Concedere o meno una proroga di 18 mesi rispetto la scadenza del Pnrr? A Bruxelles il dibattito è molto acceso e la risposta affermativa non è affatto scontata. Questo perché il dispositivo “Recovery and Resilience Facility” chiede infatti di destinare gli investimenti ancora non impegnati a energia, difesa e infrastrutture transfrontaliere, come le ferrovie ad alta velocità, e di accelerare quelli riguardanti la protezione sociale. Nel testo il Parlamento europeo esprime preoccupazione per i tempi ristretti per l'attuazione dei fondi rimanenti, fatto che mette a rischio il completamento delle riforme, dei grandi progetti e dell'innovazione. Il pericolo che la sinistra vede dietro l’angolo però, è che gli Stati membri possano scorporare le somme non impegnate e destinarle all’aumento della spesa in armi.

Lo ha detto chiaramente Pasquale Tridico (M5s) nel suo intervento in commissione. «Eravamo felici per il “Recovery and Resilience Facility” e ora siamo dispiaciuti per l’esito finale. Il progetto era nato in uno spirito di solidarietà per aiutare gli Stati membri a riprendersi dalla pandemia, rafforzare i servizi pubblici, incentivare la transizione verde e digitale. Ora finiamo con qualcosa di completamente diverso. Siamo d’accordo - ha sottolineato Tridico - nel conferire agli Stati membri maggiore flessibilità per completare gli investimenti chiave, soprattutto quando i ritardi sono dovuti a fattori esterni o sfide strutturali. Tuttavia la proroga di 18 mesi non è stata creata per completare i progetti in corso; ora stiamo parlando di dividere questo progetto e deviare una parte dei fondi anziché alla coesione ad altro. Come può la commissione giustificare questa deviazione di fondi inizialmente dedicati al recupero e coesione sociale e ora fondamentalmente destinati alla spesa militare, pregiudicando lo spirito del Pnrr. Credo che questo debba essere giustificato politicamente e verificato da un punto di vista giuridico».

Sulla stessa lunghezza d’onda è l’altro eurodeputato calabrese, Mimmo Lucano di Avs. «Con questo voto il Parlamento imbocca ancora la strada sbagliata: toglie risorse dalla spesa sociale e le mette sulle armi». Curiosamente sulla stessa linea, ma per motivi diversi, è Raffaele Fitto. martedì, parlando alla Plenaria, il vicepresidente esecutivo della commissione Fitto lo ha rimarcato: la deadline non può essere cambiata se non con un emendamento al regolamento sul Recovery, che può essere approvato solo all'unanimità. E tra i 27 sul punto non c'è alcun consenso.

«Il nostro voto non è in contrasto con la linea del vicepresidente Fitto - non si stanca di ripetere Denis Nesci (FdI) - perché noi non chiediamo un rinvio generalizzato, che richiederebbe una lunga e complessa procedura, ma solo per i progetti definiti maturi». Anche l’altra eurodeputata calabrese, Giusy Princi (Fi), si è espressa a favore dello slittamento.

Il Pd ha dato il suo via libera al testo, ma si è opposto all'articolo che propone di valutare l'ipotesi di utilizzare le risorse del Next Generation Eu per scopi, tra gli altri, anche di difesa. «L'Europa - spiega Nicola Zingaretti, capodelegazione dem - ha bisogno di un nuovo modello di difesa comune per la sua sicurezza, ma va fatto con risorse aggiuntive e debito comune, con un fondo europeo pensato per questo scopo, non con il riarmo dei singoli Stati, e non pensando di sottrarre risorse alla lotta alle diseguaglianze, allo sviluppo e alle politiche sociali».

Alla fine il Parlamento europeo ha votato nella plenaria di Strasburgo con 421 voti favorevoli, 180 contrari e 55 astensioni. Si tratta di un testo, però, dal semplice valore politico che, salvo clamorosi colpi di scena, non produrrà svolte concrete. La vera sfida è garantire uno slittamento dei termini, ma senza deviare fondi per scopi che non siano quelli originariamente previsti.