«Il sindaco fa il sindaco… è il sindaco che decide… nessuno può tirarlo per la giacchetta», eccetera eccetera. Le premesse con cui Antonio Lo Schiavo impacchetta il messaggio destinato al primo cittadino di Vibo, Enzo Romeo, sono le solite che si usano in questi casi. Ma nonostante i fiocchi non si sa quanto gradito sarà il “regalo”: «Se Romeo decide di rimodulare la giunta, qualche consiglio glielo darò. Secondo me deve tenere conto dei nuovi equilibri politici. Gli elettori hanno mandato segnali precisi e io ne terrei conto. Intendiamoci, personalmente non rivendico nulla. Ma non si può ignorare il risultato elettorale».

Il notaio vibonese prestato alla politica mette sul piatto della bilancia i suoi 4123 voti, che non sono stati sufficienti ad assicurargli un posto nel Consiglio regionale, ma hanno permesso ad Avs di diventare il primo partito del centrosinistra nel Vibonese, attestandosi al 10% in città e scavalcando il Pd. Una “vittoria” nella sconfitta (Lo Schiavo è stato nel Vibonese anche il candidato più votato a sinistra) che gli consente di sistemare un po’ di puntini sulle I. Resta però la delusione cocente per un risultato che oggi lo vede fuori da Palazzo Campanella.

Non se l’aspettava?
«È stata una sconfitta pesante per tutto il centrosinistra. Il risultato personale può anche essere brillante, poi però conta una sola cosa: essere eletti».

C’è qualcuno che ha remato contro la sua elezione?
«No, nessuno ha remato contro. Ma il centrosinistra ha sottovalutato il contesto. Avevamo tanti candidati della città di Vibo che pescavano nello stesso bacino elettorale e forse è mancata, per responsabilità di tutti, la volontà di evitare frammentazioni».

Non crede che la sua recente adesione ad Avs possa averla penalizzata? In fin dei conti lei è un moderato che non ha un approccio ideologico alle questioni…
«Sì questo rischio c'era. Mi rendo conto che su tante posizioni ho un elettorato più moderato, questo non lo posso negare. Ma credo che Avs sia una forza fresca, libera da alcune incrostazioni di potere che ci sono in altri partiti. Poi la radicalità dei contenuti non è detto che sia sbagliata. Basti vedere cosa è riuscita a fare Giorgia Meloni, che facendo leva su una identità forte è riuscita ad andare al governo del Paese».

Quindi non si pente di aver scelto Alleanza Verdi e Sinistra per tentare la rielezione?
«Sono un progressista di sinistra che però vuole stare nelle forze di governo. Ora vediamo Avs cosa vuole fare in Calabria. Perché, attenzione, non esistono atti fideistici permanenti e li metterò alla prova. Potevo fare altre scelte che sicuramente mi avrebbero portato in Consiglio regionale ma politicamente io ragiono sul medio e lungo periodo e soprattutto ho come obiettivo la costruzione di un fronte progressista nel quale tutto l’elettorato possa riconoscersi».

Sta studiando da federatore della sinistra vibonese?
«Dico solo che se mi fossi candidato nella lista Tridico Presidente, e avevo la possibilità di farlo, sarei stato eletto. Ho fatto invece una valutazione politica di prospettiva, di costruzione di un vero campo largo progressista. E questo resta il mio obiettivo. Sento questa responsabilità e quindi da domani dovrò lavorare per tentare di mettere assieme tutta una serie di potenzialità che ci sono nel centrosinistra vibonese, a patto che non si continui a ragionare per compartimenti stagni».

E quindi, da dove ripartire?
«Oggi abbiamo solo il Comune di Vibo e lì dobbiamo far prevalere le ragioni del dialogo, le valutazioni politiche, il rafforzamento dell'amministrazione, perché è l'ultimo baluardo che dobbiamo difendere con i denti di fronte a una destra che in questo momento governa la Regione, governa la Provincia e governa anche il Paese. Quindi su questo non possiamo permetterci errori».

Sui social ha scritto che la politica non deve diventare un mestiere. Sono cose che di solito dicono quelli che stanno per uscire dal giro…
«Non smetto di fare politica. Ma ora ritorno a fare la mia professione (notaio, ndr) che ho trascurato in questi anni. Non ho tutelato i miei interessi privati. Anzi, i miei interessi privati, in quattro anni di Consiglio regionale, sono stati sacrificati. Quindi oggi torno a fare il mio lavoro e questo mi dà la serenità e il distacco che serve alla politica calabrese. Questo intendo quando dico che la politica non deve diventare un mestiere. Avere una professione a cui dedicarsi ti dà la libertà di scegliere come fare politica. Non voglio ricoprire ruoli di nessun genere in questo momento, ma continuerò a dare il mio contributo per un percorso di rafforzamento delle forze progressiste».

Ultima domanda. Occhiuto si è dimesso, si è ricandidato ed è stato rieletto. Tutto in tre mesi. Il suo piano continuerà a funzionare nonostante l’inchiesta che grava su di lui?
«Occhiuto ha vinto il primo tempo, non la partita».