Regione Calabria

La multiutility diventa il Vietnam di Occhiuto: è il primo passo falso del centrodestra

L’imboscata del centrosinistra provoca la figuraccia della maggioranza, che è costretta a rinviare il testo. La riforma del presidente può aspettare (ASCOLTA L'AUDIO)

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di Pietro Bellantoni
14 aprile 2022
06:29
Occhiuto durante la seduta del Consiglio regionale di ieri
Occhiuto durante la seduta del Consiglio regionale di ieri

È il primo passo falso della maggioranza di Occhiuto, un brusco ritorno alla realtà dopo mesi di presunta autosufficienza politica. Quello di ieri sembrava un pomeriggio tranquillo, era stato immaginato e preparato come tale. 

Il Consiglio, però, non è la Giunta e, malgrado in questi primi mesi di legislatura sia stato quasi marginalizzato da un esecutivo muscolare, gode ancora di un’autonomia politica che, forse, il governatore non si aspettava. 


Piedi per terra

La mancata approvazione della nuova Authority acqua-rifiuti, con Azienda 0 la riforma più importante di questo scorcio di legislatura, costringe Occhiuto a tornare con i piedi sulla terra e a fare i conti con quelle liturgie della politica che lui stesso, proprio ieri, ha detto di conoscere e di rispettare, ma che sono state finora trascurate sull’altare del decisionismo e della fretta amministrativa.

Occhiuto tocca terra alle 15.07, quando Ernesto Alecci, con la faccia innocente di un bimbo che sa di fare una marachella, seguendo una precisa strategia del Pd e del resto dell’opposizione, dice poche e precise parole: per approvare la riforma, da statuto (articolo 54) servono 21 consiglieri, cioè la maggioranza di due terzi dei componenti del Consiglio. Un vincolo necessario per porre un freno al proliferare di altri costosi carrozzoni. 

Il governatore sembra interdetto, forse non ne sapeva nulla, forse nessuno gli aveva detto per tempo che la sua riforma doveva essere supportata da una maggioranza qualificata. 
Si guarda intorno, consulta il presidente del Consiglio Filippo Mancuso, poi il suo capo di gabinetto Luciano Vigna. 
Pare irritato, di sicuro capisce che il pomeriggio non sarà affatto tranquillo come se lo era immaginato. Seguono momenti di confusione totale tra i banchi del centrodestra. 

L’imboscata della minoranza, di questo si tratta, fa male perché totalmente inattesa e, soprattutto, perché il Centrodestra – causa assenze di Gallo, Neri e Gentile – non ha i numeri per fare da sé. 

Mancuso prova timidamente a metterci una pezza: «Non si sta costituendo una nuova società». Antonio Lo Schiavo lo fredda semplicemente leggendo l’articolo 4 della legge Occhiuto: «È costituita l’Autorità Rifiuti e Risorse Idriche Calabria». Seduta sospesa. 

La prova di forza (fallita)

Alla ripresa dei lavori, Occhiuto tenta la prova di forza e chiede comunque il voto all’Aula per non perdere la possibilità di partecipare a un bando del Pnrr in scadenza il 17 maggio. Niente da fare. Mancuso sospende di nuovo e convoca i capigruppo. Anche il presidente dell’assemblea valuta la possibilità di andare avanti in ogni caso, magari con il voto di un paio di consiglieri d’opposizione. Ancora, niente da fare: il centrosinistra stavolta non inciucia.

La maggioranza è allora costretta a fare un passo indietro e a rinviare il punto al 19 aprile. Così il Consiglio, inaspettatamente, per un’ora si trasforma in un Vietnam in cui la riforma Occhiuto resta impantanata.
Il centrodestra riesce comunque a ricompattarsi subito dopo per portare a casa altri importanti provvedimenti, tra cui il nuovo Por. Ma l’amaro resta, in ogni caso.

Il passo falso

«È un passo falso, c’è poco da dire», sospira uno dei 18 della maggioranza. Dall’altra parte, molti gongolano. E non manca chi si lascia andare a sottolineature perfide: «Finalmente anche i consiglieri di centrodestra hanno capito di avere una dignità politica. Ora sanno di avere un peso e che Occhiuto ha bisogno di loro, perché da solo non va da nessuna parte».  

Un altro, del Pd, va giù duro: «Il caso dell’Authority riassume l’arroganza e la superficialità di chi vuole imporre leggi senza studiare, senza approfondire e senza conoscere le regole della Regione».

«Se il testo fosse stato condiviso – ragiona a mente fredda un eletto del centrodestra – magari qualcuno di noi si sarebbe accorto che servivano i due terzi. Invece hanno voluto fare tutto di fretta e questo è il risultato: chi va forte, va alla morte politica». 

La stessa seduta lampo (8 minuti) di ieri della commissione Bilancio viene derubricata a «sceneggiata» per salvare forma e apparenze. 

«La verità – riflette un dem – è che nella maggioranza da tempo ci sono distinguo e mal di pancia che non sono ancora usciti fuori. In molti, nel centrodestra, si lamentano nei corridoi ma poi, al dunque, stanno zitti». 

Il decisionismo di Occhiuto, insomma, non sarebbe particolarmente gradito a pezzi più o meno grandi della sua coalizione. Così come non sarebbe stata apprezzata la scelta di non «concertare» la riforma né con i sindaci, né con gli altri enti coinvolti, né, appunto, con chi sostiene con lealtà il governo regionale. 

Niente, per ora

Dunque, per ora, niente multiutility. D’altro canto, multiple sono state le figuracce: di una maggioranza che non conosce le regole del gioco, di un governo che fa cilecca su una delle sue riforme simbolo, di un presidente che ha provato a forzare la mano senza riuscirci. 

Ma se la nascita precoce dell’Authority è stata abortita, il Consiglio ne ha registrata un’altra, certo tardiva: quella dell’opposizione regionale. Che pomeriggio sorprendente.

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