L'Italia è il primo consumatore e produttore dell'alimento più apprezzato sul pianeta. Ogni regione ha i suoi piatti tradizionali e anche dal Pollino allo Stretto non mancano differenze e specialità
Si festeggia la giornata mondiale della pasta, ecco quali sono i formati tipici in Calabria
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Si festeggia la giornata mondiale della pasta, ecco quali sono i formati tipici in Calabria
Si festeggia la giornata mondiale della pasta, ecco quali sono i formati tipici in Calabria
Si festeggia la giornata mondiale della pasta, ecco quali sono i formati tipici in Calabria
Acqua e farina sono i soli ingredienti delle fileja, una tipologia di pasta dalla forma particolare e molto amata dai calabresi e dai turisti che, soprattutto durante la bella stagione, affollano i ristoranti e le trattorie della regione. L’impasto ottenuto dalla miscela di acqua e farina deve essere lavorato fino a ottenere dei cordoncini spessi come una matita, tagliati poi a pezzetti di circa 3 centimetri e arrotolati in un ferretto o bastoncino di legno molto sottile. Originari del vibonese, sono ad oggi ampiamente diffusi non solo nella regione, ma anche esportati nel resto d’Italia, dove però al posto dei condimenti corposi, tipici del pranzo della domenica a casa della nonna, si preferiscono condimenti più salutari.
Formato di pasta che prende il suo nome dalle antiche calzature di pastori e contadini calabresi, fatte di pelle di capra indossate con calze di lana bianca o marrone e allacciate alle gambe con stringhe di cuoio. I calandreddi originari del Reggino sono un formato di pasta all’uovo: dopo aver ottenuto un impasto duro e omogeneo bisogna tirarla finemente e tagliarla a quadrati da tre o quattro cm, in seguito bisogna unire le due estremità del quadrato esercitando una leggera pressione con le dita. La tradizione li vuole cotti con il ragù di maiale o di capra e con l’aggiunta di una ricotta fresca molto morbida, ma in realtà si può anche scegliere un condimento più leggero
“Maccarone, m’hai provocato e io te distruggo” recitava Alberto Sordi nel film “Un Americano a Roma”, nel 1954, prima di catapultarsi su un piatto di spaghetti. Certo è che il maccherone che si è trovato nel piatto non era minimamente paragonabile ai maccaruni calabresi, la cui preparazione è molto complessa e articolata, e soprattutto più gustosa. Piatto originario della Sicilia, citato anche da Tomasi di Lampedusa ne “Il Gattopardo”, è diventato un piatto diffuso nelle cucine calabresi. Acqua, semola e altre farine come quella di segale sono alla base della preparazione, che avviene tramite torchio per definirne la forma; in base alle dimensioni dello strumento variano anche le dimensioni del maccaruni, che poi può essere cotto con semplicità oppure, come più spesso avviene, nella versione di timballo.
In provincia di Cosenza e Catanzaro il piatto più diffuso è quello degli shtridhelat, specialità tipica delle comunità albanesi impiantate nel territorio calabro. Gli shtridhelat sono lunghi spaghetti avvolti e arrotolati sulle mani, ricavati da un panetto di pasta bucato al centro dal kesistra, in lingua arbëreshe, un apposito strumento, cotti poi insieme ai fagioli per formare una zuppa.
Formato di pasta originario del Novecento, che deve il suo nome al termine dialettale struncaturi, la lunga sega da cui cadeva la segatura; in passato le massaie raccoglievano i rimasugli della farina dopo la macinazione dei cereali, proprio come si raccoglieva la segatura dal pavimento, e li rivendevano a prezzi più bassi. Le struncature, prodotte con crusca, farina di carrube, segale e acqua, sono delle fettuccelle spesse e callose tipiche della zona di Gioia Tauro e Vibo Valentia condite, secondo la tradizione, con olio extravergine di oliva, peperoncino, aglio e acciughe, ma anche in questo caso il condimento è a discrezione del convitato.