L’orrore del genocidio di Gaza porta milioni di persone in piazza in tutto il mondo, ma per il Belpaese, Stati Uniti e Germania parlare di indipendenza significherebbe fare un favore ad Hamas
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Il dibattito sullo Stato di Palestina torna al centro della scena internazionale, questa volta al Palazzo di Vetro di New York, dove l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha inserito il tema all’ordine del giorno. Un confronto che si annuncia acceso, soprattutto dopo l’ultima ondata di riconoscimenti ufficiali da parte di Paesi occidentali di primo piano.
Negli ultimi giorni, Gran Bretagna, Australia, Canada e Portogallo hanno formalizzato il loro sostegno alla nascita di uno Stato palestinese, provocando la reazione di Israele. A Londra si è trattato di una decisione storica, che avvicina il Regno Unito alla posizione già espressa da Francia e Irlanda, insieme a Spagna, Slovenia e Norvegia. Con queste mosse, salgono a oltre 150 i Paesi membri dell’Onu che oggi riconoscono lo Stato palestinese.
Tra i sostenitori compaiono anche piccoli Stati europei come Andorra, Lussemburgo, Malta e San Marino, che hanno voluto dare un segnale politico forte nel contesto delle Nazioni Unite.
Diversa la posizione del governo italiano. Roma, pur avendo sostenuto a luglio un documento dell’Onu favorevole al riconoscimento, non intende seguire l’accelerazione impressa da Londra e Parigi. Il vicepremier Matteo Salvini ha parlato di scelta «controproducente», sostenendo che un riconoscimento immediato equivarrebbe a «dare autorevolezza ai terroristi di Hamas». Una linea che colloca l’Italia accanto a Stati Uniti e Germania, gli unici tra i grandi Paesi occidentali a non aver compiuto passi concreti in favore del riconoscimento.
Intanto, sulla scena internazionale cresce la sensazione che il sostegno al popolo palestinese non sia più un tema confinato a un blocco politico minoritario, ma stia diventando una posizione condivisa dalla larga maggioranza della comunità mondiale.