Tridico, nel suo intervento in aula, parla di tradimento dello spirito originario del Piano che deve servire a ridurre le differenze tra cittadini. Mimmo Lucano è d’accordo. Nesci (FdI) e Princi (Fi) hanno votato a favore mentre per il commissario Raffaele Fitto far slittare la scadenza è molto difficile
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European flags fly in front of the European Parliament in the northeastern French city of Strasbourg on January 16, 2012, on the eve of the first session of the year and the election of the new EU Parliament president to succeed former Polish Prime Minister Jerzy Buzek. AFP PHOTO / GEORGES GOBET (Photo credit should read GEORGES GOBET/AFP/Getty Images)
Concedere o meno una proroga di 18 mesi rispetto la scadenza del Pnrr? A Bruxelles il dibattito è molto acceso e la risposta affermativa non è affatto scontata. Questo perché il dispositivo “Recovery and Resilience Facility” chiede infatti di destinare gli investimenti ancora non impegnati a energia, difesa e infrastrutture transfrontaliere, come le ferrovie ad alta velocità, e di accelerare quelli riguardanti la protezione sociale. Nel testo il Parlamento europeo esprime preoccupazione per i tempi ristretti per l'attuazione dei fondi rimanenti, fatto che mette a rischio il completamento delle riforme, dei grandi progetti e dell'innovazione. Il pericolo che la sinistra vede dietro l’angolo però, è che gli Stati membri possano scorporare le somme non impegnate e destinarle all’aumento della spesa in armi.
Lo ha detto chiaramente Pasquale Tridico (M5s) nel suo intervento in commissione. «Eravamo felici per il “Recovery and Resilience Facility” e ora siamo dispiaciuti per l’esito finale. Il progetto era nato in uno spirito di solidarietà per aiutare gli Stati membri a riprendersi dalla pandemia, rafforzare i servizi pubblici, incentivare la transizione verde e digitale. Ora finiamo con qualcosa di completamente diverso. Siamo d’accordo - ha sottolineato Tridico - nel conferire agli Stati membri maggiore flessibilità per completare gli investimenti chiave, soprattutto quando i ritardi sono dovuti a fattori esterni o sfide strutturali. Tuttavia la proroga di 18 mesi non è stata creata per completare i progetti in corso; ora stiamo parlando di dividere questo progetto e deviare una parte dei fondi anziché alla coesione ad altro. Come può la commissione giustificare questa deviazione di fondi inizialmente dedicati al recupero e coesione sociale e ora fondamentalmente destinati alla spesa militare, pregiudicando lo spirito del Pnrr. Credo che questo debba essere giustificato politicamente e verificato da un punto di vista giuridico».
Sulla stessa lunghezza d’onda è l’altro eurodeputato calabrese, Mimmo Lucano di Avs. «Con questo voto il Parlamento imbocca ancora la strada sbagliata: toglie risorse dalla spesa sociale e le mette sulle armi». Curiosamente sulla stessa linea, ma per motivi diversi, è Raffaele Fitto. martedì, parlando alla Plenaria, il vicepresidente esecutivo della commissione Fitto lo ha rimarcato: la deadline non può essere cambiata se non con un emendamento al regolamento sul Recovery, che può essere approvato solo all'unanimità. E tra i 27 sul punto non c'è alcun consenso.
«Il nostro voto non è in contrasto con la linea del vicepresidente Fitto - non si stanca di ripetere Denis Nesci (FdI) - perché noi non chiediamo un rinvio generalizzato, che richiederebbe una lunga e complessa procedura, ma solo per i progetti definiti maturi». Anche l’altra eurodeputata calabrese, Giusy Princi (Fi), si è espressa a favore dello slittamento.
Il Pd ha dato il suo via libera al testo, ma si è opposto all'articolo che propone di valutare l'ipotesi di utilizzare le risorse del Next Generation Eu per scopi, tra gli altri, anche di difesa. «L'Europa - spiega Nicola Zingaretti, capodelegazione dem - ha bisogno di un nuovo modello di difesa comune per la sua sicurezza, ma va fatto con risorse aggiuntive e debito comune, con un fondo europeo pensato per questo scopo, non con il riarmo dei singoli Stati, e non pensando di sottrarre risorse alla lotta alle diseguaglianze, allo sviluppo e alle politiche sociali».
Alla fine il Parlamento europeo ha votato nella plenaria di Strasburgo con 421 voti favorevoli, 180 contrari e 55 astensioni. Si tratta di un testo, però, dal semplice valore politico che, salvo clamorosi colpi di scena, non produrrà svolte concrete. La vera sfida è garantire uno slittamento dei termini, ma senza deviare fondi per scopi che non siano quelli originariamente previsti.