C’è un piccolo paese, incastonato tra le Serre Calabresi, dove il tempo sembra scorrere con una calma diversa, quasi protettiva. Siamo a Chiaravalle Centrale, in provincia di Catanzaro. Un borgo noto per la sua austera bellezza e per la capacità di custodire un primato che sembra sfidare le regole a cui il tempo sembra aver abituato il mondo: ben quattro ultracentenari vivono qui. Tra loro anche Domenico Sanzo, che tutti chiamano con affetto e rispetto Mastro Mico. A centouno anni – e a un soffio dai centodue – la sua storia è un inno all'intraprendenza e all'amore per la propria terra. Una storia raccontata sui social e divenuta virale grazie alla chiaravallese Giovanna Tino e rilanciata dalla pagina Facebook "Calabria meravigliosa".

I fili intrecciati di una vita

Mastro Mico è nato il 1° dicembre 1924, terzo di cinque fratelli, figlio di papà Vito e mamma Maria. La sua vera vocazione si manifestò presto: le mani sapienti che oggi si muovono ancora con sorprendente destrezza, un tempo impugnavano ago e filo. Domenico divenne apprendista sarto, un mestiere che non avrebbe più abbandonato, sebbene lo alternasse con l’attività di barbiere e parrucchiere per l’intera comunità.

Il desiderio di crescere lo portò per un periodo lontano, prima a Fidenza, poi a Roma, dove affinò la sua arte in una rinomata casa sartoriale. Ma il richiamo degli affetti non si può scucire: Mastro Mico sentì forte la nostalgia, tornò nella sua amata terra di origine, sposò la fidanzata di sempre e dalla loro unione nacquero due figlie. Qui riprese le sue attività e la sua bottega divenne un crocevia di vita paesana.

Era un punto fermo: ogni mattina acquistava la "Gazzetta del Sud", il quotidiano che poi lasciava sul tavolo, sapendo che i compaesani sarebbero passati non solo per un taglio o una cucitura, ma per chiacchierare, confrontarsi sulla politica e sullo sport – passioni che ancora oggi, da tifoso interista, lo tengono vivo e attento. La sua vita fu sempre in simbiosi con la sua comunità, tanto da servirla in prima persona: fu consigliere comunale, calciatore del Chiaravalle negli anni Quaranta e per ben sessantadue anni pilastro del comitato per le feste patronali in onore di Maria SS. Della Pietra.

L'elisir di lunga vita

La vita di Mastro Mico è un racconto di gioia semplice: aiutava la moglie nell'attività di ortofrutta e poi nell'osteria, dove apprese l’arte del cucinare, diventando un cuoco sopraffino. Ascoltando la sua incredibile lucidità, ci si chiede quale sia il suo elisir. Lui non parla di formule magiche, ma di radici profonde. Essendo figlio di un mugnaio, Mastro Mico ricorda la fortuna di aver sempre mangiato la farina di grano nostrano (forse il pregiato Senatore Cappelli), che talvolta regalava di nascosto agli amici. La sua colazione, invariata da decenni, è un rito di salute: una tazza di latte che accoglie un tuorlo d'uovo sbattuto con zucchero. E a pranzo e cena non mancano mai le verdure, i legumi e un bicchiere di vino. I suoi sapori del cuore sono i piatti semplici della tradizione: i "pipi e patati' e i fagioli conditi.

Un esempio di dedizione

Rimasto vedovo, Mastro Mico ha deciso di restare nella sua casa, protetto dalla supervisione discreta della figlia Teresa che abita a pochi chilometri. La sua autonomia è il frutto di abitudini sacre. Ogni mattina, la sveglia è data da una telefonata alla figlia; poi cura personalmente la sua igiene. Dopo il riposino pomeridiano, la tappa fissa è una passeggiata lungo il corso, in compagnia dell'amico di sempre, "Mastro Ciccio", muratore in pensione.

Dal racconto emozionante di Giovanna Tino pubblicato sul web, è facile intuire che Mastro Mico abbia l'anima di chi vuole stare sempre al passo coi tempi. Continua a seguire le funzioni in Chiesa, a leggere, a informarsi. Nelle scorse competizioni regionali ha voluto dare un esempio potentissimo alle nuove generazioni: si è recato da solo al seggio elettorale per esercitare il suo diritto, simbolo di una libertà conquistata che non va mai data per scontata.