastiano Stranges abbiamo dato vita a Kalabria Experience: all’inizio una costola della Pro Loco, in seconda battuta un’iniziativa che è diventata autonoma. Un progetto nato come gruppo di promozione territoriale, ma che nel tempo si è affermato come punto di riferimento per tutta la Calabria e perno per tutti i progetti di rigenerazione urbana».
Carmine, che parla con la forza e l’evidenza dei risultati, si dice fiero di aver creato le condizioni per riportare il turismo a Brancaleone e di aver aperto il patrimonio culturale del paese alle scuole. Ma è consapevole che serve di più: «Questo territorio ha sicuramente bisogno di fondi e di infrastrutture. La SS 106 non è nemmeno un’autostrada. Non mi è ancora chiaro se il danno maggiore lo abbino fatto certe scelte o altrettante non-scelte. Fatto sta che l’abbandono ha sempre caratterizzato le sue aree montane, oggi è evidente anche sulla costa, dove addirittura i centri più grandi vengono spopolati per la carenza di lavoro giovanile. Dobbiamo ripartire da quello che c’è e poi da cosa nasce cosa. Abbiamo un ricco patrimonio archeologico che va dal livello del mare ai mille metri di altitudine. Iniziamo col promuovere e finanziare campi di scavo. Progettiamo Erasmus archeologici dedicati per creare un movimento di studio e ricerca residenziale internazionale. Lo sviluppo può ripartire da qui».