Con le elezioni regionali nelle Marche si è aperta la lunghissima stagione elettorale che si concluderà con le politiche del 2026.

Dalle urne delle Marche nulla di nuovo: vince il centrodestra ma arretra sempre di più la politica, un risultato che si proporrà se non ci saranno sostanziali cambiamenti che è difficile prevedere. Sull’appuntamento elettorale marchigiano la stampa ha fatto di tutto per creare interesse su risultati per lo più scontati, perché i pensieri vagano senza riferimenti e le idee sono costruite in serie.

Il campo largo e il centrodestra concorrono a raggiungere positivi risultati.

È un bipolarismo povero fra apparati senza emozioni in gara in un’alternanza solo di potere, dove i leader hanno forza attrattiva con un volgo sempre più anonimo, privato degli strumenti per interloquire e partecipare.

Quel centro moderato pensoso equilibrato in cui la ragione resiste agli estremismi incolti e pericolosi non c’è.

Il disegno eversivo dei primi anni ‘90 ha disinnescato tutto ciò che alimentava l’area della democrazia e custodiva le libertà civili.

Nelle Marche c’è chi ha vinto e chi si è fermato.

Ma il vero perdente è il regionalismo non valvola di sicurezza democratica, ma articolazione statale configgente con la Costituzione.

Un ringraziamento va a Mattia Orioli, che si è cimentato in campagna elettorale, testimoniando la presenza di Iniziativa Popolare nella competizione.

I presidenti della regione sono chiamati governatori, titolo suggestivo, abusivo e inquietante che indica una situazione, in cui le regioni fanno pensare a piccoli Stati con un governatore che gestisce e un Consiglio regionale organo dominato dal “governatore”, che ne segue la sorte se si dimette o è sfiduciato…

Tutto in nome della stabilità, che non è sinonimo di positività, ottenuta con la minaccia di scioglimento.

Lo spirito di conservazione dei consiglieri in presenza di gestioni fallimentari sacrifica la democrazia..

Dunque statarelli a guida non proprio democratica. Sono dunque i leaders che decidono e gli altri eletti sono un contorno.

Questo ragionamento vale anche per i comuni.

Un regionalismo straccione lo abbiamo visto in tante regioni: scontri personali senza decenza e supponenze fastidiose.

Allora bisogna cambiare il sistema e prevedere sì la elezione diretta del presidente della regione (o del sindaco), ma nel contempo va assicurata la continuità dei Consigli anche con le dimissioni del presidente (o del sindaco) o la messa in minoranza del presidente (o del sindaco).

I Consigli possono eleggere nel loro seno chi si dimette e sostituirlo (sfiducia costruttiva per chi è messo in minoranza). Così si eliminano i piedistalli, i miti e si entra in un clima democratico, bloccando l’illiberale disegno meloniano del premierato.

Non più controfigure ma persone pensanti in un Paese libero.

Non più parlamentari nominati ma eletti: questo è l’obiettivo della richiesta di sottoscrizione per la proposta popolare di legge elettorale per un premier eletto dal parlamento e parlamentari eletti con il proporzionale e le preferenze.

Domani si vota in Calabria.

Gli auguri innanzitutto ai calabresi e a tutti i candidati perché prevalga lo spirito di servizio.

Da parte mia un saluto particolare va a Gianluca Gallo candidato a Cosenza e a Pippo Capellupo candidato a Catanzaro, Crotone e Vibo.

Abbiamo vissuto esperienze indimenticabili in un tempo che rivivo con tanta commozione e….nostalgia! C’era la Politica.

C’era la Democrazia Cristiana.