Cosenza, i papà ritornano in sala parto: ok dall'Azienda ospedaliera

Il direttore del Dipartimento Materno Infantile, Gianfranco Scarpelli: «È stato un periodo difficile. La presenza di un familiare assicura il necessario supporo psicologico»

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di Redazione
9 giugno 2020
11:31
Neonati, immagine ansa
Neonati, immagine ansa

La fase tre dell’ emergenza Covid-19 restituisce ai percorsi nascita una maggiore umanizzazione. Dal prossimo 15 giugno, ritornano in sala parto i papà o una persona a scelta della mamma.

La decisione della Direzione strategica dell’Azienda ospedaliera “Annunziata-Mariano Santo-Santa Barbara” di Cosenza, all’indomani dell’apertura di tutte le  attività ambulatoriali, nasce dalla volontà di ripristinare, pur nella gradualità imposta dall’emergenza sanitaria e dal rispetto rigoroso del  principio di precauzione necessario al fine di gestire al meglio, il post pandemia, l’umanizzazione dei percorsi,  intesa come il diritto a vivere l’evento nascita nel rispetto delle esigenze relazionali dei genitori e della condivisione e del coinvolgimento affettivo dei prossimi congiunti.


Restano in vigore le prescrizioni di sicurezza imposte dall’emergenza epidemica: indagine anamnestica, valutazione dei rischi di contagio e utilizzo di tutte le precauzioni previste e ormai note.

 

«L’emergenza Covid-19 – ha dichiarato il direttore del Dipartimento Materno Infantile, Gianfranco Scarpelli -  ha  creato diverse problematiche nell’assistenza ospedaliera, non solo per la chiusura delle attività ambulatoriali, ma anche per il divieto di ingresso  dei familiari, la cui presenza, soprattutto in un evento emotivamente carico come quello nascita, assicura il necessario supporto psicologico».

«È stato un periodo difficile – ha concluso Scarpelli – che ha condizionato molto le nostre esistenze e stravolto l’erogazione dei servizi sanitari. Il ringraziamento va ai pazienti ai quali l’emergenza ha imposto disagi e l’isolamento affettivo e agli operatori sanitari che, con senso di responsabilità e dedizione al lavoro hanno, in questo periodo, sopperito anche all’apporto che normalmente danno i familiari ai pazienti ricoverati».

  

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