Il presidente continua a dire di aver chiarito tutti con i magistrati di Catanzaro durante l’interrogatorio, ma la pervicacia con cui l’accusa chiede il sequestro dei cellulari di Ferraro lascia intendere altro. Forse per questo il forzista continua a parlare di «sciacalli e odiatori» anziché di programmi
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Per quanto sia arrivata improvvisa, la Calabria certamente meritava un’altra campagna elettorale. Almeno a giudicare da questi primi inizi. Il centrosinistra, come al solito, si è intruppato nella scelta del candidato. Roberto Occhiuto, invece, sembra aver perso il suo tradizionale aplomb. Nelle sue dichiarazioni parla di sciacalli, di odiatori, dice che adesso saranno i calabresi a scegliere il loro futuro come se quattro anni fa fosse stato eletto da veneti o lombardi.
Anche nei confronti dell’opposizione il presidente dimissionario usa toni più da populista che da moderato quale egli è. Sarà stata l’aria frizzantina dello Stretto, ma alla convention di Forza Italia si è messo a gridare come un matto contro “questi dell’opposizione” a cui “fa schifo che a decidere siano i calabresi perchè vorrebbero che anzichè i calabresi il futuro della Calabria lo decidessero certe inchieste giudiziarie che per tanti anni in Calabria hanno visto, nell’ultimo anno di legislatura, presidenti coinvolti e poi archiviati e però sono stati poi anche archiviati politicamente”.
In questo momento allora nessuno sembra parlare dei tanti problemi che ha la nostra regione e delle soluzioni per risolverli. La Calabria continua a essere fanalino di coda per sanità, lavoro giovanile, infrastrutture, servizi. La sanità è commissariata — e commissariata male — da decenni. Qui ancora si muore aspettando un’ambulanza e ci sono interi territori che non hanno alcun presidio sanitario.
Anziché parlare di tutto questo, Occhiuto sta affrontando una campagna elettorale molto aggressiva in cui sembra non avere alcuna intenzione di abbassare i toni. Ma che cosa lo agita?
Anche qui siamo indotti a ritenere che il problema sia l’inchiesta che lo vede protagonista perché non tutto sembra tornare. Occhiuto è uscito dall’interrogatorio cui è stato sottoposto dalla Procura della Repubblica di Catanzaro dicendo di aver chiarito tutto e dicendosi certo di una celere archiviazione. Anche oggi in una intervista a “Il Giornale” dice che l’inchiesta è legata non alla sua gestione politica ma a fatti legati a normali rapporti in società private. «Ma io mi sono fatto interrogare dai magistrati e ho chiarito molto bene che mai ho dato né promesso incarichi al mio socio. Sono assolutamente tranquillo». Ovviamente noi gli crediamo. Ma il suo racconto sembra stridere con il comportamento della Procura.
Gli inquirenti hanno sequestrato i due cellulari di Ernesto Ferraro, 43 anni, ex amministratore unico di Ferrovie della Calabria (quello che avrebbe dopo soli tre giorni dal suo insediamento ha affidato una consulenza all’ex socio di Occhiuto, Paolo Posteraro). Il Riesame ha disposto il dissequestro e la consegna dei due telefonini sostenendo che non l’atto non era stato ben motivato. Ma lo scorso quattro luglio, l’accusa ha adottato un nuovo decreto di sequestro probatorio degli smartphone di Ferraro integrando le carenze che erano state evidenziate dai giudici. Non solo, il pm è anche ricorso anche in Cassazione contro la prima sentenza del Riesame. Insomma sembra che l’accusa stia pervicacemente cercando qualcosa. Ma non era stato tutto chiarito? Non ci stavamo avviando verso una celere archiviazione? C’è qualcosa che non torna.
Anche perché questo è solo uno dei filoni dell’inchiesta che conta almeno un altro filone quello che vede coinvolto il sub commissario nazionale alla depurazione, Tonino Daffinà, e le consulenze da lui affidate. Fra queste quella alla segretaria particolare e social media manager di Occhiuto, la veneta Veronica Rigoni che è indagata per peculato. Intanto continuano le indiscrezioni su nuove visite della Guardia di Finanza alla Cittadella.
Insomma forse è tutto il contesto, di cui ancora si conoscono solo i contorni, a rendere inquieto l’ex presidente. Il tutto a danno di un dibattito politico che dovrebbe essere molto più sereno.