In un’ora che è scura quanto nel passato la minaccia nazista sul mondo, il cinema riesce ancora a raccogliere le tracce del presente per trasformarle in qualcosa di buono. Il che ha del miracoloso, considerando il piattume patinato che ha livellato al basso le produzioni creative degli ultimi anni.

L’esempio più roboante della scarsa qualità cinematografica attuale è lo sciocco “Anora”, film pluripremiato non solo agli Oscar, ma addirittura a Cannes, figlio di una politica produttiva che spaccia per autoriale robaccia da cestinare.

Ma quando finalmente l’occhio dell’autore vero, con un’idea e una  visione per raccontarla, incontra l’attualità e la deforma per raccontarla da vicino, nasce qualcosa che finalmente vale la pena di essere guardata. È il caso di Civil War, passato in sala quasi in sordina e da poco planato su Sky.

La regia è dell’inglese Alex Garland, che ci ha già deliziato in passato con film come Ex Machina e con quella serie inspiegabilmente trascurata che è “Devs”, mai arrivata su alcuna piattaforma. Troviamo la mano di Garland come sceneggiatore anche in 28 giorni dopo e in Sunshine dell’amico e collega Danny Boyle e nello script di Non lasciarmi, tratto dall’omonimo e splendido romanzo del premio Nobel Kazuo Ishiguro.

In Civil War siamo negli Stati Uniti. Una guerra civile sta battendo gli ultimi palpiti in un mare di macerie e morti accatastati ai bordi delle strade. Due eserciti si fronteggiano: da un lato i fedeli del presidente degli Stati Uniti, dall’altra le WF (Western Forces) guidate da Texas e California che conducono la rivolta.

La fotografa di guerra Lee Smith (il nome sembra un omaggio alla celebre reporter Lee Miller) parte con due colleghi verso la Casa Bianca per immortalare e intervistare per l’ultima volta il presidente. Nel viaggio li accompagnerà la giovane Jessie, sprovveduta fotografa alle prime armi. Il viaggio attraverso un Paese devastato porterà Lee ad avvicinarsi alla sua parte umana, fino a quel momento sepolta dietro un apparente distacco dal mondo, fotografando un’apocalisse che oggi non sembra poi così lontana.

Accanto a Kirsten Dunst, nel ruolo di Lee, c’è anche l’attore brasiliano Wagner Moura e due volti noti nel cinema di Garland, Stephen McKinley Henderson e Nick Offerman. Fa una breve apparizione anche Jesse Plemons, ormai habitué dei ruoli scomodi e disturbanti, che torna a far coppia – anche nella finzione – con sua moglie Dunst dai tempi di Fargo