Un Pnrr non abbastanza “territorializzato”? Colpa (anche) del regolamento Ue

Il dispositivo è stato pensato con una governance marcatamente centralizzata e non obbliga i paesi ad un coinvolgimento strutturato degli enti locali e regionali. E anche se il Parlamento europeo si è battuto per quest'ultimo punto non può purtroppo contare su alcun appiglio legale

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di Francesco Molica
13 dicembre 2021
14:22

L’insufficiente territorializzazione delle misure contenute nel Pnrr è tema di discussione (e polemiche) da diversi mesi. Il rischio maggiore, secondo i critici, è che possa tradursi in una quota di risorse non adeguata per il Mezzogiorno nonostante l’impegno, iscritto nel decreto semplificazioni, di destinarvi almeno il 40%. Il dibattito si è però concentrato unicamente sulle scelte governative. Non è stato messo in luce come il problema derivi in ultima istanza da un vuoto legislativo a monte, ossia nel regolamento europeo che disciplina la stesura e attuazione dei piani. Vediamo perché.

È necessario in prima analisi precisare come il dispositivo di ripresa e resilienza, ossia lo strumento del Next Generation EU che finanzia i piani, è stato pensato con una governance marcatamente centralizzata. Contrariamente alle politiche europee di coesione e di sviluppo rurale, la normativa Ue su Next Generation EU non ha obbligato i paesi ad un coinvolgimento strutturato degli enti locali e regionali nel disegno dei Pnrr. Il livello nazionale ha di fatto piena discrezionalità. Ciò ha avuto giocoforza un impatto negativo sulla declinazione territoriale delle misure, in Italia come in molti altri paesi. Due studi analoghi realizzati dalla Conferenza delle Regioni Periferiche e Marittime e dal Comitato delle Regioni, hanno rilevato che i livelli decentrati di governo sono stati consultati in molti stati membri in maniera blanda o superificiale durante la predisposizione dei piani. Anche in Italia la Conferenza delle Regioni aveva stigmatizzato questa criticità in una posizione ufficiale. Sarebbe potuta andare in modo diverso se il regolamento avesse imboccato un’altra strada. La creazione del tavolo di partenariato, l’inserimento del presidente della Conferenza delle regioni nella cabina di regia, così come la serie di incontri con i territori attualmente in corso, non saranno forse sufficienti a espiare questo peccato originale del Pnrr


Un elemento ancora più importante è l’assenza nella normativa di un qualsivoglia vincolo di destinazione territoriale per i finanziamenti dei Pnrr, diversamente da quanto avviene per la distribuzione dei fondi sempre nelle politiche di coesione. In altre parole, il regolamento europeo non obbliga gli stati membri ad una particolare distribuzione su base territoriale dei finanziamenti dei Pnrr, ad esempio a vantaggio di specifiche aree a ritardo di sviluppo. Il calcolo delle risorse da assegnare a ciascun paese membro e’ stato effettuato sulla base di dati nazionali, e non regionali come per i fondi di coesione o agricoli. Questo rende più difficile giustificare una ripartizione delle risorse che tenga conto dei divari di sviluppo tra regioni.

Da ultimo, la riduzione delle diseguaglianze territoriali è solo uno tra i vari obiettivi dei piani. Non è stata stabilita dal legislatore europeo alcuna soglia minima di fondi da assegnare a questa priorità, mentre è richiesto di destinare rispettivamente il 37% e il 20% alla transizione digitale ed verde. I governi hanno quindi goduto di libertà pressocche’ totale nel decidere quante risorse assegnare alla lotta alle disparità regionali. Il risultato è che, anche guardando fuori dai nostri confini, sono pochi i piani che hanno proposto una effettiva ripartizione territoriale delle risorse. E la Commissione Europea, nel condurre i negoziati con gli Stati membri e valutare i Pnrr, non ha per il vero insistito troppo su questo aspetto, nemmeno con l’Italia: nonostante le “raccomandazioni specifiche per paese” dell’Ue, con le quali i piani devono essere coerenti, abbiano da tempo messo l’accento la centralita’ degli interventi per ridurre il dualismo territoriale italiano (non solo quello tra nord e sud; ma anche tra città e aree interne).

Solo il Parlamento europeo si è battuto senza successo per conferire ai Pnrr una maggiore attenzione e orientamento ai territori. Da questo punto di vista si segnalano diverse azioni intraprese da alcuni parlamentari europei. Ma occorre non farsi illusioni. Qualsiasi richiesta dovrà scontare un ulteriore handicap: quello di non poter contare su alcun appiglio legale. Per paradossale che sia, un Pnrr che ignori o addirittura aumenti i divari territoriali non è in conflitto con la legge europea.

di Francesco Molica
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